Non esistono verità assolute o dogmi insindacabili. Questi sono solo strumenti concepiti per soggiogare la vostra mente

domenica 19 dicembre 2010

LA VERGOGNOSA STORIA NASCOSTA DI ALCUNI PAPI - terza parte


I problemi del papato non finirono con Bonifacio VIII. Filippo IV di Francia (il Bello), non soddisfatto di vedere il suo mortale nemico andare al Creatore, era determinato a dissacrarne la memoria. Benedetto XI (che succedette a Bonifacio) cercando di rabbonire il re, lo assolse da ogni accusa o colpa per quanto era successo al suo predecessore (le beffa di Anagni). Quando un anno dopo anche Benedetto XI° mori, uno scandaloso intrigo condusse all'elezione di Bertrand de Grot, Arcivescovo di Bordeaux, come Clemente V (a sinistra).
Finalmente Filippo poteva disporre di un papa francese, malleabile alla sua volontà.
Clemente immediatamente annunciò ai suoi attoniti aiutanti che lo avrebbero accompagnato oltre le Alpi. La giustificazione era che di Anagni ne aveva abbastanza e che desiderava "non addolorare il nostro caro figliolo, il Re di Francia". In Francia si sistemò ad Avignone, sotto l'attento occhio di Filippo. Si trattava di una piccola città provenzale sulla riva orientale del Rodano.
Per evitare che Filippo accusasse (post mortem) Bonifacio di frode e di eresia il papa cedette ad ogni sua volontà. Il Re ricevette lodi per il suo comportamento contro Bonifacio e Celestino V° venne canonizzato come San Pietro da Morrone. Il papato subì da questo esilio un colpo quasi mortale e sul trono pontificale si succedettero una serie di soggetti che, semplicemente, senza essere cattivi o buoni, non erano veri papi. (oddio! se pensiamo a qualche precedente erano ottime persone).
Un esempio classico fu Clemente VI (Pierre Roger de Beaufort, monaco benedettino ed arcivescovo di Rouen), eletto nel 1342. Come i suoi predecessori Giovanni XXII e Benedetto XII, anche lui non aveva mai visto l'Italia, ma , a differenza da Benedetto XII che era un vero rompiballe, Clemente sapeva esattamente come vivere e spendere:"Prima di me - disse - nessuno ha mai saputo fare il papa....Se il Re d'Inghilterra volesse far nominare vescovo il suo culo non dovrebbe far altro che chiederlo.".
 
In una occasione un asino si fece strada in pieno concistoro portando un cartello appeso al collo che diceva:"Per favore fai anche me vescovo". Il Papa la prese in ridere come fece quando ricevette una lettera, sempre durante un udienza concistoriale, che diceva:"Dal Diavolo a Suo Fratello Clemente".Lui ed i suoi "diavoletti" (i Cardinali) scoppiarono tutti a ridere. Il suo sistema era di concedere sempre più di quello che gli chiedevano ed il suo unico e principale obiettivo era di far tutti contenti. In Avignone tutti stavano bene: musicisti, orefici, artigiani, banchieri, astrologi, ladruncoli, magnaccia e soprattutto le splendide puttane (ed i bellissimi puttani). Alcuni si lamentavano sostenendo che in Avignone gli dei più adorati erano Bacco e Venere.
Uno dei pochi critici severi era il Petrarca, avvelenato dal fatto che Benedetto XII a suo tempo aveva voluto sua sorella e se l'era presa corrompendo suo fratello Gerardo. Descrivendo , anonimamente per non essere bruciato, la corte di Avignone come "la vergogna dell'umanità, un covo di vizi, una fogna dove è raccolta tutta la sporcizia del mondo. Lì Dio viene disprezzato, solo il denaro viene adorato e le leggi di Dio vengono calpestate. Tutto quanto in quel luogo respira menzogna: l'aria, la terra. le abitazioni e, soprattutto, i letti. "

Papa Clemente soffriva di una indisposizione, ufficialmente diagnosticata come un disturbo renale, ma che in realtà si era beccato in camera da letto. Non era molto discreto nei suoi amori, ma questo faceva parte del suo atteggiamento verso la vita. Era uno che dava tutto quello che poteva, anche a letto. I suoi incontri privati venivano chiamati "Sessioni di indulgenza plenaria". Però, va detto a suo merito, legittimò tutti i suoi bambini.
Gran parte del suo palazzo era a disposizione dell'Inquisizione, con larghe prigioni e camere di tortura, nelle quali Clemente scendeva ogni tanto per incoraggiare gli inquisitori. Il palazzo papale viene definito da Froissart, diarista francese, "il palazzo più bello e più solido che ci sia al mondo". Il Papa amava le cose belle in tutto. Tapezzerie spagnole e fiamminghe, vestiti dorati di Damasco, seta toscana, abiti di lana da Carcassonne, piatti d'oro e d'argento.
Sospettava che Petrarca avesse scritto quelle cattiverie sui finimenti d'oro dei suoi cavalli, ma non si arrabbiava più di tanto perché solo i morsi erano d'oro. D'altra parte anche se aveva trasformato la Curia in una sorprendente macchina da soldi, Clemente era sempre a corto di denaro. Comprare l'intera città, nel 1348, gli era costato 80.000 fiorini. Egli aveva ridotto anche l'intervallo dei Giubilei a 50 anni così da poterne usufruire durante il suo papato (Bonifacio VIII ne aveva deciso uno ogni 100 anni), guadagnando cifre enormi sui pellegrini che passavano da Avignone nel loro viaggio a Roma.
Sia la regina Brigitta di Svezia sia Caterina da Siena (poi fatte sante) scrissero molte lettera al papa pregandolo di tornare a Roma, ma senza alcuna risposta. Il 3 dicembre 1352 un fulmine colpì la basilica di San Pietro, colpendola e fondendo le campane. Tutti pensarono che il papa fosse morto e cominciarono a festeggiare:"E' morto, il papa è morto e seppellito all'inferno". I pietosi dissero: beh! ora è finita. I cinici invece: non ce n'è mai abbastanza.

Ci sono state un mucchio di occasioni in cui cattolici hanno detto: il papato ha raggiunto il suo punto più basso, oltre non può scendere. Dante lo disse di Bonifacio VIII, Petrarca del periodo avignonese. Entrambi sbagliavano.
Le pressioni di Caterina da Siena, pallida ed asciutta suora toscana, su Gregorio XI riuscirono a far breccia costringendolo (insieme alle minacce dei romani di eleggere un nuovo papa) a ritornare a Roma , cosa che fece nel 1377. Dei 278 anni trascorsi dal 1100 solo 82 i papi li avevano trascorsi a Roma. E la città eterna ci mise solo pochi mesi a farlo secco.
Alla morte del papa gli elettori si divisero in due fazioni, francese e italiana. I francesi erano determinati ad eleggere uno di loro e dato che il Laterano era bruciato il conclave si tenne in aprile al Vaticano. Fuori, 30.000 romani urlavano come matti:"romano lo volemo". E, se non romano, doveva almeno essere italiano. I cardinali presenti, non sapendo bene cosa fare votarono per un outsider, Bartolomeo Prignano, arcivescovo di Bari (quindi non u romano), ma , per paura della torma di gente, vestirono l'ottantenne cardinal Teobaldeschi in abito papale e lo esibirono alla folla.
Un corriere corse a Pisa per comunicare l'elezione di Teobaldeschi (era cardinale a Pisa), dove festeggiarono con fuochi d'artificio. Solo tre giorni dopo venne comunicato a Prignano che il papa era lui, che si insediò sulla sedia papale con il nome di Urbano VI (a sinistra). Napoletano di basso ceto Urbano veniva ritenuto persona facile da manovrare da parte degli astuti francesi. Ma avevano fatto male i conti.
Lievemente alcolizzato e soggetto ad attacchi d'ira, il papa odiava le smancerie e voleva riformare i "drogati", come li chiamava a tutti i costi. In alcune occasioni cercò materialmente di picchiare i cardinali che lo irritavano, trattenuto da Roberto di Ginevra, mentre sbraitava:"Io faccio tutto, assolutamente tutto quello che mi pare".

Mentre un manipolo di cardinali cercava di trovare un sistema legale di interdirlo, senza riuscirci, scomunicò Re Carlo di Napoli, un vecchio nemico. Poi , imprigionato da Carlo nella fortezza di Nocera, scomunicò, tutti i giorni quattro volte al giorno, tutto l'esercito di Carlo. Liberato dai Genovesi venne visto ubriaco a Genova, in un giardino, mentre cinque cardinali ribelli venivano torturati in un stanza vicina.
Un gruppo di cardinali francesi, fuggiti ad Anagni, stabilirono che Urbano "non era il papa" e nominano pontefice Roberto di Ginevra, cugino del Re di Francia, che si fece chiamare Clemente VII. Urbano contrattaccò nominando 26 nuovi cardinali a lui fedeli. Dato che entrambi i papi erano stati nominati più o meno dallo stesso gruppo di cardinali, la situazione era critica. In Inghilterra Wyclif disse:"ho sempre saputo che il papa aveva i piedi biforcuti (allusione al demonio), ora ha anche la testa biforcuta (due papi).". La confusione era al massimo ed ognuno prese posizione: l'Inghilterra per Urbano, la Francia per Clemente, mentre la cristianità era nel casino e pensava: se nessuno sa chi sia il vero papa, a che cosa ci serve il papato?
Clemente, ad Avignone, si comportava peggio di un puttaniere, dimostrando di essere un vero papa avignonese, dopo aver già dimostrato le sue capacità di bugiardo da cardinale.

Nel 1389 Urbano, il papa che nessuno voleva, finalmente morì. I quattrodici cardinali rimasti a Roma scelsero come successore Bonifacio IX (a sinistra), un assassino e probabilmente il più grande simoniaco della storia. Era in grado di vendere tutto e vendeva tutto. Si diceva che nessuno era in grado di spremere soldi da una santificazione o una canonizzazione meglio di lui. Non capitò mai che mettesse la firma su di un documento senza farsi pagare lautamente.
Forse l'unica cosa che non fece pagare fu la scomunica di Clemente, che Clemente ricambiò immediatamente. La situazione era incasinatissima. Brigitta di Svezia venne canonizzata tre volte per essere assolutamente sicuri di averla fatta santa.
La cosa andò avanti fino al 1409 , quando in un Concilio, convocato a Pisa, vennero deposti entrambi, Gregorio XII (succeduto a Innocenzo VII, che era succeduto a Bonifacio) a Roma e Benedetto XIII (succeduto a Clemente), come eretici e scismatici. Venne nominato il cardinal Filargi di Milano, con il nome di Alessandro V°. Naturalmente ne Gregorio ne Benedetto furono d'accordo e così, invece di due papi, adesso ce n'erano tre.
Qualcuno suggerì di dividere la triplice tiara in tre parti, qualcun altro di cambiare il "credo" come segue: "CREDO IN TRE SANTE CHIESE CATTOLICHE" . L'unica certezza che uscì dal Concilio di Pisa era che il papa nominato non era il vero papa. Comunque ora c'erano TRE infallibili papi, tutti invocanti la suprema autorità sulla Chiesa, tutti scomunicanti solennemente gli altri due e tutti minacciando di convocare un Concilio in tre posti diversi.

A questo punto (1410 ca.) i personaggi del dramma erano:
Angelo Corrario, Gregorio XII, veneziano di circa novant'anni, scelto dai romani perché "troppo vecchio per essere corrotto": Il papa provvide a smentirli immediatamente impegnando la sua tiara per pagare i debiti di gioco e vendendo tutto quello che poteva. Sia quello che c'era sia quello che non c'era, arrivando a vendere Roma al Re di Napoli.
Pietro di Luna, isterico spagnolo nominato dagli avignonesi. Era quello che contava meno, in quanto abbandonato anche dal Re di Francia. Prestò se ne tornò in Spagna, dove scomunicò tutti, l'intera Chiesa ed i fedeli, sostenendo fino all'ultimo di essere il vero papa.
Baldassarre Cossa, Giovanni XXIII, un soave cardinale che era succeduto ad Alessandro V e rappresentava l' obbedienza pisana .Si riteneva che non si fosse mai confessato e comunicato, che non credesse nell'immortalità dell'anima e nella risurrezione della carne e qualcuno riteneva che non credesse in Dio. Era conosciuto per essere un ex-pirata, un avvelenatore (il povero Filargi), uccisore di massa, fornicatore assoluto con una predilezione per le suore, adultero su scala fino ad allora sconosciuta, simoniaco per eccellenza, ricattatore, magnaccia e maestro di trucchi sporchi.
All'epoca della sua elezione era un diacono. Venne ordinato prete un giorno e fatto papa il giorno dopo.
Quando fu eletto un altro Giovanni XXIII, nel 1958, molte cattedrali cattoliche dovettero rimuovere il Giovanni XXIII del XV secolo dalle loro liste di papi.

Nel quindicesimo secolo non una voce si levava in difesa del papato e, con uomini come Francesco della Rovere sul trono, non è difficile immaginare perché.
Francesco divenne Sisto IV (a sinistra) nel 1471. Aveva diversi figli, chiamati, secondo il costume dell'epoca, "i nipoti del papa". Sisto concesse a tre nipoti ed ad altri sei parenti il cappello cardinalizio. Tra i vari beneficiari c'era anche Giuliano della Rovere, futuro Giulio II.
Il favorito di Sisto era Pietro Riario, che lo storico Theodor Griesinger ritiene fosse figlio suo e della sorella. Di sicuro il neo papa dimostrava un'allarmante affetto per il ragazzo. Tanto da nominarlo vescovo di Treviso, cardinale arcivescovo di Siviglia, patriarca di Costantinopoli, arcivescovo di Valencia e, da ultimo, arcivescovo di Firenze (dove risiedevano i suoi mortali nemici: I de Medici)
Fino a quel momento Pietro, che era stato un semplice francescano, ogni anno cuoceva il proprio unico saio per eliminare i parassiti.
Diventato cardinale cambiò radicalmente. Si trasformò in uno spendaccione su larga scala, in un donnaiolo, che manteneva amanti nella ricchezza più sfrenata, tanto da far preoccupare persino i diaristi dell'epoca. Morì giovane completamente scoppiato dai vizi.

Opera di Sisto fu la cappella che porta il suo nome (Cappella Sistina), nella quale attualmente avvengono tutte le elezioni papali. Da ricordare il fatto che la predetta Cappella Sistina ne ha viste di tutti i colori: dai cardinali che bivaccavano, si pestavano e si intrattenevano sino ai cavalli di Napoleone, che la utilizzò come stalla.
Sisto fu anche il primo papa a concedere una licenza "legale" ai bordelli di Roma, che gli portavano trentamila ducati all'anno in imposte, ed a concedere ai preti di tenersi una compagna contro pagamento di un'apposita tassa. Un'altra fonte di guadagno era quella rinveniente dai permessi concessi ai ricchi di consolare certe signore in assenza dei mariti. Ma era nel campo delle indulgenze che Sisto mostrò tutto il suo genio: egli fu infatti il primo che pensò di poterle liberamente applicare ai morti. Questo costituì una illimitata fonte di guadagno alla quale nessuno dei suoi predecessori, neanche i più avidi, aveva mai pensato.
La cosa aveva implicazioni teologiche straordinarie perché il papa, creatura di carne e sangue, affermava di avere potere nella regione della morte. Anime tormentate per il loro peccaminoso comportamento da viventi, potevano ora essere liberate dai tormenti del Purgatorio sulla sola parola del papa, posto che i loro affezionati e religiosi familiari pagassero la giusta mercede. Chi si sarebbe rifiutato di compiere un atto di carità cristiana verso le persone amate? Padri, mariti, amanti, parenti, tutti cercavano di tirare fuori dal purgatorio i loro cari spendendo quanto necessario.

Con la minaccia e la descrizione di luoghi orribili (il purgatorio era rappresentato come luogo di sofferenza) tutti erano indotti a credere che il perdono papale avrebbe condotto i loro cari in paradiso. Il potenziale di corruzione era enorme. In precedenza buona parte del reddito della Curia e del papato proveniva dal commercio di reliquie, che, peraltro, non erano inesauribili anche se facilmente falsificabili. La grandezza di Sisto risiede nel suo essere riuscito a scovare un bene assolutamente illimitato e non consumabile, il cui prezzo poteva essere adattato a tutte le borse e che non costava assolutamente nulla. Ai fedeli non era richiesto pentimento, preghiera o altro, solo il pagamento del controvalore (adattabile alle possibilità di ciascuno).
L'invenzione del Purgatorio, del quale non esiste citazione alcuna nelle scritture sacre, era elemento sostanziale di questo fruttuosissimo commercio papale. La semplice riflessione che se il papa può liberare un anima per denaro, la può ben liberare anche senza denaro, se ne può liberare una , le può anche liberare tutte e , se non lo fa, è un mostro tiranno - come giustamente rilevò Simon Fish (A Supplicacyion for the Beggars- 1529) , pareva non venire eseguita da alcuno.
Tanto per peggiorare le cose,come già detto, nel 1478 Sisto pubblicò anche la Bolla che istituiva l'Inquisizione nella Castiglia. Nel 1482 duemila eretici furono bruciati nella sola Andalusia.

Sisto morì nel 1484 e qualcuno disse, dato il temperamento guerrafondaio dimostrato dal papa, che era stato ucciso dalla pace.
Il suo successore, Innocenzo VIII (a sinistra), provvide ad emettere la Bolla Spagnola contro gli ebrei, che , secondo quanto detto da "Il Dizionario Cattolico" provvide a fornire lavoro all'Inquisizione per secoli. Malgrado le richieste crescenti decise di non fare nulla contro il concubinaggio del clero, tanto che qualcuno, ironizzando, scrisse:"Sua Santità si alza la mattina dal suo letto di puttane per aprire e chiudere i cancelli del Purgatorio e del Paradiso". In punto di morte sembra abbia fatto sperimentare su di sè (dal suo medico ebreo, che lui credeva avesse magici poteri) la trasfusione del sangue di tre giovani (tutti morti inutilmente, anche se lautamente pagati "da vivi", perché appena morti Burchard, suo segretario, si riprese i denari). Ma non eravamo ancora arrivati in fondo all'abisso.
Si ritiene che il catalano Rogrigo Borgia abbia commesso il suo primo omicidio quando aveva dodici anni, uccidendo a pugnalate un coetaneo. Non sembra avesse alcuna riservatezza nemmeno per quanto riguarda le faccende amorose, ma, sfortunatissimo, suo zio era il pontefice Callisto III, che provvide, nel 1456, a nominarlo arcivescovo di Valencia, la più importante diocesi spagnola.
Rodrigo era già famoso per fare sesso indifferentemente con una signora e le sue due bellissime figlie (una delle quali era la sua amata Vanozza Cattanei)
Richiamato a Roma per diventare cardinale, a ventisei anni, e vice cancelliere della Chiesa un anno dopo, non potendo sostenere il dispiacere dalla lontananza dalle sue amanti le sistemò a Venezia.

Alla morte dello zio il nuovo papa, Pio II, gli ruppe un poco le balle ironizzando sul fatto che "gli si addiceva non aver altro in testa che piaceri voluttuosi", ma , nel complesso, Rodrigo superò il regno di ben quattro papi, riuscendo a farsi eleggere nel 1492 con il nome di Alessandro VI (a sinistra), dimenticandosi tra l'altro che Alessandro V era stato inserito tra gli antipapi e quindi ufficialmente "non esisteva".
Nella lotta per l'elezione venne spesa una vera fortuna. Sul della Rovere erano stati impegnati 200.000 ducati dalla Francia e 100.000 da Genova, ma il Borgia , pur spendendo fino all'ultimo quattrino riuscì a prevalere.
Si dice che dopo l'elezione, Giovanni de Medici abbia detto al Cardinal Cibo:"Ora siamo nelle grinfie del lupo più selvaggio che il mondo abbia mai visto. O scappiamo o lui, senza dubbio alcuno, ci divorerà.". Il cardinal della Rovere fuggì immediatamente, per ritornare solo dieci anni dopo, quando il Borgia era già morto.
Del Borgia si sa quasi tutto, delle sue amanti, dei suoi molti figli (quasi tutti regolarmente riconosciuti, bisogna dirlo), della sospettata relazione con sua figlia Lucrezia e del feroce e crudelissimo Cesare, modello del Machiavelli per "il Principe".
Sembra che Alessandro avesse intenzione di condurre Cesare fino al papato, con le varie nomine a vescovo, a cardinale e con le ripetute Bolle emanate al fine di regolarizzarne la posizione pubblica.
Ma Cesare doveva essere troppo anche per il padre, tanto che sembra che anche la morte di Alessandro conseguisse ad un erroneo tentativo di avvelenamento (erroneo perché non diretto al padre) che Cesare sbagliò. 

Gli anni del papato del Borgia, a rileggerne la sequenza e gli eventi che si verificarono nel loro corso, hanno un qualcosa di estremo, di "off limits" , del genere di quell'orologio che pubblicizzano in tv. Tutto era portato all'eccesso: gli omicidi, gli avvelenamenti, le orge, i rapporti incestuosi, la sifilide e le malattie veneree, i mariti ammazzati perché inutili o fastidiosi. Insomma un mondo di viziosi violenti dei quali Rodrigo non era certamente il peggiore.
Le questioni politiche di potere condizionavano poi anche la pubblica verità, come quando per poter far risposare Lucrezia (per ragioni politiche) Alessandro cercò di far annullare il precedente matrimonio con Giovanni Sforza per "matrimonio non consumato per impotenza del marito". Tutta Roma ne rise per mesi dato che lo Sforza rifiutò di cooperare, affermando la consumazione abbondante, la sua virilità ed offrendo anche pubbliche dimostrazioni, mentre Lucrezia era conosciuta come "la più gran puttana che Roma abbia mai conosciuto".
La morte di Alessandro per avvelenamento fu orrenda ed il cadavere fu descritto dall'ambasciatore Giustiniani, veneziano, "come il più orribile, mostruoso e brutto corpo morto che si sia mai visto, senza ogni forma o apparenza di umanità". Qualche ora dopo la morte il corpo esplose vapori sulfurei da tutti gli orifizi ed era tanto puzzolente che fu difficile trovare qualcuno che lo mettesse nella bara e lo trasportasse in San Pietro, da dove, peraltro, fu espulso nel 1610 (ora è deposto nella Chiesa Spagnola di Via di Monserrato).


venerdì 17 dicembre 2010

LA VERGOGNOSA STORIA NASCOSTA DI ALCUNI PAPI - seconda parte


In generale gli storici non sono stati benevoli verso l'Inquisizione. Lea, un Quacchero che occupò molti anni della vita a studiare l'inquisizione, parla di un "infinita serie di atrocità". Lord Acton, cattolico, asserisce che l'Inquisizione non è mai stata a corto di "uccisioni religiose....Il principio alla base dell'inquisizione era micidiale". E, per quanto riguarda i papi, "Essi erano non solo omicidi in grande stile, ma avevano fatto dell'assassinio una base legale della Chiesa Cristiana e una condizione per la "salvezza"".
Persino dopo la Seconda Guerra Mondiale, G.G. Coulton era in grado di dire che l'Inquisizione era responsabile per "le più elaborate, diffuse e continue barbarie legali che si possano ricordare nel corso di tutta la storia civilizzata". Nulla che gli Imperatori Romani abbiano fatto ai cristiani può essere paragonato per quantità, qualità e durata temporale con la sistematica malvagità dell'Inquisizione.
L'occultista egiziano, Rollo Ahmed, nel suo "The Black Art" (1971) descrive l'Inquisizione come la "più impietosa e feroce istituzione che il mondo abbia mai conosciuto...Le atrocità che l'Inquisizione commise costituiscono la più blasfema ironia nella storia religiosa, disonorando la Chiesa Cattolica con la morte di vittime innocenti che venivano bruciate al fine di eludere la massima "Ecclesia non novit sanguinem" (la Chiesa non sparge sangue).

R.R.Madden fornisce una testimonianza diretta della sua visita ad Avignone nel suo libro "Galileo e l'Inquisizione", con la orribile descrizione delle camere di tortura, di giudizio, delle celle e della struttura generale delle operazioni. La sua opinione sulla possibilità da parte di un accusato di sopportare la procedura inquisitoria è netta ed assolutamente negativa. La sua descrizione del "forno", all'interno del quale venivano incatenati ad appositi anelli i condannati al fine di essere "bruciati vivi", è pianamente drammatica, completa dell'orribile particolare delle camice inzuppate di zolfo che venivano fatte indossare alle vittime affinché bruciassero meglio.
Ai piani superiori (del palazzo dei papi ad Avignone) pontefici come Giovanni XXII (a sinistra), ammassavano una fortuna sfruttando poveri disgraziati, vendendo beni della chiesa, commerciando in indulgenze e dispense papali. Altri papi, come Clemente VI, si stravaccavano nudi, tra lenzuola di lino bordate di ermellino, insieme alle loro molte amanti. Nei piani sottostanti (i fondi) innumerevoli vittime, anch'esse nude, urlavano in agonia mentre venivano torturate e bruciate, qualche volta solo per aver mangiato carne durante la quaresima.
Madden, che era accompagnato nella visita da un amico, un pastore Battista, si sentì chiedere all'uscita:"Bene, Madden, cosa pensi della tua religione, ora?". Madden dice di averci pensato molto prima di rispondere." Sono convinto, Wire, che essa deve essere la vera religione, perché se non avesse avuto dentro di se un vitale e divino principio non avrebbe mai potuto sopravvivere ai crimini che sono stati commessi in suo nome".

Uno storico cattolico disse "sarebbe meglio essere ateo piuttosto che credere al Dio dell'Inquisizione". Un'altro precisò che lo stesso Gesù avrebbe sofferto e sarebbe stato giustiziato per mano degli inquisitori dei papi. Egli (Gesù) parlava con gli eretici (la donna Samaritana) pranzava con Pubblicani e prostitute, attaccava ministri del tempio, scribi e Farisei, e violò anche il sabato cogliendo e mangiando grano quando era affamato.
Non appare quindi sorprendente che la "Casa sull'Angolo" del papa sia tutt'ora funzionante. Il cardinal Ratzinger, o chi per esso, telefona ad un prete in California, in Canada o in Australia, ordinandogli di eliminare le sue ricerche sull'opinione dei vescovi in relazione al celibato del clero o sulle percentuali di fedeli favorevoli alla contraccezione. Teologi vengono scacciati e licenziati dai loro posti di lavoro, preti vengono sospesi dalla loro attività ecclesiatica, solo per aver manifestato il loro dissenso in relazione ad insegnamenti "non infallibili".
All'assurdo massacro degli eretici si devono poi aggiungere altre due categorie di soggetti, duramente perseguitate dalla Chiesa: le streghe e gli Ebrei.
Nel caso delle streghe non desidero discettare sulle improbabili accuse, impossibili responsabilità e ridicoli malefici che venivano addebitati agli imputati, mi limiterò a dire che Gregorio IX diede il via ad un inondazione di follia collettiva che sembrò quasi travolgere la realtà oggettiva.

La descrizione delle operazioni messe in atto dal sadico prete Conrad, uno dei capi informatori/inquisitori di papa Gregorio, supera ogni possibile immaginazione.
Centinaia di morti torturati e bruciati testimoniano la pazzia della Chiesa. Morti che a volte, come i Templari, educati al coraggio ed alla fede, non erano tuttavia in grado di resistere alle spaventose sofferenze. (uno di essi disse:"ammetterei con gioia di aver ucciso Dio, se tutto questo mi venisse risparmiato").
Le confessioni si moltiplicarono e divennero sempre più estrose e complesse (avrei voluto vedere il contrario!). Pur di evitare ulteriori sofferenze gli accusati cercavano di compiacere gli inquisitori con sempre più elaborate fantasie (sesso con il Diavolo, figli con lui, voli notturni, malefici, l'Anticristo sta per giungere, trasformazioni in lupi, civette, gufi, gatti, etc. etc.). E le confessioni diedero la stura a nuove escalations dell'orrore.
La Bolla di Innocenzo VIII (a sinistra) del dicembre 1484 "Summis desiderantes affectibus" sembra stimolare ulteriormente questa progressione, con il rendere parte integrante della fede cristiana i blateramenti di vecchie malandate urlati sotto tortura. Essa recita: Uomini e donne allontanandosi dalla fede Cattolica si sono abbandonati ai diavoli, incubi e succubi, e per mezzo di incantesimi, sortilegi, congiure ed altre maledetti peccati, hanno sgozzato infanti ancora nel grembo della madre, vitellini, bestiame, hanno fatto appassire i raccolti, reso uomini impotenti e donne sterili, hanno fatto sì che i mariti non potessero andare con le mogli e le mogli non potessero ricevere i loro mariti" . Dal 1484 chiunque dubitasse o negasse la stregoneria , fosse vescovo o teologo, doveva essere classificato come un eretico e pagare il relativo scotto.

Innocenzo conferì la suprema autorità sulla supervisione di questo massacro ai domenicani Kramer e Sprenger (conosciuti come gli Apostoli del Rosario) , che scrissero congiuntamente il "Malleus Maleficarum" nel 1486. Il libro che, secondo alcuni storici, produsse più morte e miseria di qualsiasi altro.
Il libro è noto e, se non si trattasse di un opera che ha avuto un impatto micidiale, la lettura di alcune sue parti costiturebbe una fonte di sarcasmo per le complicate operazioni che il Diavolo è costretto a compiere per raggiungere i suoi fini.
Questo testo, basilare per gli investigatori, ebbe il suo seguito in molti altri volumi, scritti da molteplici mitomani imbecilli come Boguet (Discorsi sulla stregoneria), ma in nessun caso i cacciatori di streghe sembrano essersi resi conto che erano loro medesimi a creare le streghe.
Alle presunte, ipotetiche, cerimonie stregonesche la Chiesa oppose sue personali forme di magia, quali acqua santa, candele benedette, campane, medaglie, rosari, reliquie, esorcismi e sacramenti, ma nonostante tutte queste armi "divine", essa sembrava perdere la guerra. Più torturava, bruciava ed uccideva, più c'erano streghe e fattucchiere. In letteratura vengono riportati casi di località nelle quali il numero delle streghe superava del doppio quello delle persone "normali". Interi paesi vennero spopolati, bruciandone gli abitanti.

Naturalmente la stregoneria c'è sempre stata, anche prima del cristianesimo. A volte identificata con le religioni naturali, a volte con pratiche di erboristeria o sciamaniche. Ma il papato ha contribuito con una serie di Bolle e di encicliche che non trovavano alcuna rispondenza nei dieci secoli precedenti e la giustificazione teologica fornita dagli inquisitori era che la "vecchia" razza di streghe (non pericolosa e quasi innocua) si era estinta ed era stata sostituita da una nuova razza più forte e più potente, la lotta alla quale giustificava procedure che, prima di Innocenzo VIII, sarebbero state considerate contrarie alla natura stessa della Fede.
Papi come Alessandro VI (a sinistra), Leone X, Giulio II, Adriano VI contribuirono con il loro succoso apporto, stabilendo "infallibilmente" l'esistenza delle streghe. Ancora nel 1623 Gregorio XVI decretava che chiunque avesse fatto un patto con il diavolo doveva subire la prigione a vita.
Improvvisamente, nel 1657, senza preavviso o spiegazione, la Romana Inquisizione stabilì che i processi fatti sino ad allora non erano stati gestiti correttamente. Gli inquisitori avevano sbagliato applicando continuamente la tortura e ponendo in essere altre irregolarità. Non ci fu una parola di scusa o una precisazione sul ruolo papale in questa orrenda buffonata. E non una parola di rimorso sulle migliaia che morirono in questo periodo d'incubo ( tanto per citare qualche cifra limitata alla "stregoneria":1278 vengono impiccati a Londra 267 ebrei accusati di omicidi rituali contro i cattolici;1416, arse 300 donne nel Comasco per ordine dell'Inquisizione; 1485, giustiziate 49 persone a Guadalupe per ordine Inquisizione; 1485, bruciate a Bormio 41 donne per ordine dell'inquisizione; 1505, uccise 14 donne a Cavalese su ordine del vicario del vescovo di Trento; 1507, bruciate 30 persone a Logrono [Spagna] per ordine dell'Inquisizione; 1514, altre 30 donne vengono bruciate a Bormio per ordine dell'Inquisizione; 1518, bruciate 80 donne in Valcamonica per ordine Inquisizione; 1562, bruciate 300 persone a Oppenau [Germania]; 1562, bruciate 63 donne a Wiesemberg [Germania] e 54 persone a Obermachtal [Germania] su ordine Inquisizione; 1680 bruciati 20 ebrei a Madrid su ordine Inquisizione, e sono solo alcuni episodi "sporadici").

Prima di parlare della persecuzione degli Ebrei, mi permetto ancora di ricordare lo strano e doloroso collegamento tra Sabba delle streghe (che iniziava il venerdì sera) ed il sabato ebreo, collegamento rilevato o operato abilmente dagli inquisitori fin dall'inizio della loro caccia. E questo fa pensare ancora di più.
Mi scuso di essermi perso dietro alla questione delle odierne scuse ecclesiastiche, fino ad arrivare a streghe, eretici e Galileo, di cui però parlerò presto.
Per il momento torno indietro al 1294, anno in cui Benedetto Gaetani venne incoronato papa Bonifacio VIII (a sinistra).
Iacopone da Todi, il poeta che scrisse il famoso "Stabat Mater", bellissimo inno ecclesiastico, commentò che nessun nome era più inadatto di quello: Benedetto non esibiva affatto una "buona faccia" (Bona Facies/Bonifacio).
Molto alto e duro, egli aveva, a ottant'anni, gli occhi più freddi che si siano mai visti in un uomo. Il cardinal Llanduff disse di lui:"E' tutto lingua ed occhi, il resto di lui è completamente corrotto". Rifiutava udienze per personali antipatie e ridicolizzava disgraziati con difetti fisici o intellettuali. Aveva improvvisi attacchi di furore che scaricava su chiunque avesse vicino. F.M.Powicke lo definì così:"Era ammirato da molti, temuto da tutti, amato da nessuno".
Era calvo, con le orecchie a ventola su di volto incendiato dall'arroganza di colui che sa di non avere eguali. "Il seno del Romano pontefice - egli disse - è la fonte ed lo scrigno di ogni legge. Questa è la ragione per la quale la cieca obbedienza alla sua autorità è essenziale per la salvezza".
Nel Giubileo del 1300 dicono di averlo sorpreso seduto sul trono di Costantino mentre ripeteva incessantemente:"Io sono il pontefice, io sono l'imperatore."
I suoi abiti erano i più costosi, ornati di gemme e pellicce. Quando parlava, sputacchiava attraverso il largo spazio interdentario lasciato da due denti mancanti nella mascella superiore. Il suo predecessore, Celestino V aveva detto di lui:" Tu ti sei insinuato sul trono come una volpe, regnerai come un leone e morirai come un cane".

Pochi papi sono riusciti ad arricchire la propria famiglia come Bonifacio. Un diplomatico Spagnolo affermò:"Questo papa si preoccupa solo di tre cose:una lunga vita, una ricca vita, una ben arricchita famiglia intorno a lui." Conosciuto come "Magnanimus Peccator" , non perse tempo a nominare cardinali tre suoi nipoti ed a farli ricchissimi con terreni e proprietà. Secondo Dante questa "bestia" mutò la tomba di San Pietro in una fogna.
Un libertino se ce n'è mai stato uno, tenne una volta come amanti, contemporaneamente, una donna sposata e la figlia di questa. Una delle sue battute sembra essere stata:"Fare del sesso è come sfregarsi le mani". Invecchiando diede sempre più spazio al suo secondo hobby, quello di fare soldi. Il Medico spagnolo che gli salvò la vita divenne il "secondo" uomo più odiato di tutta Roma.
L'unica preoccupazione che lo tormentava era il pensiero che tutti credevano che avesse convinto con l'inganno il suo predecessore a dare le dimissioni. Si tratta di una delle storie più strane e curiose di tutta la storia della Chiesa e cominciò alla morte di Niccolò IV, nel 1292. Nel Conclave tenutosi subito dopo a Perugia gli undici elettori non riuscirono ad accordarsi, divisi tra il Colonna e l'Orsini.
Benedetto Gaetani se ne stette in disparte, senza partecipare alla disputa. Dopo due anni di temporeggiamenti egli dichiarò di aver ricevuto una lettera da un santo eremita , Pietro da Morrone, che abitava in una caverna in Abruzzo. Chiese quindi di offrire finalmente alla Chiesa un papa santo e propose di fare papa Pietro. Una comitiva di cardinali si recò in Abruzzo, guidata da Pietro Colonna, e, tra la puzza di santità del luogo (doveva essere un bel fetore, quello di uno che non si lavava e non si cambiava mai d'abito), conferì il papato al sant'uomo. Pietro di Morrore accettò prendendo il nome di Celestino V. Non volendo risiedere a Roma che giudicava licenziosissima, stabilì la sua Sede Santa a Napoli.

Gaetani, con la scusa di metterlo più a suo agio, gli costruì all'interno del Castello Nuovo una celletta di legno nella quale, come disse un suo contemporaneo, il papa si nascondeva come "un fagiano nel sottobosco".Non capiva un tubo di politica, non parlava il latino e ,quando doveva spostarsi, o andava a piedi o a dorso di mulo.
I cardinali si resero conto subito del loro errore: Celestino oltretutto donava ai poveri e non aveva nessuna sensibilità verso la simonia. In poco tempo avrebbe mandato la Chiesa in fallimento.
Non sapendo che cosa fare si rivolsero al Cardinal Gaetani che provvide subito a fare un buco nel muro della cella del papa e ad infilarci una sorta di megafono.
Notte dopo notte tormentò il papa:"Celestino...., Celestino...,lascia il tuo incarico....è un peso troppo grande per te".
Dopo diverse notti di questa sorta di ipnosi subliminale posta in essere, secondo Celestino, dallo Spirito Santo, l'ingenuo monaco decise di abdicare, dopo appena quindici settimane di papato.
("ab hoc ferunt deceptum Cælestinum voce tamquam cœlitus missa per cannam ad eum factam, ut defereret pontificatum et Bonifacium institueret" da Summa omnium conciliorum et pontificum, 1691, Lugduni)
Naturalmente Gaetani , a questo punto, pretese il papato... e lo ottenne.
Nominato nel dicembre 1294 rinchiuse, per sicurezza e tranquillità personale, Celestino nel Castello di Fumone, dove il vecchio eremita morì pochi mesi dopo.
Purtroppo per Bonifacio la famiglia Colonna venne a sapere come Bonifacio aveva ingannato Celestino e, per tutto il periodo del suo papato, Bonifacio visse nell'incubo che venisse messa in discussione la sua nomina.

Con i cardinali Colonna ci furono anche scontri militari e, ad un certo punto, Bonifacio riuscì anche ad estrometterli dal collegio cardinalizio.
Vinta questa battaglia Bonifacio decise di distruggere anche l'ultimo rifugio dei Colonna, suoi nemici mortali, e fece radere al suolo la bellissima cittadina di Palestrina ed uccidere tutti gli abitanti che non erano riusciti a fuggire (nei rapporti si parla di seimila morti).Venne distrutto tutto. Il palazzo di Giulio Cesare, i mosaici antichi e preziosi, il tempio della Vergine Maria in marmi preziosi. Solo la cattedrale venne risparmiata.
Per quest'atto mostruoso, compiuto nella primavera del 1299, Dante lo seppellì nell'ottavo cerchio dell'inferno.
Circa tre anni dopo, in seguito alla disputa con Filippo di Francia (il Bello) , già colpito da interdetti e anatemi vari (conseguenti alla Bolla "Clericis Laicos", nella quale si scomunicava qualunque religioso che pagasse alcunché ad un laico, fosse pure re o imperatore), Bonifacio decise di emettere un'altra Bolla, che in seguito molti avrebbero preferito non avesse mai scritto: "Unam Sanctam" che, tra le altre cose, affermava "Esiste soltanto una santa, cattolica e apostolica chiesa, fuori della quale non esiste salvezza o remissione dei peccati...Colui che nega che la spada temporale è nel potere di Pietro interpreta erroneamente le parole del Signore:"rimetti la tua spada nel fodero".Entrambe le spade, la spirituale e la temporale, sono nella potestà della Chiesa.
Quella spirituale è brandita dalla Chiesa, quella temporale per la Chiesa. La prima per mano dei preti; la seconda per mano dei re e dei principi secondo il volere e la tolleranza del prete. Una spada deve sottostare all'altra; la materiale sotto la spirituale, così come l'autorità temporale è in generale sotto quella spirituale.....Il potere spirituale deve decidere sul potere terreno e giudicare se sia buono o meno. Come disse Geremia: Guarda, io ti ho messo sopra tutte le nazioni e i regni." Come ultima pennellata aggiunse:"Noi dichiariamo, annunciamo e stabiliamo che è senza dubbio necessario per la salvezza di ogni creatura assoggettarsi al Romano Pontefice".
Uno dei consiglieri del re di Francia commentò:"La spada del papa è fatta di parole, quella del mio padrone è d'acciaio."

Il re diede incarico a Nogaret di fare tutto il necessario per deporre il papa, cosa che Nogaret fece con abilità ed astuzia. Un anno dopo, riunite le sue forze con quelle di Sciarra Colonna e corrotti alcuni guardiani , conquistava d'un colpo e all'improvviso Anagni, roccaforte del papa, che tutto si aspettava meno questo. Pestato e denudato, mentre ripeteva attendendo la morte da Sciarra "ec le col, ec le cape (ecco il mio collo, ecco la mia testa), fu salvato dall'intervento di Nogaret che aveva incarico di portarlo a Lione.
Dopo alcuni giorni di tormento i cittadini di Anagni si ribellarono, temendo di essere colpiti dall'anatema papale e di poter fare la fine di Palestrina, e cacciarono Sciarra e Nogaret, rilasciando il pontefice dalla sua prigionia. Purtroppo (o meglio, per fortuna!) l'uomo era completamente sconvolto e trascorreva il suo tempo sbattendo la testa contro il muro. Secondo quanto riportato morì poco dopo (trentacinque giorni) asserragliato nella sua stanza nel Laterano e solo come un cane ("morieris ut canis" era stata la profezia di Celestino).
(Dalla profezia derivò la breve frase con cui Bonifacio veniva definito: intravit ut volpes, regnavit ut lupus, mortuus est ut canis, ibid.)
La curiosità finale della storia della "Bestia Nera" di Dante, papa eretico, mondano, assassino, etc, etc., è che quando nel 1605 la sua tomba fu spostata ( per completare la nuova Basilica di San Pietro), il sarcofago si ruppe aprendosi ed il suo corpo apparve, dopo tre secoli, perfettamente intatto.
Solo le labbra ed il naso mostravano segni di danneggiamento.
Se fosse stato ammazzato da Sciarra e Nogaret avrebbe persino rischiato di essere fatto santo.

giovedì 16 dicembre 2010

LA VERGOGNOSA STORIA NASCOSTA DI ALCUNI PAPI - prima parte


Tra i fatti storici molto importanti e documentati di cui non si vuole che si parli, c'è la vergognosa storia di alcuni Papi, che hanno fatto cose che vanno oltre qualsiasi immaginazione.
Quello che segue è un estratto di uno studio di Marco Capurro.



Se si esamina la lista dei papi dopo l'880 si scopre quanto segue: nei seguenti 150 anni si succedettero 35 papi, regnanti circa quattro anni ciascuno. Anche nelle epoche precedenti esiste, più o meno, lo stesso ritmo e viene spiegato con il fatto che i papi erano normalmente scelti perché vecchi e/o infermi. Ma nel nono e decimo secolo molti dei papi eletti erano sulla trentina, molti erano ventenni. Qualcuno di essi durò due settimane, qualcuno un mese o tre mesi. Sei di essi vennero detronizzati ed un buon numero assassinati. Risulta quasi impossibile stabilire con precisione il reale numero dei papi o degli antipapi, anche perché non erano ben chiari i meccanismi "legali" di nomina o di scelta.
Quando un papa spariva nessuno poteva essere certo di cosa gli era successo. Poteva essere dappertutto e poteva essergli capitata qualsiasi cosa: assassinato, in un bordello, percosso e menomato come Stefano VIII (a sinistra), cui nel 930 tagliarono orecchie e naso, e che non mostrò più in pubblico la sua faccia. Poteva essere scappato con l'intero tesoro di S.Pietro, come Benedetto V (sotto) nel 964, fuggito a Costantinopoli dopo aver disonorato una ragazzina e riapparso, dopo aver sperperato tutto, alcuni anni dopo provocando ulteriori tumulti.
Lo storico Gerberto definì allora Benedetto "il più iniquo di tutti i mostri di empietà", ma il suo giudizio era quantomeno prematuro perché,subito dopo, il Pontefice venne sgozzato, probabilmente da un marito geloso. Il suo cadavere, accoltellato decine di volte, venne trascinato a lungo per le strade prima di essere sbattuto in una fogna.

Un papa, Stefano VI, era completamente matto. Esumò un suo predecessore corso, Papa Formoso (891-6) ben oltre nove mesi dopo la morte ed in quello che venne chiamato Il "Sinodo Cadaverico" vestì il putrefatto e puzzolente cadavere di Formoso in abiti papali, lo sistemò sul trono e lo interrogò personalmente (imm.sotto). L'accusa era di essere diventato papa senza averne il diritto; per la precisione, dato che era vescovo di un altra località non avrebbe potuto essere eletto in Roma. Secondo Stefano la cosa aveva invalidato tutti i suoi atti da pontefice e quindi anche le ordinazioni canoniche.

Giudicato colpevole il cadavere venne condannato come "antipapa", venne spogliato, subì l'amputazione di due dita (quelle con le quali impartiva la sua falsa benedizione) e buttato nel Tevere. La carcassa venne in seguito recuperata da alcuni ammiratori e/o seguaci che gli diedero una quieta sepoltura. Molto dopo il cadavere fu riportato nella sua tomba in San Pietro. Il pazzo Stefano morì strangolato, ma non si bene da chi.
I Papi uccisero e vennero uccisi, storpiarono e furono storpiati. Condussero vite che non avevano nulla in comune, almeno per quello che ci viene insegnato adesso, con il vecchio ed il nuovo testamento. Sembrano essere stati più che altro una specie particolare di hooligans.

Proprio in quest'epoca vive ed opera Marozia dei Teofilatti, figlia di Teodora, l'amante di Papa Giovanni X (914-929, a sinistra), con il quale ebbe anche un'altra figlia. Queste due donne (Marozia e Teodora) in meno di dieci anni crearono e distrussero a piacere almeno otto papi.
Gibbons suggerisce che da loro sia nata la leggenda della Papessa Giovanna, nella quale si credette per secoli, fino alla Riforma, e che racconta come essa sia morta in completo abito pontificale, dando alla luce un figlio, sulla strada che va dal Colosseo alla chiesa di San Clemente.
Voci popolari sostenevano che la sedia papale con un buco sul sedile servisse per permettere un esame ginecologico al fine di impedire che un'altra papessa salisse sul trono papale. I controlli erano accompagnati da preghiere latine. Di fatto questi rituali risultano integralmente descritti i diversi documenti medioevali.
D'altronde non era necessario essere cardinale o prete per diventare papa. Adriano V, un buon papa, non era mai stato ordinato vescovo o prete.
Ma torniamo a Marozia, origine probabile della leggenda della Papessa Giovanna. La sua entrata nella storia la fa unendosi con Sergio III (904-11), che aveva fatto fuori sia Leone V (papa per un mesetto) sia il suo usurpatore, il Cardinal Cristoforo.
Sergio III (a sinistra) aveva cominciato la sua carriera pontificale riesumando anche lui papa Formoso, allora morto da appena dieci anni, e condannandolo per eresia , come il già citato Stefano VI.
La differenza era che Sergio era stato direttamente "ordinato" da papa Formoso ed , a sensi di logica, avrebbe dovuto considerare anche se stesso altamente irregolare. Anche lui asportò delle dita a Formoso ed anche lui lo gettò nel Tevere, dopo averlo per buona misura decapitato. Ma Formoso doveva avere delle particolari qualità anche da morto, perché il suo cadavere senza testa venne trovato nella rete da un pescatore ed una volta ancora (la prima di due) riportato in S.Pietro.

Quando Marozia divenne la donna di Sergio aveva 15 anni e lui ne aveva 45. Da lui ebbe un figlio alla cui carriera si dedicò con passione. Bellissima figlia di un senatore di Roma, venne sedotta dal Papa nel palazzo Laterano. Sua madre Teodora, aveva già messo mano ad alcune nomine papali, portando il suo amante, orginariamente vescovo di Bologna, all'Arcivescovado di Ravenna e poi al Papato con il nome di Giovanni X. Marozia aveva allora 22 anni e suo figlio , il figlio di Sergio, era troppo giovane per avere aspirazioni. Papa Giovanni convinse, prudentemente, Marozia a sposare il conte Alberico, che in seguito rimase ucciso nel tentativo di impadronirsi del potere. Il Papa costrinse allora Marozia a prendersi cura del cadavere mutilato del marito, ma Marozia (che sulla vendetta doveva sapere quasi tutto), al momento della morte della madre Teodora (928), fece strangolare o soffocare il pontefice, levandoselo dai piedi.
Dopo due papi pupazzi, che durarono giusto il tempo voluto da Marozia, essa elevò al pontificato suo figlio con il nome di Giovanni XI.
Disporre di un figlio papa costituì una vera fortuna per Marozia, perchè da lui ricevette la dispensa necessaria per sposare il suo fratellastro, Ugo di Provenza, dopo averne fatto uccidere la moglie legale. ll matrimonio fu celebrato personalmente e con grande sfarzo dal Papa (e figlio) nella primavera del 932.
Poi tutto andò malissimo. Il secondogenito di Marozia, Alberico II° il giovane, con un colpo di mano si impadronì del potere in Roma, depose ed imprigionò il fratellastro, papa Giovanni XI, fino alla sua morte, e , cosa ancora più spiacevole, imprigionò per sicurezza anche la sua pericolosa madre nel terribile Mausoleo di Adriano (che sarebbe poi diventato il famoso Castel Sant'Angelo) .

Sessantenne e prigioniera, nel 955, Marozia venne a sapere che il suo pronipote Ottaviano, figlio di suo figlio Alberico (morto nel 954/5), era diventato papa con il nome di Giovanni XII (a sinistra) nell'inverno del 955, inaugurando anche la moda di cambiare nome al momento dell'elezione a papa.
Giovanni XII, diventato papa a circa sedici anni, fu un papa così terrificante che si raccontava in giro lui avesse inventato peccati sino ad allora sconosciuti, compreso l'andare a letto con la propria madre e le proprie sorelle.
Nel palazzo Laterano manteneva un harem perenne. Si giocava le offerte dei pellegrini ed aveva una scuderia di duemila cavalli che nutriva a mandorle e fichi conditi nel vino.
Il turismo (allora fonte di grandi guadagni e formato essenzialmente da pellegrini) subì un crollo verticale e persino le donne venivano prudentemente avvisate di non avvicinarsi al papa, che era sempre in tiro ed in cerca di carne fresca. Insomma fece scoppiare un tale casino che , temendo per la sua vita fu costretto a rifugiarsi a Tivoli.
Avvisato della faccenda Otto di Sassonia (incoronato imperatore nel 961), preoccupato per gli affari dell'impero, impose al giovanotto di ritornare subito a Roma a fare il suo dovere.
Il vescovo di Cremona, in un sinodo appositamente convocato, ci lasciò un preciso elenco delle accuse portate al papa: il papa diceva messa senza comunione; ordinava i diaconi nelle stalle; faceva pagare le nomine religiose (simonia); faceva sesso con un lungo elenco di signore, compresa l'amante di suo padre e sua nipote; aveva accecato il suo consigliere spirituale e castrato un cardinale , provocandone la morte.

Otto scrisse al papa una lettera che rappresenta, per l'epoca, una vera curiosità: "Tutti quanti, religiosi e laici, accusano Voi, Santità, di omicidio, spergiuro, sacrilegio, incesto con le vostre parenti, comprese due vostre sorelle, e di aver invocato, come un pagano, Giove, Venere ed altri demoni".
Giovanni rispose dettando una lettera (non aveva grande familiarità con le lettere) nella quale avvisava i vescovi che, se loro lo spodestavano, li avrebbe scomunicati tutti, impedendo loro di impartire sacramenti, etc.etc., poi saltò a cavallo e se ne andò a caccia.
Ritornato Otto in Sassonia (si era stufato di attendere i comodi del pontefice, peraltro sino ad allora stabilmente richiuso a Tivoli), Papa Giovanni rientrò, con un armata fornitagli dai parenti, in Roma e si riprese il pontificato. A Roma procedette subito a far storpiare o uccidere tutti coloro che avevano contribuito al suo breve esilio.
Morì ad appena 24 anni, ucciso da un marito geloso che lo aveva colto sul fatto con sua moglie ("in flagrante delicto"). I Romani, sempre spiritosi, dissero che almeno era stato fortunato a morire in un letto, anche se si trattava del letto di qualcun altro.
Bellarmino (il cardinale) disse di lui "Fuerit fieri omnium deterrimus" (il peggiore di tutti (i papi)).


Con il mostruoso Giovanni XII fuori gioco i Romani scelsero come successore Benedetto V (a quell'epoca erano popolo e clero a fare la scelta del papa).
Otto (Ottone di Germania) però s'incazzò moltissimo. "Nessuno può essere papa senza il consenso dell'imperatore" disse "questo è come è sempre stato."
La sua scelta cadde su tale Leone VIII.
Il cardinal Baronio, nella sua storia della Chiesa, sostiene che il vero papa era Benedetto e che Leone non era altro che un antipapa, ma quello che è certo è che Benedetto si prostrò alle ginocchia di Leone, strappandosi di dosso le insegne del papato e spergiurando che Leone era il vero successore di Pietro.
Non è ben chiaro se una genuina asserzione di un papa che dichiara che lui non è il papa costituisca un'esercizio di infallibilità, ma le cose erano di certo assai confuse dal punto di vista della verità religiosa.
Morti sia Benedetto sia Leone, Otto (Ottone) mise sul trono papale Giovanni XIII (a sinistra). La scelta non sembrò essere buonissima, perché i Romani gli fecero fare le valigie in quattro e quattr'otto. Ottone, di nuovo incazzato, lo riportò, accompagnato dall'esercito, a Roma, però solo per rendersi conto che i Romani non avevano tutti i torti.

Il nuovo papa era di mostruosa crudeltà. Secondo quanto raccontato da Liutprando faceva strappare via gli occhi ai suoi avversari e passare a fil di spada chiunque lo guardasse storto (da ricordare la condanna a morte nel 965 di 24 "ribelli" romani che gli si erano opposti).
A Giovanni XIII seguì Benedetto VII, morto anche lui poco dopo per mano di un marito geloso.
Nelle cronache sincere del Cardinal Baronio si notano frequenti tracce di imbarazzo relative a questo periodo. Riferendosi a questi papi li chiama "non apostolicos sed apostaticos" e ancora "sullo scanno di Pietro siedono non uomini ma mostri con l'aspetto di uomini.....vanagloriose Messaline piene di brame carnali ed esperte in ogni forma di orrore governano Roma e prostituiscono lo Scanno di San Pietro per i loro favoriti o le loro puttane" .
Tenendo conto di quanto stabilirà in futuro il Concilio Vaticano I, le sue conclusioni sono stupefacenti: "La principale lezione di questi tempi è che la Chiesa può andare avanti benissimo senza i papi. Ciò che è vitale per la Chiesa non è il papa ma Gesù Cristo. Gesù è il capo della Chiesa e non il papa." Se l'avesse sostenuto pochi secoli dopo, Baronio sarebbe stato condannato per eresia.
Ai nostri giorni il papa è il capo della Chiesa sulla terra, vicario di Cristo e su di lui si fonda tutto l'apparato, ma a quell'epoca sia Baronio sia i Romani avrebbero riso di questa interpretazione. La sola questione che li poteva incuriosire non era "Come può il papa salvare la Chiesa?" ma "Come può il papa salvare la sua anima?".
In tutto questo tempo Marozia era rimasta chiusa in prigione così, nel 986 papa Gregorio V, venticinquenne, e suo cugino l'imperatore Ottone III, quindicenne, decisero che la povera donna ne aveva avuto abbastanza. Mandarono un vescovo ad esorcizzarla e le tolsero la scomunica. Venne assolta di tutti i suoi peccati e quindi regolarmente giustiziata.

Cinquant'anni dopo, nel 1032, morì Giovanni XIX, della casa di Tuscolo. Il Conte Alberico III pagò una fortuna per conservare il posto in famiglia e chi meglio di suo figlio Teofillatto poteva occuparlo. Sua Santità Benedetto IX (a sinistra)aveva undici anni quando, secondo Raoul Glaber, monaco di Cluny, divenne papa nel 1032.
Ancora prima di aver compiuto quattordici anni questo pontefice aveva superato tutti i predecessori in stranezze e follie.
I commenti degli osservatori dell'epoca ne parlano come di un demone o di un mostro di immoralità.
Spesso fu costretto a lasciare Roma in fretta per tema di essere ammazzato. Nel 1033 un eclisse di sole sembrò ragione sufficiente per scacciarlo, ma l'imperatore Corrado lo rimise sul seggio. Durante una sua successiva assenza, nel 1036, i romani nominarono papa Silvestro III, ma dopo cinquanta giorni il papa-bambino venne rimesso sul trono dalla sua famiglia, persuadendo Silvestro a levarsi dalle scatole.
Per amore di una donna Benedetto decise di abdicare, lasciando il papato al suo padrino Giovanni Graziano, arciprete di San Giovanni alle Porte completamente illetterato, in cambio di 700 chili d'oro, nel 1045.

Giovanni Graziano era ormai Gregorio VI quando Benedetto, ora chiamato solo Teofilatto di Tuscolo, mollato dall'amata, decise di riprendersi il papato. Così , con Silvestro ancora in giro, in quel momento c'erano tre pretendenti alla carica di papa: Silvestro in San Pietro, Benedetto sui colli Albani e Gregorio in Laterano.
Intervenne allora Enrico di Germania, convocando un sinodo a Sutria. Dietro sue istruzioni Silvestro venne giudicato un impostore, condannato allo stato laico ed a trascorrere il resto della vita in un eremo. Benedetto aveva rinunciato al suo incarico e doveva essere considerato fuori gioco, mentre a Gregorio VI° andarono molti ringraziamenti per aver liberato tutti da Silvestro e da Benedetto, ma , avendo peccato di simonia per acquistare il papato, doveva dare le dimissioni.
Così, saggiamente, nel 1046 Gregorio si adeguò al desiderio di Enrico (altrimenti ci avrebbe lasciato la pelle) e, con una pubblica confessione dei propri peccati, abdicò all'incarico papale.
Enrico nominò subito papa un certo Clemente II, dal quale si fece subito incoronare imperatore e se ne tornò in Germanio con Gregorio VI, per impedirgli di rompere ulteriormente le balle in futuro.
Quando poco dopo Clemente II morì, con anche Gregorio deceduto in Germania, Benedetto cercò di occupare di nuovo l'"incarico", ma Enrico ordinò al Conte Bonifacio di Tuscolo di farlo restare al suo posto.
Damaso II, altro successore nominato da Enrico, spirò in breve tempo, forse avvelenato da Benedetto, che però rinunciò definitivamente ad ulteriori pretese, ritirandosi nel Monastero di Grotta Ferrata, dove spirò "nella grazia di Dio".
Insomma, nel complesso, Benedetto IX diventò papa tre volte: dal 1032 al 1034 la prima, nel 1045 la seconda e dal 1047 al 1048 la terza.
Non male per un papa bambino.


L'Inquisizione Romana venne istituita da Paolo III (Alessandro Farnese) il 21 luglio 1542. Fu la prima delle Sacre Congregazioni e composta da cardinali, uno dei quali Gian Pietro Carafa, futuro Paolo IV (a sinistra), nella sua qualità di "inquisitore generale", ebbe la malsana idea di equipaggiare ,a sue spese, un'apposito edificio con tutti gli strumenti di tortura che all'epoca costituivano il massimo dell'evoluzione nel settore. "Nessun uomo" egli disse "può permettersi di tollerare gli eretici.".
Eletto papa nel 1555, il Carafa potè dare libero sfogo al suo personale fanatismo: odiava gli ebrei e li rinchiuse nei ghetti; odiava i sodomiti e li bruciò, odiava le donne e proibì loro di varcare le soglie del Vaticano. Ranke dice di lui:"Occupò la sua vita nell'inquisizione, in "autos-da-fé", in scomuniche, imprigionamenti, etc."
Già da cardinale aveva bruciato tutti i libri che non gli andavano e da papa istituì l'Indice dei libri proibiti. Sulla lista finirono opere di Erasmo, Rabelais, Boccaccio, persino Enrico VIII, i cui "Sette sacramenti" erano piaciuti moltissimo a Leone X, che in pieno Concistoro aveva sostenuto fossero un dono caduto dal Cielo.
L'ordine di Paolo III "i colpevoli ed i sospetti (di reati contro l'ortodossia e la morale) devono essere imprigionati e giudicati fino alla sentenza finale (morte)", passò a Carafa senza problema alcuno. Il papa (Paolo III) era tranquillissimo, sebbene, con le sue diverse partners (non sapevo che parola usare, visto che una l'aveva sposata prima di accedere agli ordini), i suoi figli legittimi ed illegittimi ed i regali di cariche cardinalizie ai suoi nipoti e nipotini, forse avrebbe dovuto essere uno degli oggetti dell'indagine.

I protestanti lessero con divertimento il "Consilium" finale di papa Paolo III°, che praticava materialmente proprio quanto proibiva ai fedeli.
La cosa incredibile è che Carafa, Paolo IV, si trovò nella situazione di dover mettere all'"Indice" proprio il "Consilium" del suo predecessore (che materialmente aveva compilato lui stesso). Da non dimenticare anche il fatto che al medesimo Paolo IV (quando era ancora cardinale) viene attribuita la frase "populus vult décipi, et decipiatur!", cioé "il popolo vuole essere ingannato, ed allora inganniamolo!", la qual cosa, detta da un futuro pontefice, sembra emblematica di una dose notevole di spregevole disprezzo (anche se per alcuni rappresenta un arguta valutazione pratica).
Un altro particolare umoristico riguarda il Decamerone di Giovanni Boccaccio, messo all'indice "fino a che non fosse stato ripulito".
Cosimo de'Medici, ritenendo che si trattasse di una delle più belle opere in prosa italiana, domandò al pontefice se non si potesse fare qualcosa per permetterne la diffusione e la lettura. E l'impossibile avvenne. Nel 1573 una versione censurata venne posta in commercio. Questa versione può ben essere considerata come uno dei più straordinari e raccomandabili libri "sporchi" della storia. Il censore, Vincenzo Borghini, ebbe un idea geniale: invece di tagliare qua e là, usò il semplice trucco di sostituire ogni prete o vescovo o frate che appariva nel Decamerone, con un laico. Il semplice trucco funzionò a meraviglia, ma, naturalmente, tolse poco o nulla dell'erotismo del libro.

Per il Concilio di Trento (1564, ne parlerò in seguito per altre ragioni) venne preparato un nuovo Indice e così si andò avanti per un bel pezzo.
Gli effetti della Congregazione dell'Indice, istituita nel 1571, furono devastanti per la cultura cattolica. Autori ed editori temevano per la propria vita ed il loro apporto alla scienza ed alla conoscenza non è certo stato quello che poteva essere. Persino nel campo della teologia e della ricerca religiosa, dove i censori imperversarono sulla produzione e sui documenti dei teologi che li avevano preceduti.
All'indice sono stati posti tutti i più grandi scienziati e scrittori della nostra epoca e chiunque ponesse in discussione "immutabilità" della Chiesa ed "infallibilità" del pontefice.
Solo nel 1966 Paolo VI ha ufficialmente (ufficiosamente esiste tutt'oggi) "dismesso" l'"Index".
L'inquisizione romana continuò le sue operazioni senza problemi. Nel 1814 Pio VII° riintrodusse la Sacra Inquisizione per "blasfemia, immoralità, atteggiamento irrispettoso verso la Chiesa, mancata partecipazione alle festività, abbandono della vera fede". Nel 1829 chiunque, negli Stati Pontifici, detenesse un libro scritto da un eretico doveva essere trattato come tale (imprigionato, privato dei propri beni ed ucciso).
Pio VII ha comunque il merito di aver ufficialmente proibito, nel 1816, l'uso della tortura nei tribunali dell'inquisizione (venne però utilizzata ancora per circa vent'anni) e di aver vietato i roghi.
Tuttavia, ancora nel 1856, Pio IX permetteva e favoriva "scomuniche,confische, bandi, prigione a vita e, nei casi più gravi, condanne a morte inflitte segretamente". E fino a tutto il 1870 i processi continuarono di fronte alla "Santa Consulta" con le stesse modalità: solo preti tra i giudici, mai confronti con i testimoni ( o controinterrogatori), mai avvocati difensori.

Il record dell'Inquisizione sarebbe imbarazzante per qualsiasi organizzazione, ma per la Chiesa cattolica lo è in maniera drammatica. Oggi, malgrado l'oggettiva posizione di estrema inciviltà e di assoluta intolleranza che fa parte del suo bagaglio, la Chiesa si pubblicizza come difensore della legge "naturale" e dei diritti dell'uomo. In particolare il papato vede se stesso come campione di morale (è del marzo 2000, la pubblicazione di una bozza di documento nel quale la Chiesa dovrebbe chiedere scusa (solo a Dio e senza assunzioni di altre responsabilità) per gli orrendi crimini commessi (da qualche mela marcia) nei secoli passati. Un documento di straordinaria e vergognosa ambiguità).
Quello che la storia irrefutabilmente dimostra è invece che per più di sei secoli, senza interruzioni, il papato è stato il campione dell'ingiustizia. Di circa ottanta papi, dal 13° secolo in poi, nessuno ha disapprovato impostazione teologica o inquisizione. Al contrario ognuno di loro ha aggiunto alla faccenda personali tocchi di crudeltà.
L'unica giustificazione all'"eresia" (questa sì, veramente eresia) dei papi sembra poter essere soltanto l'aver preferito di contraddire il Vangelo piuttosto che un predecessore "infallibile".
E la scusa e l'assoluzione dei papi da parte di molti storici cattolici, basata sul fatto che l'eresia costituiva un reato "civile", non sembra ragionevolmente sostenibile sia per le drastiche modifiche apportate dalla Chiesa alle procedure di giudizio e di condanna "civili" sia perché, negli Stati pontifici, la responsabilità era diretta ed assoluta. L'estensione del concetto di "eresia" a tutte le difformità nella pratica religiosa e civile, la reintroduzione della tortura nelle corti di giustizia sono di completa ed assoluta responsabilità papale ed è molto difficile levarsi questo peso di dosso.

Il cattolico De Maistre ha sostenuto , aggiungendo ipocrisia all'orrore, che la Chiesa "non ha direttamente ucciso nessuno", in quanto era pratica corrente affidare i condannati al braccio secolare per l'esecuzione. Salta subito agli occhi la vacuità del ragionamento, quando si provi ad applicarlo agli ebrei, che non uccisero alcuno (men che mai Gesù) ma lo affidarono anche loro al braccio secolare (i romani). Per questo fatto, peraltro assolutamente falso, i Giudei hanno pagato per secoli un prezzo che pochi altri popoli sono stati in grado sopportare senza scomparire in un genocidio legalizzato.
Altrettanto ridicole sono le giustificazioni e le scuse attinenti al "sitz im leben", per così dire ambientali e temporali. Persino all'epoca di Diocleziano nessuno veniva torturato ed ucciso "in nome di Gesù crocifisso".
In alcune località, come l'Inghilterra, l'inquisizione fu notevolmente più blanda, ma solo in funzione della salutare mancanza di rispetto per la Chiesa e per il saldo principio che "una persona è innocente sino a che non sia dichiarata colpevole". In sette secoli non un solo vescovo o prelato ha alzato la sua voce di protesta contro l'inquisizione. Mi vengono in mente soltanto Stefano Langton, arcivescovo di Canterbury, che si oppose ad Innocenzo III, sostenendo "La legge naturale obbliga principi e vescovi nello stesso modo; non c'è scappatoia da lei. E' persino fuori del raggio d'azione del Papa", e qualche eretico come Marsilio da Padova o Lutero o Hubmaier.
Il richiamo (per giustificarsi) agli standard dei tempi, è ancora più stridente oggi, con l'atteggiamento retrivo del Papa verso contraccezione, aborto, matrimonio dei preti, donne preti, etc.. Come ha correttamente detto un mio amico teologo: "Invece di proteggere la vita, la salute e la dignità dell'uomo, proteggiamo il suo santo sperma, che non vada perso".