Non esistono verità assolute o dogmi insindacabili. Questi sono solo strumenti concepiti per soggiogare la vostra mente

venerdì 24 aprile 2009

PAOLO DI TARSO: il vero fondatore del cristianesimo?

Riporto un articolo di David Donnini, un insegnante che ha scritto alcuni libri sul cristianesimo, e di conseguenza, le sue ricerche in merito sono da considerare valide e significative.
Le opinioni in merito le possiamo anche ritrovare in alcuni capitoli dei libri di Deschner, dove si nota una certa concordanza di pareri.

CRISTIANESIMO PAOLINO E NEO-CRISTIANESIMO

di David Donnini

È stato Paolo di Tarso a operare la revisione del messianismo tradizionale degli ebrei e la sua trasformazione in una teologia destinata a staccarsi dalla matrice giudaica o, addirittura, a porsi in conflitto con essa per i secoli successivi. Ma chi era Paolo di Tarso? E perché avrebbe inventato il cristianesimo?

Il personaggio chiave di questa reinterpretazione non avrebbe potuto essere un ebreo palestinese, nato e cresciuto nell'atmosfera gerosolimitana, che avesse
ricevuto la sua formazione in quel panorama rigorosamente bipolare in cui l'ortodossia sadducea e le dispute farisaiche (l'ebraismo del tempio e della città) si contrapponevano all'integralismo dei puristi (l'ebraismo del deserto e delle campagne). L'uomo nuovo doveva necessariamente essere un ebreo della diaspora, un civis romanus, un benestante, avvezzo alla convivenza multietnica, multiculturale e multireligiosa, e con un orizzonte mentale che lo collocasse a cavallo fra l'universo ebraico e quello ellenistico. Uno che sapesse pensare qualcosa di diverso. Esattamente come il fariseo tarsiota Shaul.


Fu infatti un uomo così, che noi conosciamo come San Paolo, a fare qualcosa di concreto per uscire dalla paralisi in cui si trovavano tutti gli ebrei che non solo disapprovavano nella stessa misura la conveniente connivenza coi romani e lo sconveniente integralismo Yahwista, ma che fossero arrivati al punto di nutrire un profondo bisogno interiore di immaginare un orizzonte al di là di questo sclerotico bipolarismo.


La letteratura cristiana lascia questo personaggio in una condizione di quasi anonimato, sfocandone al massimo il profilo biografico e l'identità anagrafica. Non sappiamo quando sia nato, chi fosse la sua famiglia, in che periodo sia venuto a Gerusalemme per compiere gli studi e, quel ch'è più clamoroso, lo scritto del Nuovo Testamento che si occupa di lui (Atti degli Apostoli) lo abbandona completamente a metà di un percorso narrativo, senza dire niente sul suo destino.

Le sue lettere, che oggi appartengono al corpus del canone neotestamentario, hanno l'aria di essere dei documenti contraffatti, se non del tutto fasulli. Alcuni autori giungono persino a mettere in dubbio il fatto che questo personaggio fosse un autentico ebreo, come egli proclama negli scritti del Nuovo Testamento che gli sono attribuiti.



Nel Nuovo Testamento si racconta che "Paolo si convertì" sulla via di Damasco, si dice che da una condizione di cecità tornò successivamente alla visione, per poi trattenersi tre anni nel deserto, prima di fare ritorno a Gerusalemme. In questo modo è stato rappresentato senz'altro un percorso individuale che, partito da una adesione evidentemente non del tutto convinta alle posizioni reazionarie del sinedrio ebraico, è passato attraverso il confronto con le posizioni della dissidenza messianista, risoltosi anche questo nell'impossibilità di adesione e, successivamente, è sfociato nella elaborazione di una nuova concezione messianica. Diciamo "nuova" nel senso che superava quella classica Yahwista, non certo nel senso che i suoi contenuti fossero del tutto originali e esenti da derivazioni di qualche genere; anzi, l'elaborazione di Paolo consistette proprio in una colossale operazione sincretistica, che sposò la visione biblica degli ebrei con le teologie della salvazione ellenistiche ed orientali, nelle quali si parlava spesso di dei morenti e risuscitanti.

Si può sostenere, in modo abbastanza verosimile, che Paolo fosse un personaggio molto legato e compromesso col mondo romano, soprattutto per il fatto che la sua professione sarebbe stata quella di produrre tessuti per tendaggi in uso alle legi
oni militari imperiali. E' certo che i suoi famosi viaggi non sono stati effettuati al fine primario di compiere un'opera missionaria ma che, piuttosto, egli ha approfittato della circostanza professionale dei suoi continui spostamenti commerciali per svolgere anche un proselitismo politico-religioso (nel mondo semitico degli ebrei la politica e la religione sono legate indissolubilmente da una concezione di vita prettamente teocratica).

Ciò che caratterizza l'identità culturale di Paolo è una ebraicità molto aperta, una estrema abitudine, per ragioni di ambiente di nascita e di esperienze di vita, al contatto con le culture gentili, ovverosia pagane. E non c'è alcuna possibilità di comprendere storicamente questo individuo e la sua opera se non si parte proprio dall'idea che tutto si origina nel contrasto stridente fra la ebraicità ottusa, fanatica, fondamentalista e xenofoba (la concezione hassidica, sviluppatasi dal patriottismo politico religioso dei maccabei del II secolo a.C.) che nel I secolo d.C. trovò la sua principale espressione nel messianismo esseno-zelota, e la sua collocazione geografica nell'ambiente palestinese, e l'ebraicità aperta, maturata attraverso il contatto e la convivenza con i popoli e le culture gentili, disponibile alla reinterpretazione delle scritture in senso molto elastico (una concezione di cui furono tipici rappresentanti uomini come Filone Alessandrino, Giuseppe Flavio, e per primo Shaul, successivamente nominato Paolo), per niente interessata allo sviluppo di una conflittualità estrema fra Israele e Roma, con una collocazione geografica rivolta soprattutto agli ambienti della diaspora.

Sono le tensioni fra questi due modi di essere ebrei, e le drammatiche vicende politiche e militari della nazione ebraica sotto il dominio imperiale, sempre in altalena fra le azioni dei patrioti Yahwisti e le repressioni romane, che fornirono i presupposti del processo attraverso il quale si sviluppò per gradi prima, una coscienza
ostile al messianismo radicalmente interpretato secondo la concezione hassidica, poi una corrente politica altrettanto radicalmente anti-messianista, espressione delle classi dominanti di Israele (sadducei e farisei), quindi una tendenza a rileggere le profezie messianiche con significati contrari a quelli hassidici, e aperta ai contributi teologici delle spiritualità gentili, infine una corrente militante, di cui il San Paolo del dopo Damasco fu il fondatore e il promotore indefesso, che, pur di contrastare il messianismo hassidico e i suoi estremi pericoli per la sicurezza della nazione ebraica, era disposta a crearne un altro, coerente con le teologie escatologiche straniere, sopportando il rischio che ciò innescasse una sorta di mitosi teologica il cui prodotto, alla fine, fosse la nascita di una nuova religione e la sua scissione dal giudaismo.

In un primo tempo Paolo sarebbe stato senz'altro
un esponente della corrente politica radicale anti-messianista, espressione delle classi dominanti di Israele. E' facile che egli, in quanto benestante, colto, professionista con molte occasioni di viaggio e con molti contatti in ambienti sia ebraici che greco-romani, sia stato coinvolto nella politica di repressione delle "brigate messianiste" e che abbia collaborato come informatore o anche in modo più consistente.


Non si dimentichi che i cristiani, al centro della attenzione repressiva, in questa fase del processo di evoluzione del cristianesimo, non erano ancora ciò che intendiamo oggi con quel termine, bensì erano i giudei messianisti, ovverosia i membri delle sette che aspiravano alla rinascita del regno di Yahwè e all'interno delle quali si individuavano le figure degli aspiranti messia.

Siamo noi che commettiamo il gravissimo errore di interpretare il movimento dei seguaci diretti di Cristo come se questi avessero già incorporato la filosofia espressa nel Nuovo Testamento, che rende spoliticizzato, degiudaizzato e pacifista il messaggio evangelico, prima ancora che Paolo lo avesse formulato.

In realtà, gli stessi Atti degli Apostoli, sebbene siano stati redatti col preciso scopo di mistificare le origini storiche del cristianesimo innestando in modo del tutto artificiale le idee di Paolo sulla figura di Gesù Cristo, mostrano in modo chiarissimo l'esistenza di un grave conflitto fra una corrente giudaizzante (identificata nelle persone come Pietro e Giacomo, il fratello di Gesù) e una corrente che talvolta definiamo ellenistica (identificata nelle persone come Paolo e i suoi seguaci).

In un secondo tempo San Paolo avrebbe maturato un atteggiamento diverso, probabilmente rendendosi conto che la strada della semplice repressione politica, consistente nell'arresto e nella eliminazione fisica degli esponenti messianisti, non avrebbe funzionato molto, tanto più che le ideologie radicali del tipo esseno-zelotico non si fermano davanti al martirio (abbiamo visto il comportamento dei cittadini di Gamla e degli assediati di Masada) ma, al contrario, ne traggono nuovo orgoglio e nuova energia combattiva. In pratica San Paolo comprese che l'ideologia messianista tradizionale avrebbe potuto trovare un antagonista valido solo in un'altra ideologia, e che l'argine per ostacolare l'espansione del messianismo radicale nei diversi strati della popolazione ebraica avrebbe potuto essere offerto solo da un altro messianismo, non così bellicoso, non così ispirato alla escatologia nazionalistica, ma comunque rispondente ad istanze che avessero una risonanza reale nella gente e in larghi strati di popolo.

Insomma, invece di seguire la via degli arresti e delle esecuzioni, Paolo preferì offrire un'alternativa all'idea della salvezza nazional-religiosa (questa fu la sostanza reale della sua conversione) e si adoperò per creare un messianismo più convincente di quello che, pur solleticando l'orgoglio etnico, che è il tratto distintivo di ogni ebreo, metteva tutti quanti di fronte al rischio concretissimo (poi confermato dalle vicende della guerra degli anni 66-70) che i romani ricorressero alla soluzione definitiva e che Israele precipitasse nella più sventurata delle catastrofi.

E' questa, e soltanto questa, la corretta chiave interpretativa attraverso la quale noi possiamo capire ciò che gli Atti degli Apostoli ci presentano, molto opportunisticamente, come una semplice divisione di competenze fra Paolo e gli Apostoli giudaizzanti: evangelizzatore dei gentili l'uno, evangelizzatori degli ebrei gli altri.

Altro che divisione di compete
nze! La verità è che questi ultimi erano legati alla concezione messianica di derivazione maccabea, ovvero al patriottismo nazional-religioso degli esseno-zeloti, ostile per natura al mondo gentile; mentre Paolo aveva già sparso i semi di una filosofia di apertura al pensiero extragiudaico, al punto da rappresentare il suo Gesù Cristo con caratteristiche che appartengono assai più agli dei incarnati e risuscitanti delle teologie gentili che non alla figura messianica delle profezie giudaiche.

Ora, noi abbiamo molti motivi per credere che Paolo, nella sua città di origine, Tarso, in Cilicia, abbia avuto contatti molto ravvicinati con le culture religiose ellenistiche ed orientali, anzi, proprio con i culti detti misteriosofici, in cui si celebravano complicati riti iniziatici. Ora, la quasi totalità dei cristiani nega che il Cristo giustiziato da Ponzio Pilato, con l'accusa di avere militato per diventare "re dei Giudei", avesse l'intenzione di diventare realmente "re dei Giudei" e abbia mai avuto a che fare col messianismo nazional-religioso degli esseni e degli zeloti. E supportano questa loro irremovibile convinzione sulla base della tradizionale immagine evangelica di un Gesù che predica amore, pace, perdono, non violenza, che contraddice alcune caratteristiche del pensiero ebraico messianista (Gesù siede a tavola coi gentili, deroga alla regola del sabato...) e considerano la vicenda del processo, della condanna e della esecuzione romana mediante crocifissione (il tipico destino dei latrones e dei sicarii, ovverosia degli zeloti) come un clamoroso equivoco giudiziario, da cui Pilato, vittima dei raggiri dei sacerdoti del tempio, esce praticamente scagionato, e con lui tutti i romani. Un equivoco generato dalle false accuse che i giudei avrebbero prodotto nel presentare Gesù a Ponzio Pilato, per poterlo fare giustiziare dai romani. Un equivoco, dobbiamo aggiungere, la cui conseguenza è stata, fra l'altro, la crescita di un atteggiamento fortemente antisemita in tutto il mondo occidentale, nei secoli a venire.

Ma il meccanismo non è questo; non sono false quelle accuse di militanza esseno-zelota, bensì l'immagine del Cristo costruita a posteriori dalla scuola di San Paolo. E naturalmente non è legittimo dimostrare che il Cristo era un pacifista, estraneo ai movimenti esseno-zelotici, sulla base di documenti posteriori costruiti ad hoc per supportare una ideologia che andava prendendo piede come alternativa al messianismo bellicoso dei fanatici yahwisti.

E' esattamente come se qualche socialdemocratico, ostile all'ideologia marxista leninista, avesse revisionato l'immagine ideologica di Che Guevara, poi avesse fatto scomparire tutti i documenti che testimoniano l'uomo storico, ne avesse redatti di nuovi che parlano di un Che pacifista, avulso dagli estremismi del marxismo-leninismo, e infine come se i seguaci di questa neo-tradizione sul Che umanitario volessero dimostrare l'estraneità del loro "messia" da ogni militanza rivoluzionaria armata, sulla base di documenti artefatti, le cui bugie sono servite proprio a costruire l'immagine falsata. Ovviamente questo potrebbe essere difficile in un mondo moderno, in cui esistono il giornalismo, la fotografia, la televisione, il cinema e tutto ciò che fissa in maniera inequivocabile certe immagini storiche.

Insomma, quando noi leggiamo i Vangeli (i Vangeli del canone ecclesiastico, naturalmente, non la letteratura primitiva del giudeo-cristianesimo che, del resto, è stata tolta di mezzo), noi non abbiamo davanti agli occhi la testimonianza del Gesù storico, bensì dell'immagine contraffatta in seguito alla revisione paolina. I Vangeli sono il manifesto antimessianista (e quindi anti-Cristo-della-storia) che ci mostra, non le idee di Gesù, ma le idee di Paolo e dei suoi seguaci, ovverosia di colui che è stato fra i nemici più accaniti di Cristo e che non si è affatto convertito ma che, in un secondo tempo, ha convertito l'ideale di Cristo, appartenente al pensiero giudaico più radicale, in una filosofia extragiudaica. Una conversione che è stata ripetuta in modo assai simile, tre secoli dopo, dallo stesso imperatore Costantino, che non si è mai convertito al cristianesimo di Gesù come sostiene una certa retorica storiografica, ma che ha trovato convenienti motivi per convertire ulteriormente la teologia cristiana e renderla sempre più compatibile con le religioni già in voga nell'impero romano (fu Costantino a volere energicamente il concilio di Nicea e a dare inizio ad un'epoca plurisecolare di caccia all'eresia).

In pratica, dopo queste molteplici e successive operazioni di ricostruzione teologica realizzate nell'arco di tre secoli, le cose che leggiamo oggi nei Vangeli servono a dimostrare ciò che Gesù non era molto più di quanto non possano servire a dimostrare cos'era. Anche se questa è un'idea inaccettabile da parte di coloro che sono innamorati dell'immagine neo-cristiana del Gesù figlio di Dio e che non possono tollerare che tale immagine sia così brutalmente ridotta dall'analisi storica ad un prodotto di pura creatività teologica.

Ed ecco la censura del caso Cristo, costituita oltre che da Paolo e da Costantino anche da uomini come Ireneo, Eusebio, Teodoreto... che oggi noi chiamiamo "Padri della Chiesa":

giovedì 23 aprile 2009

NUOVO TESTAMENTO: come divenne canone?

Fino alla metà del II secolo il cristianesmo non aveva un testo sacro di riferimento proprio, ma utilizzava il vecchio testamento ebraico.
Difatti abbiamo un riferimento ai vangeli nel 140 da parte del vescovo Papias che afferma di preferire la tradizione orale a quella scritta.
L'abbozzo piu antico degli scritti del nuovo testamento lo troviamo nel canone Muratori (prese il nome dal suo scopritore L.A.Muratori che lo rinvenne nel 1740), creato a Roma intorno al 200 d.c. rappresenta la posizione ufficiale della Chiesa Romana, e attesta che la comunità cristiana di Roma non annovera fra gli scritti del nuovo testamento i seguenti testi:l'epistola agli ebrei, la prima e la seconda epistola di Pietro, l'epistola di Giacomo e la terza epistola di Giovanni, tutte parti che invece oggi ne fanno parte.
Nel canone di Ireneo (imm.destra - 202), uno dei più importanti teologi del cristianesimo, mancano: l'epistola agli ebrei, l'epistola di Giacomo,la seconda epistola di Pietro, l'epistola di Giuda e la terza epistola di Giovanni.
Uno dei padri della chiesa cristiana, Clemente Alessandrino (imm.sinistra) che scrive tra il 190 e il 210, segnala tra le sacre scritture: il vangelo degli ebrei, il vangelo degli egizi, la prima epistola di Clemente, l'epistola di Barnaba, la Didachè (testo cristiano che contiene una catechesi della "via della morte" e della "via della vita", con indicazioni di morale per la comunità, inclusa una lista di vizi e virtù, e testi liturgici sul battesimo e sull'eucarestia), numerose lettere apostoliche, tutti testi che oggi non appartengono al nuovo testamento.
Il pastore di Erma è un testo di genere apocalittico che presenta cinque visioni alle quali seguono dodici precetti e dieci similitudini o parabole, tratta del problema della remissione dei peccati postbattesimali, difatti dopo il battesimo si verificano casi di gravi peccati e per rimediare a tali colpe Erma ricorre alla rivelazione divina e parla di una seconda possibilità di perdono. Tale testo venne considerato valido sia da Clemente Alessandrino che da Ireneo, Tertulliano e Origene, inoltre la chiesa abissina lo considera ancora oggi parte della bibbia.
Il canone Mommsenianus risalente al 360 non considera nel nuovo testamento: l'epistola agli ebrei, le epistole di Giacomo e Giuda, la seconda epistola di Pietro e la seconda e la terza di Giovanni.
La chiesa d'occidente e quella d'oriente si trovarono sovente in disaccordo su quali testi considerare validi e quali no, l'apocalisse era valida per l'occidente e in oriente no, il vangelo degli ebrei era valido in oriente e non in occidente.
Nei sinodi di Roma del 382, di Hippo Regius del 393 e di Cartagine del 397 3 del 419 si determinò il contenuto e la dimensione del nuovo testamento, e vennero considerati divini e ispirati dallo spirito santo 27 scritti, tutti quelli esclusi vennero chiamati apocrifi.
Il nuovo testamento divenne libro canonico, ed è una creazione della Chiesa, non la Chiesa una creazione del nuovo testamento, e questo è un dato di fatto che però venne ben presto capovolto.
Nel concilio di Firenze del 1442, in quello di Trento del 1546 e nel concilio Vaticano del 1870 la chiesa cattolica rende dogma di fede la dottrina dell'ispirazione divina della bibbia dichiarando la sua infallibilità, sul discorso dell'infallibilità possiamo dire che è una pretesa alquanto ridicola, vediamone un esempio facile, nei vangeli di Luca e Matteo incontriamo la genealogia di Gesù, nel vangelo di Luca si parte da Dio, poi Adamo e tutti gli altri, in quello di Matteo si parte da Abramo, quando si arriva a Davide le strade si dividono e su circa 40 avi solo 2 coincidono, e differiscono anche nel numero, difatti se secondo Luca sono 41, secondo Matteo diventano 32.


Nessun autore del nuovo testamento ha mai definito divina la propria produzione, Paolo distingue con grande chiarezza ciò che deriva dal Signore e le sue opinioni, definisce la sua conoscenza frammentaria (1 Cor.,7,10; 7,12; 7,25; 13,12).
Nel prologo del vangelo di Luca l'autore dichiara di aver indagato accuratamente tutti i fatti fin dal principio, quindi nessun intervento divino. Inoltre Luca ammette che già molti prima di lui avevano raccolto analoghe notizie, si propone quindi come uno scrittore di storie già in circolazione delle quali intende irrobustire la forza persuasiva.
La comunità cui si rivolgeva Paolo considerava le sue epistole come lettere private e non come rivelazioni divine, difatti quando scomparvero alcune lettere le sostituirono semplicemente con alcuni falsi.
Anche la perdita di molti originali dei vangeli testimonia la scarsa rilevanza iniziale di questi libri, se fossero stati testi sacri li avrebbero tenuti con maggiore considerazione e conservati in luoghi sicuri e protetti.
Marcione (imm.sinistra) nel II secolo riconosceva un solo vangelo, lo stesso vangelo di Luca fu rielaborato nel testo da parte sua e dei suoi discepoli.
All fine del II secolo il siriano Taziano, discepolo di San Giustino, creò un opera di grande rilievo: il Diatessaron, in cui fuse i 4 vangeli in un opera di armonizzazione e dalla quale escluse tutti i parallelismi e le contraddizioni. Tale opera insieme agli Atti degli Apostoli e le Epistole divenne, fino al V secolo, fondamentale nella chiesa siriaca.
Dopo Taziano anche il Vescovo Teofilo di Antiochia compose una Concordanza dei Vangeli.
Altri vangeli protocristiani lasciano trapelare l'intento di sostituire i vangeli canonici con delle Concordanze, in modo da evitare doppioni, discordanze letterali ed evidenti contraddizioni.
Nel 1537 il teologo Andreas Osiander (imm.sinistra) pubblicò un opera nella quale mise insieme i quattro vangeli senza tralasciare o aggiungere alcuna parola e senza modificare l'ordine dei fatti. La loro inconciliabilità apparve del tutto evidente, le spiegazioni divennero ridicole, affermando che Gesù avesse compiuto più di una volta i medesimi discorsi e le stesse azioni. Venne ipotizzato che la cacciata dal tempio dei mercanti fosse avvenuta tre volte: la prima all'inizio dell'attività pubblica di Gesù come afferma Giovanni; la seconda il giorno del suo ingresso a Gerusalemme come dicono Matteo e Luca; la terza il giorno dopo come si legge in Marco.



Fino ai giorni nostri la Commissione Pontificia per gli studi Biblici afferma la totale assenza di errori nelle scritture.
Di fronte a tutto questo mi chiedo: come è possibile che degli esseri umani, quindi per natura fallibili possano decidere che un testo scritto da altri umani 2000 anni fà, tramandato per via orale inizialmente, di cui non si hanno i testi originali, possano dichiararne la sua infallibilità?

lunedì 20 aprile 2009

I 4 VANGELI CANONICI


Giovanni (imm.sinistra), il redattore del quarto vangelo era un popolano, non sicuramente un uomo colto, era definito da farisei e sadducei, i colti di Israele, come “ame ha aretz” cioè contadino e manovale ignorante e analfabeta, le cui conoscenze delle regole ebraiche e religiose erano molto scarse.
In base
a quanto scritto nel suo vangelo egli sarebbe stato un individuo conosciuto nel tempio di Gerusalemme, fidato ai sinedriti e alle guardie, talmente fidato da poter lasciare entrare nel tempio, durante l’arresto a Gesù, persino Pietro stesso. Ma in realtà Giovanni era giovanissimo, un pescatore analfabeta, come avrebbe potuto essere un personaggio così conosciuto in un ambiente molto esclusivo come quello del tempio?
Il quarto vangelo è stato scritto verso la fine del primo secolo o verso l’inizio del secondo, quindi Giovanni dovrebbe aver avuto più di ottant’anni, emancipato al punto di conoscere il greco letterario, ed avere una cultura filosofica coerente con la teoria ellenistica del Logos. Inoltre fattore di rilievo sono fonti letterarie che lo danno per giustiziato prima di raggiungere la vecchiaia.
Ci sono quindi ben poche speranze di attribuire la paternità del quarto vangelo a Giovanni, ma simili considerazioni valgono anche su Matteo (imm.destra), seri dubbi esistono sul fatto che anche lui avesse potuto scrivere in Greco. Dando un occhiata ai quattro vangeli canonici possiamo abbastanza essere certi che non furono scritti da apostoli con le caratteristiche culturali e umane di Matteo e Giovanni.
I quattro vangeli can
onici sono stati scritti in greco, non da testimoni oculari dei fatti narrati,
da non ebrei, da conoscitori approssimativi delle usanze ebraiche, per un pubblico non ebreo.

All’interno degli scritti stessi , numerosi errori e incongruenze ci danno l’impressione che l’autore non aveva la completa conoscenza dei fatti e delle circostanze.
Apparentemente l’autore non conosce le caratteristiche della condotta ebraica, ad un certo punto parla di un branco di maiali, ma nelle fattorie ebraiche i maiali non sarebbero mai stati allevati, perché considerati animali immondi. Lo stesso processo a Gesù tradisce la conoscenza delle leggi ebraiche, mai si sarebbe pronunciata una condanna a morte dopo un incontro informale, di notte , in un luogo informale e senza rispettare i tempi e i testimoni.

Inoltre per quale motivo Matteo getta le basi di quello che sarebbe stato il secolare antisemitismo dei cristiani, accusando il popolo ebraico della morte di Gesù, sollevando i romani da ogni colpa, lo possiamo leggere in questa frase:

"Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!". E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli". (Mt XXVII, 24-25)

In questa frase gli ebrei si assumono la responsabilità e sopporteranno le conseguenze di questa frase per molti secoli a venire, facendo nascere il cristianesimo con un cromosoma antisemita.
A quan
to pare l’autore dei vangeli scrive per un pubblico non ebraico, lo possiamo verificare nell’ultima cena, vi è una distorsione intenzionale volta ai non ebrei, possiamo vedere alcune incompatibilità in quel racconto: la prima è un messia che si dichiara incarnazione del Dio; la seconda è offrire in pasto ai discepoli il proprio sangue e la propria carne, rito teofagico appartenente alle culture religiose pagane; la terza è offrirsi come vittima sacrificale in modo simili ai riti iniziatici dei culti di Attis, Mitra e Dioniso.

Nell’ambito della letteratura evangelica i quattro vangeli canonici non sono certi i primi, in precedenza possiamo elencare il vangelo degli ebrei, il vangelo degli ebioniti, il vangelo dei nazareni, tutti scritti in lingua ebraica o aramaica, alcuni padri della chiesa quali Epifanio, Eusebio di Cesarea e Teodoreto né parlano con sommo disprezzo, difatti vengono fatti sparire durante la nascita della chiesa dei primi secoli, allo stesso modo vengono fatti sparire gli scritti gnostici, ricomparsi però nelle sabbie dell’Egitto centrale.

Vediamo ora come gli autori dei testi canonici abbiano utilizzato come fonte i testi giudeo-cristiani, ma che allo stesso tempo abbiano operato tagli, aggiunte e modifiche in modo che risultasse scritto quello che a loro più interessava.

Il pensiero messianico originale viene rinnegato originalmente da Paolo-Shaul (imm.sinistra) e da alcuni suoi discepoli, e appare verosimile dire che i vangeli sinottici siano stati redatti proprio da alcuni seguaci di Paolo dopo la distruzione di Gerusalemme.




Secondo l’esegesi cattolica il primo dei vangeli scritto è quello di Marco (imm.destra) risulta quindi che i redattori dei vangeli di Matteo e Luca (imm.sinistra) abbiano utilizzato come base il testo di Marco, aggiungendo poi natività e genealogie, che però risultano discordanti tra di loro, dimostrando che hanno operato indipendentemente, sentendosi liberi di inventare ciò che a loro interessava.

Nella natività possiamo notare delle differenze, il Gesù di Matteo ha la dignità di un re, figlio di una dinastia reale, perseguitato da Erode in quanto aspirante re. Il Gesù di Luca invece ha la dignità di un sacerdote, figlio di una dinastia di sacerdoti e non subisce persecuzioni da parte di Erode che risulta morto da 11 anni.

Dunque il redattore del vangelo di Marco era un probabile conoscente di Paolo, ha scritto in greco, presumibilmente a Roma, per neo-adepti di una religione che non esisteva in palestina né avrebbe potuto esistervi a causa delle ragioni sopra citate, pregiudizi antisemitici e contenuti pagani.

Verifichiamo l’esattezza della datazione dei vangeli dopo l’anno 70, negli anni dal 66 al 70 in palestina si sviluppò una guerra tra romani ed ebrei, che culminò con la distruzione di Gerusalemme e il saccheggio del tempio da parte di Tito.

La guerra si scatenò in base alle credenze degli ebrei che Dio avrebbe guidato il popolo ebraico alla libertà dai romani, ma era una formica armata di fanatismo religioso contro un elefante armato e possente. Gerusalemme subì un assedio tremendo da parte di Tito, figlio dell’imperatore Vespasiano, i cittadini morivano di fame, chi veniva catturato fuori dalle mura veniva crocefisso, quando Tito penetrò in Gerusalemme fu una mattanza, vennero uccisi a fil di spada circa un milione di persone, tutto venne bruciato, compreso il tempio profanato da Tito.


Leggiamo ora i seguenti brani tratti dai vangeli:

(Mc XIII 1-4) Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!". Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta" Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: "Dicci, quando accadrà questo...".

(Mc XIII 14-19) Quando vedrete l'abominio della desolazione stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti; chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa; chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! Pregate che ciò non accada d'inverno; perché quei giorni saranno una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione, fatta da Dio, fino al presente, né mai vi sarà.

(Mt XXIV 1-3) Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Gesù disse loro: "Vedete tutte queste cose? In verità vi dico, non resterà qui pietra su pietra che non venga diroccata".

(Mt XXIV 15-22) Quando dunque vedrete l'abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo - chi legge comprenda - allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni. Pregate perché la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato. Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall'inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe.

(Lc XIX 41-44) Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".

(Lc XXI 5-6) Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: "Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta".

(Lc XXI 20-24) Ma quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città; saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia. Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti.

Risulta evidente che le descrizioni di questi racconti sono provenienti dalla guerra di cui sopra, la pesante carica drammatica testimonia un tormento di qualcosa che è stato visto e non di semplici profezie.

Qualcuno cerca di sviare questa datazione cercando di attribuire questi passi dei vangeli a un fatto narrato da Giuseppe Flavio nella sua opera Guerra Giudaica, in cui l’imperatore Caligola (37-41 d.c.) : "...inviò Petronio con un esercito a Gerusalemme per collocarvi le sue statue nel tempio, dandogli ordine, se i giudei non le avessero volute introdurre, di uccidere chi avesse voluto opporre resistenza...".

Ma questo non avvenne mai, in quanto Caligola morì prima che l’ordine potesse giungere a compimento, evitando così i fatti ipotizzati da Caligola, inoltre egli non intendeva distruggere il tempio.

Quindi i passi dei vangeli a cosa si riferiscono? A un pericolo mai realizzato delle statue nel tempio inviate da Caligola oppure una terribile guerra terminata con la distruzione di Gerusalemme e del tempio e migliaia di morti?

I vangeli parlano di questi eventi in modo talmente drammatico che possiamo essere certi che la loro redazione segue nel tempo i fatti dell’anno 70. E non solo, ma né il suo corollario ideologico ideale in quanto una vicenda così fondamentale nella storia ebraica e del movimento messianico fondamentalista, che voleva ricostruire il regno di Dio dopo aver ripulito la casa di Israele dentro e fuori (stranieri pagani ed ebrei corrotti), convinse dopo la tragica disfatta sia i revisionisti della corrente di Paolo che il messianismo tradizionale che era meglio seguire la salvezza spirituale che la libertà nazionale di israele.

Molto probabilmente era già anche tragicamente concluso l’episodio della resistenza egli esseno-zeloti asserragliati a Masada nell’anno 73 in cui gli assediati si suicidarono in massa pur di non venire trucidati dai romani.

Bisogna comunque dire che la narrazione di Marco rende più simile il Gesù narrato al Soter dei Greci, oppure al Saoshyant dei persiani o al Buddha e al Krishna degli indiani che non al Mashiah degli ebrei. Anzi egli dipinge gli ebrei come i cattivi e non i romani, e il salvatore invece di apparire come un rabbi giudeo (quale era) sembra uno ierofante dei culti iniziatici ellenici, che resuscita come Attis e Mitra, dopo tre giorni passati all’inferno ed offre come pasto sacrificale il sangue e la carne del Dio incarnato.

Esistevano altri vangeli redatti negli anni 40 o 50, verosimilmente da discepoli o testimoni oculari dei fatti. Ma non sono quelli che i cristiani leggono nel presente. Sono quelli che i cristiani hanno eliminato nel passato.

venerdì 17 aprile 2009

IL BATTESIMO

Il battesimo non è una pratica originale del cristianesimo.
Nel primo secolo esistevano solo due sacramenti nel cristianesimo, battesimo ed eucarestia, ed erano tutti e due usati anche dai pagani. In seguito la chiesa nè istituì altri 5 per arrivare ad un totale di 7.
In tutte le religioni misteriche ellenistiche quali i culti di Demetra, Persefone, Dioniso, Orfeo, Sabazio e i misteri eleusini, orfici e dei cabiri a samotracia per citarne alcuni, esistevano due momenti di culto principali: il primo era una festività accompagnata da un banchetto sacro, il secondo era una cerimonia di affiliazione effettuata con un battesimo di sangue oppure di acqua.
Anche gli esseni davano importanza al battesimo e lo stesso gli ebrei.
Lo stesso Gesù, da cui dovrebbe derivare il battesimo cristiano, non compì mai questo atto.
La critica moderna considera un falso la frase presente in Matteo:"E dunque andate e insegnate a tutti i popoli e battezzateli in nome del padre e del figlio e dello spirito santo..."(Mt,28,19) e venne messa in dubbio fin dai tempi dell'illuminismo (vedi: Jesus di Ackermann;Synoptische tradition di bultmann;Kyrios Christos di Bousset;A me è stato concesso ogni potere di Lohmeyer;Die mystik des apostoles paulus di Schwitzer;Biblische theologie di Weinel). Altrettanto strano risulta il fatto che Gesù non abbia fatto mai menzione del battesimo, ma il Vescovo Cipriano sostiene che ogni volta che nella bibbia si parla di acqua si deve intendere proclamazione del battesimo.
Gli stessi apostoli non erano stati battezzati, ma questa mancanza viene ovviata inventandosi il battesimo degli apostoli con le tempeste su laghi o mari che bagnano gli apostoli e Pietro risulta battezzato quando passeggiando sul lago sprofonda davanti a Gesù.
Nei riti iniziatici delle religioni mistiche l'atto consiste in un bagno per immersione in cui il miste vive il destino di Dio, la sua morte e resurrezione, ed è esattamente come nel rito cristiano.
Nel rito di Attis i sacerdoti dicevano:"Siate buoni di animo, voi Misti! Come il Dio fù salvato, così nasce per noi la salvazione dal dolore" ed ecco quanto scrive Paolo:"Nel battesimo siete stati sepolti con Cristo, e in Cristo siete anche risorti... voi, che eravate morti per i vostri peccati...Dio ha vivificato con Cristo".
La teologia critica e la dottrina biblica extraecclesiastica vede nelle parole di Paolo (imm.destra) uno stretto collegamento con le religioni mistiche, difatti "rinato in eterno" si definiva il seguace di Attis, la rinascita era un concetto comune anche nei misteri di Mitra, rinato era colui che era stato redento da Iside, "coloro che sono nati da Dio" venivano definiti i misti della religione di Dioniso.
Secondo Paolo:"Infatti voi tutti, battezzati in Cristo, avete indossato Cristo" e "Indossate il Signore Gesù Cristo" in queste frasi si rivede la mistica dell'abito, tipica dei misteri eleusini e del culto di Iside (imm.destra) in cui il fedele indossa l'abito divino diventando immortale o addirittura divinizzato (vedi: Metamorfosi di Apuleio; Jesus u. Paulus di Leipoldt; Paulus di Schopes; And die Rom di Lietzmann).
Nei misteri pagani il battesimo era visto come illuminazione, esattamente come nel cristianesimo.
I padri della chiesa sostenevano che:"Possono diventare cristiani non appena sono in grado di conoscere Cristo" e lo stesso Tertulliano (160-220d.c. apologeta latino autore di numerose opere tra le quali il De Baptismo; imm.sinistra) afferma:"Per quale ragione l'età dell'innocenza dovrebbe affrettarsi tanto alla remissione dei peccati?".
Nel nuovo testamento non si parla di battesimo dei neonati, alla fine del II secolo si iniziò a praticarlo invocando un inesistente tradizione apostolica.
Nel III secolo l'ordinamento ecclesiastico di Ippolito prescrive il battesimo nei bambini. Nel IV secolo Gregorio di Nazianzio ritiene sia meglio far battezzare solo persone dopo i tre anni, in modo rimanga almeno un ricordo del gesto. Ma fino all'inizio del medioevo si battezzavano di regola solo gli adulti, è dal VI secolo che si impone il battesimo agli infanti.

In conclusione il battesimo risulta, come molto altro, un usanza di altri culti precristiani, la chiesa utilizza questo sistema per impadronirsi dei fedeli già da piccoli, in modo da poter annoverare tra le sue fila anche chi in seguito smetterà di credere, ma risultando battezzato è a tutti gli effetti un appartenente alla schiera dei credenti.
Ritengo che compiere questo atto, su una essere non conscio, sia molto ingiusto e forzato, senza stare a sindacare sulla validità stessa dell'atto, ad esempio si potrebbe battezzare mentre dormono degli islamici o edi buddisti, così possiamo accorparli alla schiera dei cristiani. Allo stesso modo quasi sempre vedo genitori non credenti che procedono alla comunione e alla cresima solo per non privare i propri figli di una festa, assolutamente ridicolo.

Ovviamente per un ateo l'atto battesimale non ha alcun significato, ma purtroppo si risulta ugualmente negli elenchi della chiesa, esiste la possibilità di una parziale cancellazione, e qui rimando coloro che sono interessati al sito dell'UAAR pubblicizzato qui a lato, dove potrete trovare anche valide motivazioni per procedere a tale simbolico gesto e dove vengono spiegate procedure ed effetti qui.

mercoledì 15 aprile 2009

GESU' E I MIRACOLI

Le varie religioni hanno cercato di rafforzare la loro credibilità con i miracoli, le guarigioni degli ammalati, le resurrezioni, le moltiplicazioni di bevande, la trasformazione di liquidi, le passeggiate sull'acqua, i viaggi all'inferno e nel paradiso non costituiscono una novità, anzi non sono altro che un patrimonio standard di altre religoni.


Nel periodo in cui visse Gesù i miracoli erano abbastanza comuni, Asclepio (Dio greco, imm.sinistra) e Serapide (Dio greco-egizio) apparvero camminando sulle acque ai loro fedeli, traendoli in salvo da un naufragio.
Anche Giosuè ed Elia hanno camminato sulle acque.
La resurrezione dei morti era un attività alquanto usuale a quei tempi, a Babilonia vi erano molte divinità utilizzate esclusivamente a quello scopo.
Nella letteratura pagana si trovano anche episodi di moltiplicazione dei pani, in India Vimalakirti (imm.destra) grazie al suo potere miracolistico sfama una folla con poco cibo, moltiplicandolo in quantità sufficente.



Buddha (imm.sinistra) ha avuto molti parallelismi con Gesù, ricordiamo numerose guarigioni di ammalati, ciechi che vedono, sordi che sentono, storpi che camminano eretti.
Durante una piena del Gange Buddha cammina sulle acque e così fà anche un suo discepolo, che ad un certo punto si ritrova ad affondare perchè la sua fede è diminuita....proprio come un certo Pietro. Alla stregua dei discepoli di Gesù anche i discepoli di Buddha compiono miracoli, ma molti anni prima.

Asclepio compiva guarigioni miracolose nel tempio di Epidauro, erano conosciute in tutto il mondo e meta di pellegrinaggio, proprio come Lourdes.

Eracle anche conosciuto come Ercole cammina sulle acque.

Dioniso (imm.destra), Dio greco ha compiuto il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino e viene narrato nella tragedia Le Baccanti di Euripide (480-406 a.c.)

Apollonio di Tiana (imm.sinistra) è un filosofo, contemporaneo di Gesù, che percorre predicando l'Asia minore, la Siria, la Grecia fino a Roma. Egli scaccia spiriti maligni da una giovane, placa una tempesta marina, cessa un terremoto, guarisce ciechi e paralitici, resuscita una fanciulla, e per finire in bellezza resuscita dopo la sua morte.

La resurrezione di Lazzaro è tranquillamente riconducibile ad un episodio della mitologia Egizia, in cui Horus (imm.destra) resuscita El-Osiris (Al-Azarus).



In quell'epoca il mondo era dominato da superstizione e fedi apocalittiche, fiorivano i culti, la magia, ovunque vigeva la credenza della venuta di qualche divinità.
Nelle strade dell'impero romano vagavano saggi posseduti da Dio, visionari, guaritori, mistagoghi, taumaturghi che predicavano e operavano miracoli.
I miracoli altrui erano comunemente riconosciuti, lo stesso Celso riconosce i miracoli compiuti a Gesù, asserendo che li aveva copiati dagli egizi, gli ebrei attibuivano i miracoli di Gesù al demonio, gli evangelisti stessi ci informano che i farisei e i nemici di Gesù operavano miracoli, in seguito i padri della chiesa attibuirono i miracoli altrui al demonio.
Cicerone e in seguito Strabone ritenevano utile il radicamento di questo tipo di superstizione nella gente comune.

Bisogna quindi capire come in un clima di superstizione primitiva risultino comprensibili i miracoli attribuiti a Gesù, egli doveva risultare almeno al pari dei molti guaritori presenti e passati, riportandolo quindi ad una normalità che invece viene esaltata dalla chiesa, che nascondendo tutto il resto lo fà apparire unico e inimitabile.