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mercoledì 27 aprile 2011

GESU' ?

di Ludovico Mazzero


Aver fede in Gesù è prima di tutto “credere” in quello che ci racconta la Chiesa attraverso i Vangeli, per esempio. Ma sulla base di quale indiscutibile motivo possiamo affermare che quanto è scritto in essi corrisponde a verità? Nessuno, se non presupponendo che essi raccontino delle “verità rivelate”. Questo non è però un punto di partenza “neutro”, bensì fin troppo “cristiano”. Vi sono infatti questioni cruciali che portano acqua al mulino di chi dubita dell’attendibilità storica della figura di Gesù, non permettendo di condividere assunti tanto di parte. Vediamo allora di iniziare con delle considerazioni più obiettive, partendo dalle scoperte archeologiche.
Nonostante siano stati ritrovati rotoli come quelli di Qumran, risalenti all’epoca di Gesù, non ci è rimasto niente di scritto su di lui che derivi dal suo tempo. Se uno volesse comporre i Vangeli che leggiamo oggi a partire dai resti di libri antichi dovrebbe far uso di manoscritti del IV secolo d.C., cioè composti ben trecento anni dopo la sua morte. Eppure vi furono autori che scrissero di lui fin dai momenti della sua vita, ad esempio il suo apostolo Matteo. Ricordiamo inoltre che egli fu processato davanti al Sinedrio e al governatore Pilato. Ma soprattutto scrissero di lui Paolo, Pietro e tanti altri cristiani prima del IV secolo. Se la sua biografia era tanto preziosa, e se la Chiesa sostiene che quei Vangeli sono “divinamente ispirati”, come mai non ne è stata conservata una sola copia?
La datazione tarda dei primi manoscritti, i cosiddetti “testimoni”, non è una faccenda banale. Essa infatti insinua il dubbio che quei testi possano essere stati più volte ritoccati nel tempo fino ad arrivare alla stesura giunta fino a noi e ormai immodificabile. Le correzioni avrebbero consentito di migliorare non tanto il testo in sé, quanto il personaggio che scaturiva da quegli scritti. Che però non era ancora un personaggio “storico” perché, a leggere il Nuovo Testamento, di quanto accadeva nel I secolo ben poco si sa. E allora da quali altri scrittori si può contestualizzare la vicenda cristiana?
Di questo devono essersi preoccupati gli autori ecclesiastici del IV-V secolo, Eusebio e Orosio, quando cominciarono a scrivere le loro Storie in cui narravano quanto era accaduto dall’inizio dei tempi, passando per Gesù e fino ad arrivare ai loro giorni. Ma anche qui vi sono degli elementi quantomeno sospetti. Prendiamo ad esempio le Storie contro i pagani di Orosio, composte all’inizio del V secolo. La copia più antica è datata a quell’epoca, ma è mutila proprio del VII libro che parla di Gesù, che ritroviamo solo in un altro esemplare risalente a tre secoli dopo. Quante notizie potevano essere cambiate in trecento anni sui fatti ai tempi di Gesù?
La vicenda si fa ancora più intricata quando si pensa che a scrivere della storia “ufficiale” del I secolo non avrebbero dovuto essere dei “cristiani”, bensì dei funzionari imperiali “pagani”. Quindi le notizie del tempo di Gesù dovrebbero essere state registrate prima della scrittura di quelle bibliche. Ecco invece che, casualità delle casualità, i testi “pagani” sono spariti mentre i più antichi rimasti sono quelli cristiani. Perché infatti le copie più vecchie di autori famosi come Svetonio, Tacito e Giuseppe Flavio risalgono al Medioevo, nove o più secoli da quando i fatti furono registrati per la prima volta.
Questo ha qualche significato per chi dubita della figura storica di Gesù? Certo, perché a queste informazioni si aggiunge la certezza che quei testi non sono stati ricopiati da mani “super partes”, ma sono passati tutti per quelle della Chiesa. La quale ha avuto la possibilità non solo di scrivere quello che ha creduto su Gesù, ma anche sul contesto storico in cui ha operato.
L’eventualità che quindi la figura di questo uomo “perfetto” sia stata ricostruita andando a “calibrare” le informazioni provenienti dal passato è resa probabile dalle evidenze documentali appena menzionate.
È facile infatti ipotizzare che la Chiesa abbia prima imposto il suo Credo, anche violentemente come purtroppo ha fatto più volte, e poi abbia cercato di conformare la storia ad esso. Questo spiegherebbe perché i testi più antichi che noi possediamo siano cristiani ma non trattino di storia, mentre viceversa quelli attribuiti agli storici “pagani” sono molto più recenti.
Eppure, quando quei monaci scrissero per esempio le opere di Svetonio o di Tacito, avevano sotto mano quelle più antiche che in teoria stavano ricopiando. Perché avrebbero dovuto buttarle via? Supporre che fossero malridotte è un’ipotesi non sufficiente.
Più consistente sarebbe considerare quei testi storici “eretici” come tanti altri che venivano abitualmente “purgati” dalla censura ecclesiastica fino a secoli recenti. Il lavoro degli uomini di Chiesa non fu quello di semplici amanuensi, ma di riscrittori dei fatti storici. Il sospetto che abbiano buttato via il vecchio, perché scomodo, confezionando per i posteri qualcosa di più aderente al Credo cattolico è davvero troppo forte.
La conclusione che ne deriva è che se vennero modificati i testi storici dell’epoca di Gesù, ciò significa che la sua figura non è storica, quindi non è vera, o meglio ancora è artefatta. Per questo è troppo bella, perché non è vera. Per sostenere questa sorta di “assassinio della storia”, dobbiamo trovare un “movente”, da porre a monte della giustificazione di adattare la storia al personaggio di Gesù. Bisogna infatti sindacare il motivo per cui la Chiesa avrebbe avuto l’interesse di propagandare alle masse e tra i “gentili” un Gesù-dio che neanche i suoi conterranei Giudei, che in teoria lo conoscevano molto bene, hanno mai accettato come tale.


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