Non esistono verità assolute o dogmi insindacabili. Questi sono solo strumenti concepiti per soggiogare la vostra mente

mercoledì 1 dicembre 2010

JEAN MESLIER - il curato ateo



L'UOMO - LA VITA
 
Jean Meslier e' nato nel 1664 a Mazeny (Champagne) da una famiglia benestante, mercanti di stoffe.
Adolescente, frequenta con profitto la scuola parrocchiale di Mazeny e poi la famiglia, su suggerimento del parroco, lo interna per cinque anni nel seminario di Reims.
Non era esattamente quello che il giovane avrebbe voluto ma Jean, ragazzo intelligente, tranquillo e posato, non se la sente di opporsi al desiderio dei parenti ed accetta, di buon grado, di essere avviato alla carriera ecclesiastica.

Resta pertanto in seminario per cinque anni e ne esce, nel 1689, ordinato sacerdote. Jean, che ha ora 25 anni ed un curriculum scolastico di tutto rispetto, lodato dagli insegnanti del seminario, viene subito nominato curato presso la parrocchia di Ètrèpigny e Balaives, situata nelle Ardenne (Champagne), nei pressi di Mésières.
Ci restera' per tutta la vita, sino al giorno della sua morte, avvenuta il 30 Giugno 1729, all'eta' di 65 anni. Viene sepolto nel parco del Castello di Ètrèpigny.

Quarant'anni non sono pochi ma, tutto sommato, don Jean li trascorre alquanto tranquillamente, se si escludono due episodi di poco rilievo che hanno turbato, ma non molto, la sua serena esistenza:

- appena dopo essere giunto a Ètrèpigny, alcuni parrocchiani fanno maliziosamente notare che il giovane prete si e' sistemato in canonica con una "perpetua" di appena 18 anni. Il vescovo, opportunamente informato, gli chiede conto della cosa, senza pero' darle troppo peso e, alla fine, il caso si sgonfia e la perpetua ....resta; si disse che era una di famiglia, una cugina.
- Il secondo episodio accade nel 1716. Si tratta di un battibecco con monsieur Antoine de Touly, signorotto di Ètrèpigny, uno sfruttatore privo di scrupoli della manodopera salariata locale. Il signor De Touly, ritenendosi offeso dai rimbrotti del prete, chiede l'intervento del vescovo, monsignor De Mailly, che commina a Meslier una piccola punizione ed il tutto finisce li'.

  Etrèpigny, la piccola chiesa dove Jean Meslier officiò dal 1689 al 1729.


Per il resto Meslier conduce una vita tranquilla, se non agiata, considerato che la parrocchia e' situata in una zona agricola abbastanza ricca e i parrocchiani non hanno troppi problemi a versare alla chiesa le decime allora dovute; e poi il Meslier non accampa in proposito troppe pretese.
I tre, quattro vescovi che si sono succeduti, in quel periodo, nel vescovado di Mézières, hanno sempre lodato Meslier per come esercitava il suo ministero e lo ritenevano un prete affidabile, probo e del tutto degno di fiducia. Nulla lasciava presagire lo scandalo che sarebbe scoppiato dopo la morte del parroco.


L'OPERA
Alcuni autori hanno sostenuto l'ipotesi che Jean Meslier avesse gia' maturato il suo ateismo ai tempi del seminario, cosa del tutto plausibile trattandosi di persona dotata di non comune intelligenza e di un acuto spirito critico. Costretto a studiare a fondo i testi canonici sui quali venivano formati i preti dell'epoca, avra' in seguito ben 35 anni di tempo per rimeditarli e reinterpretarli in chiave razionale, essendo la stesura del suo "testamento" iniziata nel 1724.

Ci si domanda quali letture abbia avuto la possibilita' di fare nell'ambito ristretto e circoscritto della sua parrocchia, durante i 35 anni che hanno preceduto la stesura della sua opera. Certamente conosceva, se non tutti, almeno parte dei lavori di scrittori quali Epicuro, Lucrezio, Montaigne, Malebranche, Fenelon, Spinoza, Cartesio ed altri che vengono da lui citati nel suo testo. Non e' invece chiaro se abbia avuto la possibilita' di consultare i numerosi testi anti religiosi ed atei che, all'epoca, circolavano clandestinamente e in forma manoscritta per tutta l'Europa, specialmente presso le Corti e la nobilta'. Dopo la sua morte non si e' trovato nulla nel suo studio che possa farlo supporre. E poi, bisogna tenere conto che tali testi erano costosissimi da acquistare, certamente fuori dalla portata dei mezzi finanziari di un curato di campagna.

Altra domanda che molti si sono posta e' questa: Jean Meslier era un giansenista? A tale domanda nessuno ha potuto dare una risposta soddisfacente. Se non era un giansenista certamente era al corrente delle dispute che hanno imperversato, nell'ambito della chiesa cristiana, per tutto il 1600 e sino ai primi decenni del 1700. Quasi certamente era giansenista qualche prete delle parrocchie vicine alla sua, visto che ha voluto affidare a loro le copie del suo testo, dopo la morte. (v. Giansenismo)

In effetti Jean Maslier, se si esclude la sua opera fondamentale, come uomo non ha lasciato nulla di se' che possa essere utilizzato per ricavarne una biografia men che superficiale; ha trascorso la vita nella sua parrocchia schivo di riconoscimenti, in tutta modestia ed umilta' senza alcun segno di quelle che potevano essere le sue ambizioni e i suoi desideri.

Siamo nel 1724, Meslier ha 60 anni e, cosciente che la sua vita e' ormai sulla via del tramonto, pone mano al suo testamento, affidando alle carte cio' che aveva meditato in silenzio per quasi tutta la sua esistenza: la piu' completa e spietata critica di tutte le religioni in generale e di quella cristiana in particolare. L'opera che ne risulta e' tale che lo scandalo non poteva essere piu' sensazionale.

Nessuno, in quell'epoca, aveva mai osato giungere a tanto!

Lavorando di notte, al fioco lume di una candela, Meslier mette insieme 366 fogli densi di una scrittura minuta e precisa, mettendo a nudo tutte le storture, le menzogne e le iniquita' che sono alla base delle religioni allora conosciute. Il titolo ridondante che inizia il lavoro e' del tutto esplicativo:

Memoria dei pensieri e dei sentimenti di Jean Meslier, prete, curato di Ètrèpigny e di Balaives, su una parte degli errori e degli abusi del comportamento e del governo degli uomini da cui si dimostrano in modo chiaro ed evidente le vanita' e le falsita' di tutte le divinita' e di tutte le religioni del mondo, affinche' sia diretto ai suoi parrocchiani dopo la sua morte e per essere usata da loro e da tutti i loro simili quale testimonianza di verita'.


Terminata la stesura dell'originale Meslier si rende conto che una sola copia puo' essere facilmente fatta sparire. Si arma quindi di infinita pazienza e per quasi un anno intero ricopia l'originale ottenendone altre due copie. Per queste ricopiature si stima abbia impiegato non meno di 1000 ore di lavoro, tenuto conto che la prima edizione stampata, realizzata molti anni dopo, ha dato origine ad un volume di ben 1200 pagine.

Il testamento di Meslier si articola in otto parti fondamentali:
(Le divinità) Non sono che invenzioni umane.
La fede, "credenza cieca", e' un principio di errori, di illusioni e di raggiri.
Falsita' delle presunte visioni e rivelazioni divine.
Vanita' e falsita' delle presunte profezie dell'Antico Testamento.
Errori della dottrina e della morale della religione cristiana.
La religione cristiana autorizza le prepotenze e la tirannia dei grandi.
Falsita' della presunta esistenza della divinita'.
Falsita' dell'idea della spiritualita' e dell'immortalita' dell'anima.
Ora Jean Meslier e' in pace con se stesso e attende serenamente la morte; qualcosa gli dice che non ha lavorato invano.
Quando sente prossima la sua fine prende ancora carta e penna e redige due messaggi. Il primo e' indirizzato al suo futuro successore, di cui non conosce naturalmente il nome:

Al Signor Curato ..............,
giunto a questo punto non ho piu' alcuna difficolta' a dire il vero.
Non so che cosa penserete di me ne come mi giudicherete sul perche' mi sia messo tale idea in testa e sul proponimento di realizzarla.
Probabilmente giudicherete questo mio lavoro come un atto di follia e di temerarieta'.


Il secondo messaggio, che verra' unito al primo in una stessa busta, recita:

Ai Signori Curati del vicinato,
indipendentemente dalle ragioni in base alle quali si crede o non si crede, cio' che ci insegna la nostra religione e' l'obbligo di credere in maniera assoluta.
Sono sicuro che se voi vi affidaste alla semplice natura dei vostri intelletti, vedreste chiaramente, come io ho visto, che tutte le religioni di questo mondo sono soltanto invenzioni dell'uomo e che tutto cio' che la religione insegna e vi obbliga a credere sul sovrannaturale e sul divino, alla fine non e' altro che errore, menzogna, illusione ed inganno.
Invece di inveire contro di me vi esorto ad approfondire se tutto cio' che ho scritto e' vero; se non e' vero confutatemi ma se vi ho convinti allora non esitate ad intervenire per difendere la verita' ed aiutare le genti che soffrono sotto il giogo della tirannia, dei sopprusi e delle superstizioni.
Ma visto che anch'io non ho avuto il coraggio di spingermi oltre, evitate di dichiararvi apertamente, durante la vostra esistenza, contro questi detestabili errori. Cercate per ora di stare zitti ma almeno alla fine dei vostri giorni dichiaratevi in favore della verita'.
[ . . . . . . . . . . ]
Smettetela di essere idolatri e di adorare delle fragili statuette di pasta e di adorare le statue di gesso, d'oro e d'argento.
[ . . . . . . . . . . ]
Smettete di divertirvi ad interpretare e a spiegare in senso figurato, allegorico e mistico delle scritture vuote che ritenete sacre e divine; voi date loro il senso che volete e fate loro dire tutto cio' che volete per mezzo di presunti significati spirituali e allegorici che voi create per loro, che tendete di attribuire loro, al fine di trovarci e di farci trovare delle supposte verita' che non esistono e che non sono mai esistite.
[ . . . . . . . . . . ]
Perche' manifestate disprezzo per la povera gente e minacciate condanne eterne per dei piccoli peccati invece di protestare contro le rapine pubbliche, contro le palesi ingiustizie dei governanti che depredano, calpestano, rovinano i popoli, li opprimono e sono la vera causa di tutti i mali e di tutte le miserie che prostrano le genti?
[ . . . . . . . . . . ]
Tocca a voi educare la gente, non negli errori dell'idolatria, non nella varieta' delle superstizioni, ma nella conoscenza della verita' e della giustizia, nella conoscenza di ogni virtu' e dei buoni costumi: siete pagati per questo.
[ . . . . . . . . . . ]
Per tutto il resto non mi curo di cio' che penserete di me: allora saro' morto e i morti sono fuori dalla portata dei vivi, i morti sono niente.


L'estrema prudenza di Meslier, che lo ha indotto a rendere nota la sua fatica solo dopo la morte e l'esortazione agli altri curati a non esporsi troppo, ha dei solidi motivi. Conosceva benissimo la sorte di Lefèvre bruciato vivo a Reims, di Guillaume curato di Fresnes, di Pietro Giannone e di tanti altri anticlericali messi sbrigativamente a tacere. Per quello che personalmente poteva riguardarlo si era espresso piu' che chiaramente:


Che i preti, i predicatori facciano cio' che vogliono del mio corpo; che lo squarcino, lo riducano in pezzi, lo brucino o lo arrostiscano, che lo mangino, se vorranno, in qualunque salsa; cio' non mi crea nessun particolare problema. Saro' allora interamente fuori della loro portata e nulla sara' piu' in grado di farmi paura.


LO SCANDALO
Il 30 Giugno 1729 Jean Meslier muore e il 9 Luglio seguente arriva il curato sostitutivo inviato dal vescovo, l'abate Guillotin.
L'ignaro abate prende visione dei due messaggi nonche' delle tre copie del testamento e allibisce. Non sa quale comportamento tenere. Alla fine prevale il buon senso e, visto che le volonta' di un defunto vanno sempre rispettate, convoca i curati del vicinato e li mette al corrente della situazione.
Prima di informare della cosa l'autorita' ecclesiastica, i curati decidono di prendere visione del testamento; la sua lettura comporta un certo tempo e intanto la voce si diffonde.

Che un prete, dopo quarant'anni di ministero rinneghi la propria fede, spiegandone puntigliosamente i motivi, e' una cosa enorme anche per un secolo dai costumi abbastanza rilassati, quale era il 1700.

La notizia dilaga velocemente e giunge a Parigi, alla Corte e ai circoli nobiliari destando grande scalpore e un vasto interesse e anche il desiderio di entrare in possesso, a qualunque prezzo, di almeno una copia del lavoro.
Quando il grande vicario Le Bêgue giunge sul posto per arginare lo scandalo e' ormai troppo tardi per ordinare la consueta distruzione dei testi; l'interesse pubblico e' enorme e quindi e' giocoforza scendere ad un compromesso: quello di affidare le copie del testamento agli Uffici Giudiziari di Mézières, di Rethel e di Saint Menehould dove, teoricamente, avrebbero dovuto essere occultate.

Questa decisione salvera' i manoscritti dalla distruzione e dall'oblio in quanto, presso le dette cancellerie, copisti ben retribuiti dalla nobilta' e dalla ricca borghesia, cominceranno alacremente a produrre le prime copie, matrici di molte altre, che dilagheranno in Europa, giungendo presso tutte le Corti dell'epoca, a prezzi incredibili. Si parla, ma probabilmente e' un'esagerazione, di 50 Luigi d'oro per una copia manoscritta; il prezzo piu' attendibile pare fosse 10 Luigi d'oro, comunque non poco se si tiene conto che, a quei tempi, 10 Luigi equivalevano al salario di un operaio, per 7, 8 mesi di lavoro.

DIFFUSIONE DEL TESTO
Nei primi anni seguenti la morte di Jean Meslier il Testamento, malgrado la fama che lo circonda, e' noto solo a pochi privilegiati, quelli che sono in grado di acquistare una copia manoscritta.
In seguito diventa lentamente di pubblico dominio in tutta l'Europa, sia in maniera diretta che indiretta tramite la divulgazione, in forma sintetica, fatta da Voltaire. (v. La Diffusione)

L'ESTRATTO
Di seguito viene riportato L'Estratto redatto da Voltaire sul lavoro di Jean Meslier. Occorre pero' tenere conto di alcune precisazioni:

a) Voltaire, pur apprezzando il contributo dato da Meslier al movimento di lotta anticlericale, rifiuta parte del messaggio, sopratutto per cio' che riguarda la negazione dell'esistenza di Dio.
Com'e' noto Voltaire era un deista convinto dell'esistenza di un Essere Supremo. La definizione che egli ne da' e nella quale si riconosce e' la seguente:

Il deista (Théiste) e' un uomo fermamente persuaso dell'esistenza di un Essere Supremo tanto benigno quanto potente, il quale ha fornito tutti gli esseri estesi, vegetali o dotati di sentimento, o di sentimento e ragione; e perpetua la loro specie, e punisce senza crudelta' i delitti e compensa con bonta' le azioni virtuore.
. . . . . . . . . .
. . . . . . . . . .
. . . . . . . . . .
(Voltaire - Dizionario Filosofico)


b) Nella sua "sintesi" prende in considerazione solo le prime sei parti del testamento e disconosce tutti gli altri argomenti che conducono alla definizione di quell'ateismo materialista che e' alla base del pensiero di Meslier.

c) Le invocazioni a Dio, contenute alla fine del capitolo 6, sono state arbitrariamente inserite da Voltaire e non rispecchiano il pensiero di Meslier.

ESTRATTO del TESTAMENTO

di JEAN MESLIER

fatto da
VOLTAIRE
ovvero

Considerazioni del Curato di Étrépigni e di But, dedicate ai suoi parrocchiani.

Anno di grazia 1733

Premessa
Prima prova; elenco dei motivi che hanno condotto gli uomini a creare una religione.
Capitolo 1: Le religioni (prima parte)
Seconda prova; elenco degli errori della fede.
Capitolo 1: Le religioni (seguito)
Capitolo 2: I miracoli
Capitolo 3: Coincidenze tra antichi e nuovi miracoli
Terza prova; la falsita' della religione ed elenco delle pretese visioni e delle rivelazioni divine.
Capitolo 4: La falsita' della religione cristiana
Capitolo 5: Le sacre scritture
§ 1 - L'antico Testamento
§ 2 - Il Nuovo Testamento
Quarta prova; elenco degli errori di dottrina e di morale
Capitolo 6: Gli errori della dottrina e della morale

Premessa

Fratelli miei, voi conoscete bene il mio disinteresse; io non ho mai sacrificato le mie convinzioni ad un qualsiasi vile profitto.
Se ho abbracciato una professione tanto contraria alle mie convinzioni non e' stato per cupidigia: ho obbedito ai miei parenti.
Avrei voluto chiarirvi le cose prima, se avessi potuto farlo impunemente.
Ora pero' vi chiamo a testimoni di cio' che dico. Io non ho mai svilito il mio ministero esigendo quelle prebende che ad esso competono.

Lo sa il cielo quanto io abbia sempre grandemente disprezzato coloro che deridono la semplicita' della povera gente; quella gente cieca che dona pietosamente considerevoli somme di denaro per acquistare delle preghiere.
Quanto e' orribile questo monopolio!

Io condivido il vostro disprezzo per quelli che s'ingrassano con i vostri sudori e con le vostre pene, giustificandosi con i loro misteri e le loro superstizioni; detesto la loro insaziabile cupidigia e l'indegno divertimento che i loro simili prendono col beffarsi dell'ignoranza di quelli che pure hanno cura di mantenere in tale stato di cecita'.

Che essi si accontentino di rallegrarsi della loro agiatezza ma evitino almeno il moltiplicarsi degli errori, abusando della pieta' cieca di coloro che, a causa della loro semplicita', procurano loro una esisenza tanto comoda.

Fratelli miei, dovete senza dubbio rendermi la giustizia che mi e' dovuta: la partecipazione che ho avuto per le vostre pene mi salvi almeno dai vostri sospetti.
Quante volte mi sono fatto carico gratuitamente delle funzioni del mio ministero!
Quante volte mi sono sentito afflitto per non avervi potuto soccorrervi con la sollecitudine e con l'abbondanza che avrei sperato fare!
Non vi ho sempre dimostrato che ero piu' felice di dare piuttosto che ricevere?

Ho sempre evitato scrupolosamente di indurvi alla bigotteria; e vi ho sempre parlato abbastanza poco, per quanto mi era possibile, dei nostri sciagurati dogmi.
Bisognava comunque che mi occupassi, come curato, del mio ministero. Ma quanto non ho sofferto in silenzio tutte le volte che ero obbligato a predicarvi quelle pie menzogne, che dentro di me detestavo!

Quanto disprezzo non ebbi per il mio ministero e, in particolare per quelle messe superstiziose e per quelle ridicole somministrazioni di sacramenti; sopratutto quando ero costretto a farlo con una certa solennita' che ingannava la vostra pieta' e tutta la vostra buona fede!
Quanti rimorsi ho per avere eccitato la vostra credulita'!
Molte volte sono stato sul punto di ribellarmi pubblicamente e aprire i vostri occhi, ma un timore superiore alle mie forze mi ha sempre trattenuto e mi ha obbligato al silenzio sino alla morte.

Capitolo 1 (prima parte)
Le religioni

Non c'e' nessuna particolare setta religiosa che non pretenda di essere sicuramente fondata sull'autorita' di un Dio, e che non pretenda di essere esente da tutti gli errori e dalle menzogne che si trovano nelle altre.

Ci sono di quelli che pretendono di basare la verita' della loro setta lasciando intendere che essa e' di istituzione divina, con prove e testimonianze chiare e convincenti, in mancanza delle quali e' d'obbligo convenire che esse sono soltanto invenzioni umane, piene di errori e di sciocchezze.
In quanto si puo' ritenere che un Dio onnipotente, infinitamente buono, che fosse intenzionato a dare delle leggi e dei comandamenti agli uomini, avrebbe certamente voluto che le stesse portassero dei segni di verita' piu' sicuri e piu' autentici che non quelli riportati da una grande massa di impostori.

Ora non c'e' nessuno dei nostri cristicoli (1), a qualsiasi setta apppartengano, che siano in grado di dimostrare, con chiare prove, che la loro religione sia sicuramente di origine divina; e per provare cio' sono, da parecchi secoli, in polemica e in lotta gli uni contro gli altri, tanto da giungere alle persecuzioni, con fuoco e sangue, per sostenere le loro opinioni.
Ma sino ad ora non c'e' stata ancora nessuna parte di essi che abbia potuto convicere e persuadere le altre per mezzo di tali testimonianze di verita'.
Questo non sarebbe sicuramente accaduto se da una parte o dall'altra ci fossero delle ragioni o delle prove chiare e sicure di una volonta' divina.
Perche' in questo caso nessuna persona di qualsiasi setta religiosa, se illuminata ed in buona fede, potrebbe pretendere di mantenere e favorire l'errore e la menzogna, ma al contrario, ciascuno da parte sua, vorrebbe sostenerne la verita'.
L'unico vero modo di bandire tutti gli errori, e di riunire tutti gli uomini in pace, uniti dagli stessi sentimenti ed in una stessa forma di religione, sarebbe di produrre queste prove e queste convincenti testimonianze di verita', e dimostrare che tale religione e' veramente di istituzione divina, al contrario delle altre.

Solo allora ognuno si arrenderebbe a queste verita' e nessuno oserebbe azzardarsi a combattere queste testimonianze, ne a sostenere la parte dell'errore e della impostura in quanto sarebbe tacitato dalle prove contrarie; ma siccome queste prove non si trovano in nessuna religione, questo consente agli impostori d'inventare e di sostenere sfrontatamente qualsiasi tipo di menzogna.

Capitolo 1 (seguito)
Le religioni

Eccovi dunque delle prove che vi faranno vedere ancor piu' chiaramente la falsita' delle religioni umane e sopratutto la falsita' della nostra.

Tutte le religioni che pongono a loro fondamento dei misteri, e che utilizzano per regolare la propria dottrina e la propria morale, un principio d'errore (che e' poi una fonte funesta di turbamenti e di eterne divisioni fra gli uomini), non possono essere vere religioni ed essere di origine divina. Ora le religioni umane ed in particolar modo quella cattolica, pongono a fondamento della loro dottrina e della loro morale un principio d'errore.
Dunque ecc., ecc.

Io non vedo come si possa negare la prima proposizione di questo argomento: essa e' troppo chiara e troppo evidente per poterne dubitare.

Passiamo all'esame di una seconda proposizione, quella che dice che la religione cristiana pone, come base della sua dottrina e della sua morale, cio' che essa chiama fede, vale a dire una credenza cieca, ma comunque stabilita ed assicurata da qualche legge, da qualche rivelazione divina o da qualche divinita'.

Occorre necessariamente che essa presupponga cosi', in quanto e' proprio questa credenza in qualche divinita' e in qualche rivelazione divina che fornisce tutto il credito e tutta l'autorita' che essa ha nel mondo; senza questo non ci sarebbe alcuna base per cio' che viene prescritto.
E' questo il motivo per cui tutte le religioni raccomandano espressamente a tutti i loro seguaci di essere saldi nella loro fede.

Da questo deriva che tutti i cristicoli stabiliscono, di massima, che la fede e' l'inizio ed il fondamento della salvezza e che e' la radice di ogni giustizia e di ogni santificazione; come d'altronde e' stato sottolineato anche nel concilio di Trento (sess. 6, cap.VIII).

Ora e' evidente che una credenza cieca in tutto cio' che viene proposto sotto il nome e l'autorita' di Dio e' solo un fondamento di errori e di menzogne.

A riprova di questo c'e' il fatto che non esiste, in materia di religioni, nessun impostore che non pretenda di coprirsi col nome dell'autorita' di Dio, o di dirsi particolarmente ispirato ed inviato da Dio stesso.
Non solo questa fede e questa credenza cieca, che essi pongono alla base della loro dottrina, e' una fonte di errori, ecc., ma essa e' anche una fonte funesta di turbamenti e di divisioni tra gli uomini per la conservazione della loro stessa religione. Non c'e' nessuna malvagita' che essi non compiano, gli uni contro gli altri, in nome di questi speciosi pretesti.

Non e' credibile che un Dio onnipotente, infinitamente buono e saggio, abbia voluto servirsi di tali mezzi e di una via cosi' ingannevole per manifestare le sue volonta' agli uomini: perche' questo sarebbe manifestamente un volerli indurre in errore e tendere loro delle trappole per convincerli ad abbracciare il partito della menzogna.
Analogamente, non e' credibile che un Dio che dovrebbe amare l'unione e la pace, il bene e la salute degli uomini, abbia potuto stabilire per fondamento della sua religione, una fonte fatale di disordini e di eterna divisione. Quindi simili religioni non possono essere veritiere ne essere state stabilite da Dio.

Ma vedo bene che i nostri cristicoli non mancheranno di ricorrere ai loro pretesi motivi di credibilita' e diranno che, malgrado la loro fede e il loro credo siano in un certo senso ciechi, essi sono comunque sostenuti da testimonianze di verita' tanto chiare e convincenti che sarebbe non solo imprudenza ma vera temerarieta' ed una grande pazzia il non volersi loro sottomettere.
Normalmente riassumono tutti i loro presunti motivi in tre o quattro punti:

- Il primo punto lo ricavano dalla pretesa santita' della loro religione, che condanna il vizio e favorisce la pratica della virtu'. La loro dottrina e' tanto pura e tanto semplice, a quanto dicono, che e' lampante come essa non possa provenire che dalla purezza e dalla santita' di un Dio infinitamente buono e saggio.

- Il secondo motivo di credibilita' lo traggono dall'innocenza e dalla santita' della vita di coloro che l'hanno abbracciata con amore e difesa sino a soffrire la morte e i tormenti piu' crudeli piuttosto di abbandonarla, e quindi non e' pensabile che personaggi tanto grandi si siano lasciati ingannare sul loro credo, che abbiano rinunciato a tutti gli agi della vita e che si siano esposti a tante crudeli persecuzioni pur di perseverare in tanti errori e imposture.

- Essi traggono poi il terzo motivo di credibilita' dagli oracoli e dalle profezie, rese a loro favore in tempi assai lontani, e che pretendono si siano adempiute sempre a loro favore, tanto da non poterne dubitare.

- Infine il quarto motivo di credibilita', considerato il principale di tutti, lo traggono dalla grandezza e dalla moltitudine di miracoli fatti, in tempi diversi ed in tanti luoghi, a favore della loro religione.

Ovviamente e' facile respingere tutti questi vani ragionamenti e mettere in luce la falsita' di tutte queste testimonianze in quanto:

1° - Gli argomenti che i nostri cristicoli portano a favore dei loro pretesi motivi di credibilita' possono, allo stesso tempo, essere usati per stabilire e confermare sia la menzogna che la verita', poiche' si vede in effetti che non esiste alcuna religione, per quanto falsa possa essere, che non pretenda di appoggiarsi su analoghi motivi di credibilita'; non ne esiste nessuna che non pretenda di avere una dottrina sana e veritiera la quale, a modo suo, non condanni tutti i vizi e non raccomandi la pratica di ogni virtu'.
Non ne esiste alcuna che non abbia avuto dei dotti e zelanti difensori che hanno sofferto pesanti persecuzioni per difendere la loro religione; e infine non ne esiste alcuna che non pretenda di avere avuto prodigi e miracoli che non siano stati fatti a proprio favore.

I musulmani, gli indiani, i pagani ne riportano, a favore delle loro religioni, almeno quanto i cristiani.
Se i nostri cristicoli facessero l'elenco dei loro miracoli e delle loro profezie si accorgerebbero che ne troverebbero altrettanti nelle religioni pagane.
In tal modo il vantaggio che si potrebbe dedurre da tutti questi pretesi motivi di credibilita' e' pressocche' uguale a quello di tutte le altre religioni.
Stando cosi' le cose, come tutte le storie e le pratiche di ogni religione dimostrano, ne consegue naturalmente che tutti tali pretesi motivi di credibilita', dei quali i nostri cristicoli tanto si vantano, si trovano in ugual misura in ogni altra religione, e di conseguenza non possono servire come prove e come testimonianze inoppugnabili della verita' della propria religione o della verita' di qualsiasi altra: cio' che ne consegue e' chiaro.

2° - Per dare un'idea del rapporto esistente tra i miracoli del paganesimo e quelli del cristianesimo, si potrebbe in fondo sostenere, per esempio, che ci sarebbero piu' ragioni di credere a Filostrato e in quello che ci racconta della vita di Apollonio, piuttosto che credere a tutto quello che i Vangeli ci dicono a proposito dei miracoli di Gesu-Cristo.

Questo perche', se non altro, si sa che Filostrato era un uomo di spirito, eloquente e facondo, segretario dell'imperatrice Giulia, moglie dell'imperatore Severo, e che e' stato per l'incoraggiamento di questa imperatrice che egli ha scritto sulla vita e sugli eventi meravigliosi di Apollonio, segno sicuro che tale Apollonio si era reso famoso per aver compiuto azioni grandi e straordinarie, visto che l'imperatrice era tanto desiderosa di avere un racconto scritto della sua vita.

Cosa che non si puo' affatto dire di Gesu-Cristo, ne di quelli che hanno descritto la sua vita, perche' essi non erano che degli ignoranti, gente di bassa lega, poveri mercenari, pescatori che non solo non avevano la capacita' di raccontare, di seguito ed in buon ordine, i fatti di cui parlavano, ma che pure si contraddicono, assai spesso e molto grossolanamente.

A proposito di colui del quale descrivono la vita e gli atti, se avesse veramente fatto i miracoli che gli attribuiscono, egli si sarebbe senza dubbio reso noto e rispettabile per le sue straordinarie azioni; ognuno l'avrebbe ammirato e gli avrebbero dedicato monumenti, come e' avvenuto in favore di altri dei; invece, malgrado tutto, lo hanno considerato una nullita', un fanatico, ecc.

Lo storico Giuseppe (Flavio), dopo aver parlato di grandi miracoli, riportati a beneficio e vantaggio della sua nazione e della sua religione, ne sminuisce cautelativamente la credibilita' e li rende comunque sospetti, affermando poi di lasciare a ciascuno la liberta' di credere a cio' che vuole e sottolineando quelli ai quali egli stesso non prestava troppa fede.

E' cosi' che si consente ai piu' giudiziosi di considerare quelle storie, che parlano di questo genere di cose, alla stregua di mere narrazioni fantastiche.
Si veda Montaigne e l'autore dell'Apologia dei grandi uomini.
Si veda pure la relazione dei missionari dell'isola di Santorina: ci sono tre capitoli di seguito su questo argomento.
Tutto quello che si puo' dire a questo proposito ci fa chiaramente vedere che i pretesi miracoli si possono ugualmente immaginare sia a favore del vizio e della menzogna, che parimenti a favore della giustizia e della verita'.

Lo si puo' dimostrare anche con la testimonianza di cio' che i nostri cristicoli chiamano la parola di Dio e con la testimonianza di colui che essi adorano.
Infatti i loro libri, che essi dicono contenere la parola di Dio e pure del Cristo, che adorano come un Dio fatto uomo, ci rivelano espressamente che ci sono stati, non solo dei falsi profeti, vale a dire degli impostori che si dicevano inviati da Dio e che parlavano in suo nome, ma ci dicono ancora espressamente che gli stessi avevano fatto e faranno ancora dei miracoli, cosi grandi e straordinari, che i giusti non potranno fare a meno d'esserne sedotti.
Vedi Matteo, (XXIV,5,11,21) ed altri.

Inoltre, questi presunti facitori di miracoli pretendono che ci si appoggi solo alla loro fede, e non a quella predicata da altri di parte avversa allo loro, cercando cosi' di distruggersi l'un l'altro.
Un giorno, uno di questi sedicenti profeti, chiamato Sedecia, venne contraddetto da un altro chiamato Michea, e il primo diede uno schiaffo al secondo dicendogli stupidamente: "Per quale via lo spirito di Dio sarebbe uscito da me per giungere a te?" Vedere ancora (III,Reg,XVIII,40) e altri.

Ma come questi pretesi miracoli potrebbero essere testimonianza di verita' quando e' evidente che essi non sono mai stati fatti? Bisognerebbe infatti sapere:
se quelli che si dicono essere i primi autori di questi atti, lo sono effettivamente stati;
se erano gente onesta, degna di fede, saggi e illuminati, e se non erano invece predisposti a favore di quelli di cui essi parlano tanto bene;
se sono state esaminate con cura tutte le circostanze relative ai fatti che si riportano, se li hanno ben conosciuti e se li riportano con fedelta';
se i libri e le antiche storie che riportano tutti questi grandi miracoli non siano stati falsificati e corrotti con l'andar del tempo, come e' avvenuto in molte occasioni.
Se si consulta Tacito e molti altri celebri storici sulla figura di Mose' e del suo popolo, si vedra' che erano ritenuti e considerati come bande di ladri e di razziatori.
La magia e l'astrologia sono stati per loro le sole scienze praticate; e siccome Mose' era stato, si dice, istruito nell'ambito della cultura egiziana, non gli fu affatto difficile ispirare fiducia ed attaccamento alla sua persona, da parte dei discendenti di Giacobbe, rustici ed ignoranti, e di far loro abbracciare, vista la miseria in cui versavano, la disciplina che egli pensava di imporre loro.

Tutto cio' e' molto diverso da quello che gli ebrei e i nostri cristicoli vogliono farci credere. Per quali particolari motivi bisognerebbe prestare fede a tutto questo piuttosto che ad altro? Non c'e' alcuna particolare e verosimile ragione.

Parimenti non c'e' alcuna certezza e tanto meno attendibilita' sui miracoli del Nuovo Testamento, come per l'Antico, atti a soddisfare le condizioni precedentamente espresse.

Non serve a nulla dire che le storie che riportano i fatti contenuti nei Vangeli devono essere considerate come sante e consacrate, e che esse sono state sempre fedelmente conservate e tramandate senza alcuna modifica alle verita' che contengono; anzi questo potrebbe indurre a considerarle piu' sospette e piu' corrotte proprio per quella pretesa immotivata che hanno di essere autentiche.
E' ben noto che la regola degli autori che hanno trascritto questo tipo di storie e' sempre stata quella di aggiungere, di cambiare o di ritagliare tutto cio' che andava a loro favore, oppure che serviva ai loro scopi.

Questa e' cosa che i nostri stessi cristicoli non potrebbero negare, poiche', senza parlare di molti altri importanti personaggi che hanno scoperto le aggiunte, i tagli e le falsificazioni, avvenute in tempi diversi, su cio' che essi chiamano le loro sacre scitture, lo stesso san Gerolamo, uno dei famosi dottori della chiesa, dice formalmente, in diverse parti dei suoi prologhi, che esse sono state alterate e falsificate, essendo, gia' ai suoi tempi, passate per le mani di numerose persone che avevano eliminato o aggiunto tutto quello che a loro conveniva: tanto che egli ne possedeva, come lui stesso dice, parecchi differenti esemplari e parecchie diverse copie.

Si vedano i suoi prologhi a Paolo, la sua prefazione su Giosue', la sua Epistola ai Galati, la sua prefazione su Giobbe, quella sui Vangeli del papa Damaso, quella sui salmi a Paolo e ad Eustachio, ecc.

Riferendoci in particolare ai libri dell'Antico Testamento, Esdra sacerdote della legge, afferma di avere lui stesso corretto e riveduti nel loro insieme i sedicenti libri sacri della sua Legge, che erano andati in parte perduti e in parte alterati. Egli li raggruppo' in 22 libri, secondo il numero delle lettere alfabetiche ebraiche, e compose molti altri libri, contenti una dottrina la quale non doveva essere comunicata che ai soli saggi.
Se questi libri erano stati in parte perduti, in parte corretti, come affermato da Esdra e dal dottore san Gerolamo, in diverse occasioni, non esiste quindi alcuna certezza su quello che essi contengono; e quanto ad Esdra, che dice di averli corretti ed integrati per ispirazione di Dio stesso, non esiste alcuna sicurezza sui contenuti e non c'e' impostore che possa sostenere il contrario.

Tutti i libri della legge di Mose' e dei profeti che fu possibile trovare, furono bruciati al tempo di Antioco.
Il Talmud considerato dagli ebrei come libro sacro, che contiene:
tutte le leggi divine,
le sentenze e i detti importanti dei rabbini,
l'esposizione sia delle leggi divine e di quelle umane
e una quantita' straordinaria di altri segreti e misteri della lingua ebraica,
e' considerato dai cristiani come un libro zeppo di sogni, di favole, di bugie e di empieta'.

Nell'anno 1551, furono bruciati a Roma, su ordine degli inquisitori della fede, 1200 di questi Talmud trovati in una biblioteca della citta' di Cremona.

I farisei, importante setta al tempo degli ebrei, considerano solo i cinque libri di Mose' rigettando tutti gli altri profeti.
Tra i cristiani, Marcione e i suoi seguaci rifiutavano i libri di Mose' e dei profeti, sostituendoli con altri scritti in sintonia con i loro tempi.
Carpocrate e i suoi seguaci fecero lo stesso, rifiutando tutto l'Antico Testamento, ritenendo Gesu-Cristo un uomo come tutti gli altri.
I seguaci di Marcione e i sovrani rifiutarono tutti l'Antico Testamento, come opera malvagia, e rifiutarono pure la maggior parte dei quattro Vangeli e le epistole di san Paolo.
Gli ebioniti accettavano solo il Vangelo di Matteo rifiutando gli altri tre e le lettere di san Paolo.

I seguaci di Marcione pubblicarono un Vangelo, sotto il nome di san Mattia, per sostenere la loro dottrina.
Gli apostolici inventarono altre scritture per sostenere i loro errori e, a questo scopo, si servirono di alcuni Atti da essi attribuiti a sant'Andrea e a san Tommaso.
I manichei (Cron.,pag.287) scrissero un vangelo a modo loro e rifiutarono gli scritti dei profeti e degli apostoli.
Gli etzaiti ostentavano un certo libro che essi dicevano essere venuto dal cielo; in effetti era stato composto tagliando a pezzi le altre scritture, secondo la loro fantasia.
Lo stesso Origene, con tutta la sua grande intelligenza, non manco' di alterare le scritture ed invento', ad ogni occasione, delle allegorie spropositate, e si allontano' in questo modo dal pensiero dei profeti e degli apostoli, alterando pure qualcuno dei principali punti della dottrina.
Anche i suoi libri sono ora mutilati e falsificati: essi consistono, per lo piu', in pezzi sparsi e raccolti da altri che gli sono succeduti; anche qui' possiamo trovare degli errori e dei falsi manifesti.
Certi contemporanei attribuivano all'eretico Cerinto il Vangelo e l'Apocalisse di san Giovanni ed e' per questo che molti li rifiutavano.
Gli eretici dei nostri ultimi secoli rifiutarono come apocrifi parecchi libri che i cattolici romani ritengono sacri, quali:
il libro di Tobia,
di Giuditta,
di Ester,
di Baruch,
il cantico dei bambini nella fornace,
la storia di Susanna,
la storia dell'idolo di Bel,
la sapienza di Salomone,
l'Ecclesiaste,
il primo ed il secondo libro dei Maccabei.
A questi libri incerti e dubitabili, se ne posssono ancora aggiungere parecchi altri che sono stati attribuiti a diversi apostoli, come ad esempio:
gli Atti di san Tommaso,
i suoi Percorsi,
il suo Vangelo,
la sua Apocalisse;
il Vangelo di san Bartolomeo,
quello di san Mattia,
quello di san Giacomo,
quello di san Pietro
e quello degli Apostoli,
come pure gli atti di san Pietro,
il suo libro sulla predicazione,
quello della sua Apocalisse;
quello del Giudizio,
quello dell'Infanzia del Salvatore
e parecchi altri dello stesso genere che sono stati definiti come apocrifi dai cattolici romani, dallo stesso papa Gelasio e dai SS.PP. della comunione romana.

Quello che conferma ancor piu' come non vi sia alcuna fondata certezza in merito all'autorita' che si pretende attribuire a questi libri e' che quegli stessi che ne sostengono la divinita' sono poi obbligati a confessare che essi non hanno nessuna certezza a cui ancorare la loro fede; anzi essi dicono che nulla li assicura e li obbliga assolutamente a credere cosi'.
Ora siccome la fede e' solo un principio di errore e di impostura, come puo' la fede stessa, cioe' una credenza cieca, rendere certi i libri che sono essi stessi il fondamento di questa credenza cieca?
Quanta pieta' e quanta follia!

Ma controlliamo se questi libri portano in se' qualche particolare segno di verita', come ad esempio, di erudizione, di saggezza e di santita', o di qualche altra perfezione, che non possa che venire da Dio, e se i miracoli che vi sono citati si accordano con cio' che si potrebbe pensare della grandezza, della bonta', della giustizia e della saggezza infinita di un Dio onnipotente.

Anzitutto si notera' che non esiste alcuna erudizione, nessun pensiero sublime, ne altro prodotto che vada oltre le ordinarie possibilita' della mente umana.
Al contrario si troveranno, in buona parte, solo narrazioni favolose, come sono quelle:
della creazione della donna a partire dalla costola dell'uomo,
del preteso paradiso terrestre,
del serpente che parla, ragiona, e che era molto piu' astuto dell'uomo;
di un'asina che parla e rimprovera il suo padrone perche' la maltratta;
di un diluvio universale e di un'arca dove vennero rinchiusi gli animali di ogni specie;
la confusione delle lingue e la divisione delle nazioni,
senza parlare poi di una quantita' di altri vani discorsi particolari su argomenti del tutto inutili e frivoli, e di autori del tutto disprezzabili da ricordare.

Tutte queste narrazioni non sono meno favolose di quelle che sono state inventate sulle imprese di Prometeo, sul vaso di Pandora, o sulla guerra dei giganti contro gli dei, e altre simili che i poeti hanno concepito per divertire gli uomini dei loro tempi.

Altrove si potra' vedere la miscellanea di una quantita' di leggi e di ordinamenti, o di pratiche superstiziose, compresi i sacrifici e le purificazioni, secondo l'antica legge, nonche' quella vana ripartizione degli animali, per la quale alcuni sono supposti puri e gli altri impuri. Queste leggi sono altrettanto rispettabili quanto quelle delle nazioni piu' idolatre.

Si troveranno ancora delle semplici storie, vere o false che siano, di parecchi re e di parecchi principi che avrebbero vissuto bene o male, o che avrebbero fatto delle lodevoli o delle malvagie azioni, come pure altre azioni basse e frivole che vi sono elencate.

Per fare tutto questo e' evidente che non era necessario avere una grande intelligenza ne avere delle rivelazioni divine. Tutto questo non fa certo onore ad un Dio.

Infine si troveranno, in questi libri, i discorsi, i comportamenti e gli atti di quei rinomati profeti che si dicevano essere tutti particolarmente ispirati da Dio.
Si vedra' il loro modo di agire e di parlare, i loro sogni, le loro fantasticherie; e sara' facile stabilire che essi sembrano assai piu' a dei visionari e a dei fanatici piuttosto che a persone sagge ed illuminate.

Ci sono anche, in qualcuno di questi libri, dei buoni insegnamenti e delle belle massime morali, come nei Proverbi attribuiti a Salomone, nei libri della Saggezza e dell'Ecclesiaste; ma lo stesso Salomone, il piu' saggio di questi scrittori e', in fondo, anche il piu' incredibile. Egli dubita persino dell'immortalita' dell'anima, e conclude i suoi lavori dicendo che non c'e' niente di meglio che gioire in pace del proprio lavoro e di vivere con cio' che si ama.

D'altra parte molti autori definiti profani:
Senofonte,
Platone,
Cicerone,
l'imperatore Antonino,
l'imperatore Giuliano,
Virgilio,
ecc.
sono forse da ritenersi al di sotto di questi libri che si dicono ispirati da Dio?

Io credo di poter dire che se ci fossero solo, per esempio, le Fiabe di Esopo, esse sono certamente assai piu' ingegnose e piu' istruttive di quanto possano essere le volgarita' e le modeste parabole che sono raccolte nei Vangeli.

Ma cio' che ci dimostra ancora che questo genere di libri non puo' derivare da alcuna ispirazione divina, e' il fatto che, oltre la bassezza e la grossolanita' dello stile, c'e' anche la mancanza di ordine nella narrazione di fatti particolari assai male circostanziati, si nota in particolare come gli autori non vadano d'accordo tra di loro; essi si contraddicono su molte cose; non hanno nemmeno abbastanza intelligenza e talento naturale per descrivere con cura una storia.

Ecco alcuni esempi di contraddizioni che si rilevano tra di loro.
- L'evangelista Matteo fa discendere Gesu-Cristo dal re Davide, attraverso suo figlio Salomone sino a Giuseppe, padre quanto meno putativo di Gesu-Cristo;
- mentre Luca lo fa discendere sempre da Davide, ma tramite suo figlio Nathan, sino a Giuseppe.

Matteo dice, parlando di Gesu, che s'era sparsa la voce a Gerusalemme della nascita di un nuovo re dei Giudei, e che dei magi erano venuti a cercarlo per adorarlo.
Il re Erode, temendo che questo preteso re neonato potesse minacciare in seguito la corona, fece sgozzare tutti i bambini, sino all'eta' di due anni, di Betlemme e dintorni, dove gli avevano detto che questo nuovo re era nato.
E Giuseppe e la madre di Gesu, essendo stati avvertiti in sogno, da un angelo, di questa malvagia intenzione, fuggirono precipitosamente in Egitto, dove vissero sino alla morte di Erode, avvenuta parecchi anni dopo.

Al contrario Luca riporta che Giuseppe e la madre di Gesu abitarono tranquillamente per sei settimane nel luogo in cui il loro bambino Gesu era nato.
Esso fu circonciso, secondo la legge dei Giudei, otto giorni dopo la sua nascita, e quando venne a scadere il tempo prescritto dalla detta legge per la purificazione di sua madre, essa e suo marito Giuseppe lo portarono a Gerusalemme per presentarlo a Dio, nel Tempio, e offrire allo stesso tempo un sacrificio, come prescritto dalla legge di Dio.
Fatto questo se ne ritornarono in Galilea nella loro citta' di Nazaret, dove il loro figlio Gesu crebbe, giorno dopo giorno, in grazia e saggezza.
E suo padre e sua madre andavano tutti gli anni a Gerusalemme, in occasione dei giorni consacrati alla festa di Pasqua, e quindi Luca non fa alcuna menzione della loro fuga in Egitto ne della crudelta' di Erode nei confronti dei bambini del territorio di Betlemme.

A proposito della crudelta' di Erode nessuno degli storici di quel tempo ne parla, neanche lo storico Giuseppe (Flavio), che ha descritto la vita di Erode.
Siccome poi gli altri evangelisti non fanno nessuna menzione del fatto, e' evidente che il viaggio dei detti magi guidati da una stella, il massacro dei bambini e la fuga in Egitto sono solo delle assurde bugie, poiche' non e' credibile che Giuseppe (Flavio), il quale ha criticato i vizi di questo re, abbia passato sotto silenzio una azione cosi' bieca e detestabile come quella che gli evangelisti spacciano come vera.

Sulla durata del periodo di vita pubblica di Gesu-Cristo, stando a quello che dicono i primi tre evangelisti, non dovrebbero essere trascorsi piu' di tre mesi, dal suo battesimo sino alla morte, supponendo che egli avesse trent'anni quando fu battezzato da Giovanni il Battista, come dice Luca, e che egli fosse nato il 25 Dicembre.
Perche' da questo battesimo, avvenuto nell'anno 15 del regno di Tiberio, (l'anno in cui Anna e Caifa erano grandi sacerdoti), sino alla prima Pasqua successiva, che cadde nel mese di Marzo, corrono all'incirca tre mesi.

Stando a quello che dicono i primi tre evangelisti, egli fu crocifisso alla vigilia della prima Pasqua, successiva al suo battesimo, la prima volta che venne a Gerusalemme con i suoi discepoli, perche' tutto cio' che essi dicono del suo battesimo, dei suoi viaggi, dei suoi miracoli, delle sue predicazioni e della sua passione e morte, deve esere necessariamente rapportato allo stesso anno del battesimo, in quanto questi evangelisti non parlano di alcun altro anno seguente.
Parrebbe anche, per la narrazione che essi fanno delle sue azioni, che egli abbia combinato tutto dopo il suo battesimo, quindi una cosa dopo l'altra, e in un tempo estremamente ridotto, durante il quale si nota un solo intervallo di sei giorni, prima della sua trasfigurazione, durante i quali sei giorni non si conosce che cosa abbia fatto.

Si stima quindi, da quanto detto, che egli abbia vissuto, dopo il suo battesimo, circa tre mesi, dei quali, se si tolgono sei settimane, (quaranta giorni e quaranta notti) trascorse nel deserto, immediatamente dopo il suo battesimo, ne consegue che il tempo della sua attivita' pubblica, dalle sue prime predicazioni sino alla morte, non e' durato che circa sei settimane.

Invece, stando a quello che dice Giovanni, esso sarebbe durato almeno tre anni e tre mesi, in quanto per quello che appare nel Vangelo di questo apostolo, egli sarebbe stato, durante il corso della sua vita pubblica, tre o quattro volte a Gerusalemme per le feste di Pasqua, che come si sa capitano solo una volta all'anno.

Quindi se e' vero che egli e' stato tre o quattro volte a Gerusalemme, dopo il suo battesimo, come testimoniato da Giovanni, e' falso che egli abbia vissuto solo tre mesi dopo il suo battesimo e che sia stato crocifisso la prima volta che ando' a Gerusalemme.

Si puo' pero' supporre:
- che i primi tre evangelisti non parlino effettivamente di un solo anno, ma che essi abbiano omesso di sottolineare distintamente gli altri trascorsi dopo il suo battesimo,
- oppure che Giovanni non intendesse riferirsi ad una sola Pasqua, ma a piu' d'una e che e' solo per enfasi che egli ripete piu' volte che la festa della Pasqua giudaica era vicina, e che Gesu ando' a Gerusalemme.
Di conseguenza non esisterebbe alcuna contraddizione a questo proposito tra gli evangelisti, e io ne convengo; ma e' innegabile che questa apparente discordanza deriva da tutto quello che essi non spiegano circa le circostanze che invece avrebbero dovuto essere chiarite nelle descrizioni che ne fanno.

Comunque sia, c'e' sempre modo di trarre, come conseguenza, che essi non sono stati ispirati da Dio quando hanno scritto le loro storie.

Altre contraddizioni nascono sulla prima cosa che Gesu-Cristo fece subito dopo il suo battesimo:
- in quanto i primi tre evangelisti dicono che egli fu immediatamente trasportato dallo Spirito in un deserto, dove egli digiuno' quaranta giorni e quaranta notti, e dove fu piu' volte tentato dal diavolo;
- mentre, stando a quello che dice Giovanni, egli parti' due giorni dopo il suo battesimo per andare in Galilea, dove fece il suo primo miracolo trasformando l'acqua in vino, durante le nozze di Cana, alle quali egli partecipo' tre giorni dopo il suo arrivo in Galilea, a piu' di trenta leghe dal posto dove si trovava.

A proposito del luogo del suo primo soggiorno dopo la sua uscita dal deserto:
- Matteo dice (ch.IV,vers.13) che egli venne in Galilea e, lasciata la citta' di Nazaret, ando' a dimorare in Cafarnao, citta' costiera;
- e Luca (ch.IV,vers. 16 e 31) dice che egli venne prima a Nazaret e, solo in seguito, ando' a Cafarnao.

Essi si contraddicono sui tempi e sulle circostanze in cui gli apostoli si misero al suo seguito in quanto:
- i primi tre affermano che Gesu, passando sulle rive del mare di Galilea, vide Simone e suo fratello Andrea, e poi, un poco piu' lontano, egli vide Giacomo e suo fratello Giovanni con Zebedeo loro padre.
- Giovanni, al contrario, dice che fu Andrea, fratello di Simon Pietro, ad unirsi per primo a Gesu, con un altro discepolo di Giovanni Battista, avendolo visto passare, mentre stavano con il loro maestro, sulle rive del Giordano.

A proposito della cena:
- i primi tre evangelisti riportano che Gesu-Cristo istitui' il sacramento del suo corpo e del suo sangue, sotto la fattispecie e le apparenze del pane e del vino, come raccontano i nostri cristicoli romani;
- invece Giovanni non fa nessun cenno di questo misterioso sacramento.

Giovanni dice (ch.XIII,vers.5) che, dopo questa cena, Gesu lavo' i piedi ai suoi apostoli e raccomando' espressamente loro di fare l'un l'altro la stessa cosa, e riporta un lungo discorso che ad essi fece nello stesso tempo.
Ma gli altri evangelisti non parlano per niente di questo lavacro di piedi e neanche del lungo discorso fatto a loro.
Al contrario essi testimoniano che, subito dopo questa cena, egli se ne ando', con i suoi apostoli sul monte degli Ulivi, dove egli abbandono' la sua anima alla tristezza e infine cadde in agonia mentre i suoi apostoli dormivano un po' discosti.

Essi contraddicono se stessi sul giorno in cui sarebbe avvenuta questa cena:
- perche', da un lato, essi riportano che egli la fece la sera prima della vigilia di Pasqua, vale a dire la sera del primo giorno degli azimi, ovvero dell'uso del pane non lievitato, ( come indicato in Esodo,XII; Levit.,XXIII,5; in Num.,XXVIII,16);
- mentre, da un'altra parte, essi dicono che fu crocifisso il giorno dopo la cena, verso il mezzogiorno, dopo che i giudei gli ebbero fatto un processo, nel corso della notte ed il mattino successivo.
Ora, stando a quello che dicono, il giorno successivo a quello della cena non avrebbe potuto essere la vigilia di Pasqua.
Pertanto se egli e' morto la vigilia di Pasqua verso mezzogiorno, allora non e' stata la sera della vigilia quella in cui fece la cena. Si tratta quindi di un un errore manifesto.

Essi si contraddicono pure su cio' che riferiscono a proposito delle donne che avevano seguito Gesu dalla Galilea:
- perche' i primi tre evangelisti dicono che tra queste donne, tutte di sua conoscenza, stavano Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre e i figli di Zebedeo, i quali lo guardavano da lontano quando egli fu appeso alla croce.
- Giovanni dice invece (XIX,25) che la madre di Gesu e la sorella di sua madre, e Maria Maddalena, erano ai piedi della croce con Giovanni suo apostolo.
La discordanza e' evidente: perche' se queste donne e questo discepoli erano presso di lui, esse non erano dunque affatto lontane, come sostengono gli altri.

Essi si contraddicono sulle pretese apparizioni fatte da Gesu dopo la sua presunta resurrezione:
- in quanto Matteo (ch.,XXXVIII, v.9 e 16) riferisce di due apparizioni: una quando egli apparve a Maria Maddalena e ad un'altra donna chiamata pure Maria, e in seguito apparve ai suoi undici discepoli, che si erano recati in Galilea, sulla montagna che lui aveva loro indicata per incontrarli dopo la resurrezione.
- Marco parla di tre apparizioni: la prima quando apparve a Maria Maddalena; la seconda, quando apparve a due suoi seguaci sulla strada di Emmaus; e la terza, quando apparve ai suoi undici apostoli, ai quali rimprovero' la loro incredulita'.
- Luca parla solo delle due prime apparizioni come Matteo;
- mentre Giovanni evangelista parla di quattro apparizioni, e aggiunge alle tre di Marco quella che egli fece a sette-otto dei suoi discepoli, mentre pescavano sul mare di Tiberiade.

Essi si contraddicono ancora sui luoghi di queste apparizioni in quanto:
- Matteo dice che questo avvenne in Galilea, su una montagna;
- Marco dice che avvenne quando erano a tavola;
- Luca dice che egli li condusse fuori Gerusalemme, e li porto' a Betania, dove egli li lascio' per ascendere in cielo;
- Giovanni dice che avvenne nella citta' di Gerusalemme, in una casa dove essi avevano sprangato la porta; e un'altra volta sul mare di Tiberiade.

Ci sono quindi parecchie contraddizioni nel racconto di queste pretese apparizioni. Essi poi si contraddicono in merito alla sua pretesa ascensione in cielo:
- perche' Luca e Matteo dicono tassativamente che egli sali' in cielo alla presenza dei suoi undici apostoli;
- ma ne Marco ne Giovanni fanno alcun cenno di questa pretesa ascensione;
- in piu', Matteo afferma molto chiaramente anche il contrario, e cioe' che egli non e' affatto salito in cielo, in quanto dice, altrettanto chiaramente, che Gesu-Cristo assicuro' i suoi apostoli che egli sarebbe stato ed avrebbe dimorato per sempre con loro sino alla fine dei secoli. "Andate dunque - disse loro durante queste pretese apparizioni - insegnate a tutte le nazioni, e siate certi che io saro' sempre con voi sino alla fine dei secoli".

Luca poi si contraddice da solo su questo argomento in quanto:
- nel suo Vangelo (ch.,XXIV, v.50) dice che fu in Betania che egli sali' in cielo, alla presenza dei suoi apostoli;
- e nel suo Atti degli Apostoli, supposto che egli ne sia l'autore, dice che fu sul monte degli Ulivi.

Egli contraddice ancora se stesso su un'altra circostanza di questa ascensione:
- egli riporta nel suo Vangelo, che questo avvenne il giorno stesso della sua resurrezione, o la prima notte seguente;
- mentre negli Atti degli Apostoli dice che questo avvenne quaranta giorni dopo la sua resurrezione. Cose queste che non vanno affatto d'accordo.

Se tutti gli apostoli avessero veramente visto il loro maestro salire gloriosamente in cielo, come narrano Matteo e Giovanni, che lo avrebbero visto assieme a tutti gli altri, come avrebbero potuto passare sotto silenzio un mistero tanto glorioso e vantaggioso per il loro maestro, considerato che essi raccontano quantita' di altre circostanze della sua vita e dei suoi atti che appaiono assai meno importanti di questo?
Come mai Matteo non fa espressa menzione di questa ascensione e non spiega chiaramente in quale maniera egli avrebbe sempre dimorato con loro visto che poi egli li lascio' visibilmente per salire in cielo?
Non e' facile comprendere attraverso quale mistero egli avrebbe potuto dimorare con loro pur lasciandoli.
Passo sotto silenzio una quantita' di altre contraddizioni: quello che ho detto e' piu' che sufficiente per dimostrare che questi libri non provengono da nessuna ispirazione divina, e neanche da normale umana intelligenza e di conseguenza essi non meritano che venga prestata loro alcuna fede.

Capitolo 2
I Miracoli

Ma per quale particolare motivo questi quattro Vangeli, e qualche altro libro simile, vengono considerati santi e divini, piuttosto che molti altri che portano pure l'etichetta di Vangeli, e che sono pure stati, come i primi, pubblicati sotto il nome di qualche altro apostolo?
Se si sostiene che i Vangeli rifiutati sono stati falsamente attribuiti ad alcuni apostoli, allora si potrebbe dire altrettanto dei primi.
Se si suppone che siano stati falsificati e corrotti, si puo' supporre altrettanto per gli altri.
Pertanto non si hanno prove sicure per distinguere gli uni dagli altri, a dispetto della Chiesa che ha voluto arbitrariamente decidere: non e' che essa sia molto piu' credibile.

Per quello che riguarda i pretesi miracoli riportati nel Vecchio Testamento, essi sarebbero stati fatti solo per imporre, in nome di Dio, delle accettazioni ingiuste e odiose ai popoli e alle persone, e per caricare, con deliberato proposito, gli uni di mali e favorire in modo particolare gli altri.

La vocazione e le scelte che Dio fece dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, per fare della loro posterita' un popolo che egli avrebbe santificato e benedetto al di sopra di tutti gli altri popoli della terra, non e' una prova.
Ma, si dira', Dio e' il padrone assoluto delle sue grazie e dei suoi favori, egli li puo' accordare a chi gli pare, senza che si abbia il diritto di lamentarsi ne di accusarlo d'ingiustizia.
Questa ragione e' assurda, perche' Dio, creatore della natura e padre di tutti gli uomini, deve amarli tutti allo stesso modo, come sue proprie creature e, di conseguenza, egli deve essere ugualmente loro protettore e loro benefattore.
Perche' colui che dona la vita deve donare anche il resto e tutto quanto necessario per il benessere delle sue creature. Se i nostri cristicoli intendono dire che il loro Dio abbia voluto generare espressamente delle creature per renderle poi miserabili, questo e' certamente un pensiero indegno nei riguardi di un essere infinitamente buono.

In piu', se tutti i pretesi miracoli sia del Vecchio Testamento che del Nuovo Testamento fossero veri, si potrebbe allora dire che Dio sia piu' propenso ad occuparsi del minore bene degli uomini, delle minuzie, piuttosto che di cio' che rappresentano i piu' grandi e principali valori; si potrebbe dire che egli abbia voluto punire piu' severamente, in certe persone, dei peccati leggeri piuttosto che punire in altri crimini peggiori; e infine che egli non abbia voluto mostrarsi benefattore per i maggiori bisogni, limitandosi ai minori.

Questo e' cio' che e' facile dimostrare, sia per i miracoli che si pretende che egli abbia fatto, se e' vero che ne abbia fatti, sia per quelli che non ha fatto e che avrebbe potuto fare.

Come si puo' pensare, per esempio,
- che Dio abbia avuto la compiacenza di mandare un angelo a consolare e soccorrere un'umile serva, mentre egli avrebbe lasciato, e lascia ancora tutti i giorni, languire e morire di miseria una infinita' di innocenti;
- che egli avrebbe conservato miracolosamente, per quarant'anni, i vestiti e le calzature di un popolo miserabile, mentre non ha voluto vegliare sulla conservazione naturale di parecchi beni utili e necessari per la sussistenza dei popoli e che pertanto si sono persi e si perdono ancora ogni giorno per molteplici cause.

Ma come!
Egli avrebbe inviato ai primi capostipiti del genere umano, Adamo ed Eva, un demone, un diavolo o un semplice serpente, per sedurli e per perdere in questo modo tutti gli uomini?
Questo e' incredibile.

Ma come!
Egli avrebbe voluto, con uno speciale atto della sua Provvidenza, impedire che il re di Gerasa, pagano, potesse cadere in un errore leggero con una donna straniera, errore che non avrebbe avuto conseguenze malvagie; mentre egli non avrebbe voluto impedire che Adamo ed Eva lo offendessero e cadessero nel peccato di disobbedienza, peccato che, secondo i nostri cristicoli, doveva essere fatale e causare la perdita di tutto il genere umano?
Questo e' incredibile.

Veniamo ai pretesi miracoli del Nuovo Testamento. Essi consistono, come si pretende, nel fatto:
che Gesu-Cristo e i suoi apostoli guarissero divinamente ogni genere di malattia e di infermita';
che essi rendessero, quando lo volevano, la vista ai ciechi, l'udito ai sordi, la parola ai muti,
che essi facessero marciare diritti gli storpi,
che essi guarissero i paralitici,
che essi cacciassero i demoni dal corpo degli invasati,
e che essi resuscitassero i morti.
Se ne vedono parecchi di questi miracoli nei Vangeli; ma se ne vedono molti di piu' nei libri che i nostri cristicoli hanno scritto sulle vite mirabili dei loro santi: perche' si legge quasi ovunque
- che questi pretesi benefattori guarissero le malattie e le infermita',
- cacciassero i demoni in quasi tutte le occasioni, e questo, nel solo nome di Gesu, o con il segno della croce;
- che essi comandassero, per cosi' dire, agli elementi;
- che Dio li favorisse talmente da conservare, anche dopo la morte, il loro divino potere; e che questo divino potere si sarebbe esteso quanto meno ai loro vestiti, e anche all'ombra dei loro corpi e anche agli strumenti vergognosi della loro morte.

Si racconta:
che la calza di sant'Onorato risuscita un morto ogni 6 di gennaio;
che i bastoni di san Pietro, san Giacomo e di san Bernardo operano dei miracoli;
lo si dice pure del cordone di san Francesco, del bastone di san Giovanni di Dio e della cintura di santa Melania;
e' stato detto di san Graziano come egli fosse divinamente istruito in cio' che si deve credere ed insegnare, e che egli fece, per merito della sua preghiera, retrocedere una montagna che gli impediva di costruire una chiesa;
che dal sepolcro di sant'Andrea coli senza sosta un liquido in grado di guarire ogni sorta di malattie;
che l'anima di san Benito fu vista salire in cielo, rivestita di un prezioso mantello e circondata da luci fiammeggianti;
di san Domenico dicono che Dio non gli abbia mai negato cio' che egli gli chiedeva;
che san Francesco comandasse alle rondini, ai cigni e ad altri uccelli, che essi gli obbedivano e che sovente i pesci, i conigli e le lepri venivano a posarsi nelle sue mani e nel suo grembo;
che san Paolo e san Pantaleone, avendo avute le teste decapitate, ne uscisse del latte al posto del sangue;
che il beato Pietro di Lussemburgo, durante i primi due anni seguenti la sua morte, 1388 e 1389, fece duemila-quattro-cento miracoli, tra i quali si hanno due morti resuscitati, senza considerare gli altri tremila miracoli che egli ha fatto in seguito, e senza quelli che egli fa ancora tutti giorni;
che i cinquanta filosofi convertiti da santa Caterina, essendo stati gettati in un grande rogo, i loro corpi furono in seguito trovati interi senza un solo capello bruciato;
che il corpo di santa Caterina fu sollevato dagli angeli dopo la sua morte e sepolto dagli stessi sul monte Sinai;
che il giorno della canonizzazione di sant'Antonio da Padova tutte le campane della citta' di Lisbona suonarono da sole senza che si sapesse come cio' avveniva;
che questo santo essendo un giorno sulla riva del mare e avendo chiamato i pesci per predicare loro, essi vennero davanti a lui numerosi, e, mettendo la testa fuori dall'acqua, l'ascoltarono con molta attenzione.
Non la si finirebbe mai se si volessero riportare tutte queste stupidaggini; non esiste altro argomento cosi' vano e frivolo, e pure cosi' ridicolo, dove gli autori di queste vite di santi si divertono a intessere miracoli su miracoli, tanto sono abili ad inventare bugie.
Si vedano anche i pensieri di Naudé, su questo argomento, nella sua apologia dei grandi uomini. (Chap. 1°, pag 13)
Non e' senza ragione, in effetti, che si guarda a queste cose come a delle vane menzogne: perche' e' facile vedere che tutti questi pretesi miracoli, sono stati inventati ad imitazione delle favole dei poeti pagani; cio' che si vede assai bene dalle coincidenze che esistono tra gli uni e gli altri.

Capitolo 3
Coincidenze tra antichi e nuovi miracoli

Se i nostri cristicoli affermano che Dio ha veramente donato il potere ai suoi santi di fare tutti i miracoli riportati nelle loro vite,
anche i pagani affermano che le figlie di Anius, gran sacerdote di Apollo, avevavano veramente ricevuto dal dio Bacco la facolta' ed il potere di cambiare tutto cio' che volevano in grano, in vino, in olio, ecc.;
che Giove dono' alle ninfe, che avevano cura della sua educazione, un corno della capra che lo aveva allattato nella sua infanzia, avente la proprieta' di fornire loro in abbondanza tutto cio' che potevano desiderare.
Se i nostri cristicoli affermano che i loro santi hanno il potere di resuscitare i morti e che essi ebbero delle rivelazioni divine,
i pagani avevano detto prima di loro che Atalide, figlio di Mercurio, aveva ottenuto da suo padre il dono di poter vivere, morire e resuscitare quando lo volesse; che aveva anche la conoscenza di tutto cio' che accadeva nel mondo, e nell'aldila';
e che Esculapio, figlio di Apollo, aveva resuscitato dei morti, e tra l'altro egli aveva resuscitato Ippolita, figlia di Teseo, per supplica di Diana,
e che Ercole resuscito' pure Alceste, moglie di Admeto, re della Tessaglia, per renderla a suo marito.
Se i nostri cristicoli dicono che il loro Cristo e' nato miracolosamente da una vergine, che non aveva conosciuto uomo,
i pagani avevano gia' detto prima di loro che Remo e Romolo, fondatori di Roma, erano miracolosamente nati da una vergine vestale chiamata Ilia, o Silvia, o Rea Silvia;
essi avevano gia' detto che Marte, Argo, Vulcano, e altri, erano stati generati dalla dea Giunone, che non aveva conosciuto uomo,
e avevano pure gia' detto che Minerva, dea delle scienze, era stata generata dal cervello di Giove, e che essa ne usci' tutta bardata, per la forza di un pugno con il quale il dio si ruppe la testa.
Se i nostri cristicoli dicono che i loro santi hanno fatto scaturire delle fontane d'acqua dalle rocce,
i pagani dicono pure che Minerva fece scaturire una fontana d'olio, per ricompensare un tempio che le era stato dedicato.
Se i nostri cristicoli si vantano di aver ricevuto miracolosamente delle visioni dal cielo, come. ad esempio,
- quella di Nostra Signora di Loreto e di Liesse,
- e molti altri doni celesti come la pretesa Santa Ampolla di Reims,
- come la pianeta bianca che sant'Ildefonso ricevette dalla vergine Maria, e altre cose simili,
i pagani si vantavano, prima di loro, di aver ricevuto uno scudo sacro che favoriva la difesa della loro citta' di Roma;
e i troiani si vantavano, prima di loro, di aver ricevuto miracolosamente dal cielo il loro palladio, o la loro immagine di Pallade, che venne, dicevano loro, a prendere il posto nel tempio edificato in onore di questa dea.
Se i nostri cristicoli dicono che il loro Gesu-Cristo fu visto dai suoi apostoli salire gloriosamente nei cieli, e che parecchie anime dei loro pretesi santi furono viste essere trasferite gloriosamente in cielo dagli angeli,
i pagani romani avevano gia' detto, prima di loro, che Romolo, loro fondatore, fu visto salire in gloria dopo la sua morte;
che Ganimede, figlio di Troo, re di Troia, fu, da parte di Giove, trasportato in cielo per utilizzarlo come coppiere;
che la chioma di Berenice, essendo stata consacrata al tempio di Venere, fu in seguito trasportata in cielo;
essi dicono la stessa cosa di Cassiopea e di Andromeda, e pure dell'asino di Sileno.
Se i nostri cristicoli dicono che parecchi corpi dei loro santi sono stati miracolosamente preservati dal disfacimento dopo la loro morte, e che essi sono stati ritrovati a seguito di rivelazioni divine, dopo essere stati per un lunghissimo tempo considerati perduti senza sapere dove essi si trovassero,
i pagani dicono la stessa cosa del corpo di Oreste, che essi pretendevano fosse stato ritrovato in seguito ad un oracolo, ecc.
Se i nostri cristicoli dicono che i sette fratelli addormentati dormirono miracolosamente per 177 anni, essendo stati rinchiusi in una caverna,
i pagani dicono che il filosofo Epimenide dormi' per 57 anni dentro una caverna dove si era addormentato.
Se i nostri cristicoli dicono che molti dei loro santi parlarono ancora miracolosamente dopo aver avuto la testa o la lingua mozzata,
i pagani dicono che la testa di Gabienus, canto' un lungo poema dopo essere stata separata dal suo corpo.
Se i nostri cristicoli si gloriano del fatto che i loro templi e le loro chiese sono ornate di molti quadri e di ricchi doni, che testimoniano le guarigioni miracolose che sono state fatte per intercessione dei loro santi,
si vede pure o almeno si vedeva una volta, nel tempio di Esculapio, ad Epidauro, una quantita' di quadri a ricordo di cure e guarigioni miracolose che egli aveva fatto.
Se i nostri cristicoli dicono che molti dei loro santi sono stati miracolosamente preservati nelle fiamme ardenti, senza ricevere danni ai loro corpi e ai loro abiti,
i pagani dicono che le religiose del tempio di Diana camminavano sui carboni ardenti a piedi nudi, senza bruciarsi e senza rovinarsi i piedi,
e che i preti della dea Feronia e di Hirpicus camminavano anche loro sui carboni ardenti e nei fuochi celebrativi che essi facevano in onore di Apollo.
Se gli angeli costruirono una cappella a san Clemente sul fondo del mare,
la piccola casa di Bauci e di Filemone fu miracolosamente trasformata in un grandioso tempio, per ricompensarli della loro pieta'.
Se molti dei loro santi, come san Giorgio, san Maurizio, ecc. sono piu' volte apparsi a capo di eserciti, montati ed equipaggiati di tutto punto e combattere con loro,
Castore e Polluce sono apparsi molte volte in battaglia per combattere con i romani contro i loro nemici.
Se un montone si trovava miracolosamente presente per essere offerto in sacrificio al posto di Isacco, quando suo padre Abramo lo volle sacrificare,
la dea Vesta mando' pure una giocenca per esserle sacrificata al posto di Metella, figlia di Metello;
la dea Diana mando' pure una cerva al posto di Ifigenia quando gia' essa era sull'ara sacrificale per esserle immolata, e cosi' Ifigenia fu liberata.
Se san Giuseppe fuggi' in Egitto su avvertimento di un angelo,
Simonide, il poeta, evito' parecchi pericoli mortali in seguito ad un avvertimento miracoloso che gli venne fatto.
Se Mose' fece sgorgare una fonte d'acqua viva da una roccia colpendola con il suo bastone,
il cavallo Pegaso fece altrettanto colpendo una roccia con il suo zoccolo: ne usci' una fontana.
Se san Vincenzo Ferrier resuscito' un morto fatto a pezzi ed il cui corpo era gia' meta' bollito e meta' arrostito,
Pelope, figlio di Tantalo, re di Frigia, dopo essere stato fatto a pezzi da suo padre per offrirlo in pasto agli dei, questi ne raccolsero tutte le membra, le riunirono e gli resero la vita.
Se molti crocifissi ed altre immagini hanno miracolosamente parlato dando risposte ai loro fedeli,
i pagani dicono che i loro oracoli hanno divinamente parlato e dato risposte a quelli che li consultavano,
e che la testa di Orfeo e quella di Policrate fornivano oracoli anche dopo la loro morte.
Se Dio fece conoscere, mediante una voce dal cielo che Gesu-Cristo era suo figlio, come dicono gli evangelisti,
Vulcano fece conoscere, mediante l'apparizione di una fiamma miracolosa, che Coecolus era veramente suo figlio.
Se Dio ha miracolosamente nutrito qualcuno dei suoi santi,
i poeti pagani dicono che Trittolemo venne miracolosamente nutrito con un latte divino da parte di Cerere, la quale gli dono' pure un carro aggiogato a due draghi;
e che Afneio, figlio di Marte, essendo uscito dal ventre di sua madre gia' morta, fu, nonostante cio', miracolosamente nutrito con il suo latte.
Se molti santi hanno miracolosamente addomesticato la crudelta' e la ferocia delle bestie piu' crudeli,
e' stato raccontato come Orfeo attraesse a se, mediante la dolcezza del suo canto e l'armonia dei suoi strumenti, i leoni, gli orsi e le tigri, ed addolcisse la ferocia della loro natura;
come egli attraesse a se le roccie, gli alberi e come pure i fiumi arrestassero il loro corso per sentirlo cantare.
Infine, per farla breve, perche' si potrebbe riportarne ben altre, se i nostri cristicoli dicono che i muri della citta' di Gerico caddero per il suono delle trombe,
i pagani dicono che le mura della citta' di Tebe furono erette mediante il suono degli strumenti musicali di Anfione; le pietre, dicono i poeti, essendosi sistemate da sole per la dolcezza della sua armonia: questo sarebbe molto piu' miracoloso e degno di considerazione che non il vedere cadere dei muri per terra.
Ecco dunque una grande corrispondenza di miracoli da una parte e dall'altra. Poiche' sarebbe una grande sciocchezza prestare fede a questi pretesi miracoli del paganesimo, non lo e' da meno prestare fede a quelli del cristianesimo, perche' derivano tutti da un medesimo principio di errore.

E' stato per questo che i manichei ed i seguaci di Ario, esistenti all'inizio del cristianesimo, si fecero beffe di questi presunti miracoli, ottenuti pregando i santi e biasimarono quelli che li invocavano dopo la loro morte ed onoravano le loro reliquie.

Torniamo ora al fine principale che Dio si sarebbe proposto, inviando suo figlio in questo mondo, il quale si sarebbe fatto uomo, e avrebbe dovuto, come si dice, togliere i peccati del mondo, e distruggere completamente le opere di un preteso demonio, ecc.
Questo e' cio' che i nostri cristicoli sostengono, come pure che Gesu-Cristo avrebbe voluto morire per amore di essi, secondo la volonta' del suo Dio padre; tutte cose che vengono chiaramente ripetute in tutti i pretesi santi libri.

Ma come!
Un Dio onnipotente che avrebbe voluto farsi uomo mortale per amore degli altri uomini, e versare sino all'ultima goccia di sangue per salvarli tutti, avrebbe poi limitato la sua potenza a guarire solamente qualche malattia e qualche infermita' corporale, tra alcuni infermi che gli sarebbero stati presentati.
Non avrebbe invece voluto impiegare la sua bonta' divina per guarire tutte le infermita' delle nostre anime, vale a dire guarire tutti gli uomini dai loro vizi e dalle loro sregolatezze che son peggio delle malattie del corpo!
Questo e' incredibile.

Ma come!
Un Dio tanto buono avrebbe voluto miracolosamente preservare dei corpi morti dalla dissoluzione e dalla corruzione, mentre non si sarebbe preoccupato di preservare dal contagio e dalla corruzione del vizio e del peccato le anime di una infinita' di persone che egli sarebbe venuto a riscattare a prezzo del suo sangue, sacrificandosi per la loro salvezza!
Che assurda contraddizione!

Capitolo 4
La falsita' della religione cristiana

Veniamo ora alle pretese visioni e alle rivelazioni divine, sulle quali i nostri cristicoli fondano e ricavano la verita' e le certezze della loro religione.
Per darne una giusta idea, non si puo' far di meglio che dire, in generale, che esse sono tali che se oggi qualcuno osasse proporne altre simili e cercasse di farle prevalere, lo si considererebbe infallibilmente come un folle, un fanatico.

Ecco qui' quali furono queste pretese visioni e rivelazioni divine.
Dio, dicono i cosi detti santi libri, essendo apparso per la prima volta ad Abramo, gli disse: "Lasciate il vostro paese (egli si trovava allora in Caldea), lasciate la casa di vostro padre, e recatevi nel paese che io vi mostrero'".
Partito l'Abramo, Dio, dice la storia, ( Gen.XII,7), gli apparve una seconda volta e gli disse: "Io donero' tutto il paese dove sarete alla vostra posterita'". In riconoscenza di questa amabile promessa, Abramo gli inalzo' un altare.

Dopo la morte di Isacco, suo figlio Giacobbe, andando un giorno in Mesopotamia alla ricerca di una donna che gli fosse conveniente, avendo camminato tutto il giorno e stanco del lungo cammino, alla sera volle riposarsi.
Sdraiato per terra, con la testa appoggiata su di un grosso masso , si addormento', e durante il sonno egli vide in sogno una scala che si levava dalla terra sino al cielo, e gli sembro' di vedere gli angeli salire e scendere da questa scala, e vide Dio stesso appoggiarsi sulla cima, dicendogli: "Io sono il Signore, Dio di Abramo e Dio di Isacco tuo padre; io donero' a te e alla tua discendenza, tutto il paese dove ora tu dormi".
"Essa sara' cosi numerosa come la polvere della terra; essa si stendera' da oriente ad occidente e dal mezzogiorno al settentrione; io saro' il vostro protettore ovunque voi andiate; io vi portero' sani e salvi su questa terra e io non vi abbandonero' finche' sia compiuto cio' che vi ho promesso."

Giacobbe, svegliatosi dal sogno, fu assalito da timore e disse: "Come! Dio e' veramente qui' e io non ne sapevo niente! Ah, come questo luogo e' terribile, perche' e' ben altra cosa che la casa di Dio e la porta del cielo!"
Dopo, essendosi alzato, egli rizzo' una pietra, sulla quale sparse dell'olio in memoria di cio' che gli era accaduto, e fece nello stesso tempo voto a Dio che se fosse tornato sano e salvo gli avrebbe offerto la decima parte di tutto quello che possedeva.

Ecco ancora un'altra visione.
Pascolando il gregge di suo suocero Labano, che gli aveva promesso di ricompensarlo con tutti gli agnelli di colore diverso che le pecore avrebbero prodotto, egli sogno' una volta di vedere i maschi fecondare le femmine, e che esse tutte producevano agnelli di colore diverso. Durante questo bel sogno, Dio gli apparve e gli disse: "Guarda come i maschi fecondano le femmine e come essi sono di diverso colore; perche' ho visto l'inganno e l'ingiustizia che ti ha fatto Labano, tuo suocero, alzati dunque; esci da questo paese e ritorna nel tuo."

Tornandosene con tutta la sua famiglia e con cio' che aveva guadagnato presso suo suocero, egli, dice la storia, incontro' un uomo sconosciuto contro il quale fu costretto a combattere tutta la notte, sino all'alba; e siccome questo sconosciuto non aveva potuto vincerlo, allora gli domando' chi fosse; Giacobbe gli disse il suo nome. "Tu non sarai piu' chiamato Giacobbe ma Israele; poiche' sei stato forte a combattere contro Dio, per maggiore ragione sarai piu' forte nel combattere contro gli uomini." (Gen.,XXXII,25,28)

Ecco quali furono all'inizio le pretese visioni e rivelazioni divine. Non e' necessario guardare ad altre oltre queste.
Ora, quale parvenza di divinita' puo' esserci in sogni cosi' grossolani e in illusioni cosi' vane?
Supponiamo che qualche persona venisse oggi a raccontarci simili frottole, e le spacciasse come autentiche rivelazioni divine; ad esempio, se qualche straniero, qualche tedesco venuto nella nostra Francia, dopo aver visto tutte le piu' belle provincie del regno,
- venisse a dire che Dio gli era apparso nel suo paese e che gli aveva detto di venire in Francia,
- perche' voleva dare ad esso e a tutti i suoi discendenti, tutte le belle terre, le signorie e le provincie di questo regno, che si trovano tra i fiumi Reno e Rodano sino all'oceano;
- che voleva fare con lui un'alleanza perpetua,
- che voleva moltiplicare la sua gente,
- che voleva rendere la sua posterita' tanto numerosa quanto le stelle in cielo, e i granelli di sabbia del mare, ecc.
chi non riderebbe di queste sciocchezze e non guarderebbe questi stranieri come dei folli?
Di certo non esiste alcuna persona che non li considererebbe tali, e che non si divertirebbe di tutte queste belle visioni e rivelazioni divine.

Ora non c'e' alcun motivo di giudicare ne di pensare altrimenti di tutto cio' che si e' attribuito e che si e' fatto dire a questi grandi e pretesi santi patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe, e delle supposte rivelazioni divine che essi dicevano di aver avuto.

Passando ora all'istituzione dei sacrifici di sangue, i libri sacri l'attribuiscono senza dubbio a Dio. Sarebbe troppo noioso riportare i dettagli disgustosi di questo genere di sacrifici, meglio rinviare la lettura a: Esodo, capitoli XXV,1; XXVII, 1 e 21; XXVIII,3; XXIX,1; ibidem V,2,4,5,6,7,8,9,10,11.
Ma gli uomini non sono poi tanto folli e tanto ciechi da credere di onorare Dio facendo a pezzi, uccidendo e bruciando le sue proprie creature, con la scusa di fargli dei sacrifici.
E allora, com'e' che i nostri cristicoli sono cosi' stravaganti da pensare di fare un piacere estremo al loro Dio Padre, offrendogli in sacrificio il suo Figlio divino, ricordando come e' stato vergognosamente e miserabilmente appeso ad una croce sulla quale e' spirato?
Certamente tutto questo non puo' derivare che da un accanito, persistente acciecamento dello spirito.

Per cio' che riguarda la pratica dei sacrifici di animali, essa consisteva solo in una parata di colate di sangue, frattaglie, fegati, gozzi, rognoni, unghie, pelli, sterco, fumo, focacce, qualche misura di olio e di vino: il tutto offerto e appestato da cerimonie sporche e tanto penose quanto le piu' stravaganti operazioni di magia.

Quello che e' piu' orribile e' che la legge di questo detestabile popolo giudeo ordinava anche che si sacrificassero degli uomini.
Questi barbari (chiunque essi fossero) che avevano redatto questa legge orrenda, (Lev., ch.,XXVII) ordinavano che si facesse morire, senza misericordia, tutti quelli che venivano consacrati al Dio dei Giudei, che essi chiamano Adonai; ed e' secondo questo esecrabile precetto che Jephte sacrifico' sua figlia e che Saulo volle immolare suo figlio.

Ma ecco ancora una prova della falsita' delle rivelazioni di cui abbiamo parlato: questa consiste nella la mancanza del compimento delle grandi e magnifiche promesse che le accompagnarono: perche' e' un fatto incontestabile che queste promesse non furono mai matenute.
La prova di cio' si deduce da tre punti principali:
rendere la loro posterita' piu' numerosa di tutti gli altri popoli della terra, ecc.
rendere il popolo generato dalla loro razza il piu' felice, il piu' santo, il piu' trionfante di tutti i popoli della terra, ecc.
e rendere pure la sua alleanza eterna, e che essi avrebbero posseduto per sempre il paese a loro donato.
- In primo luogo e' certo che il popolo giudeo, o popolo d'Israele, che e' il solo che si possa considerare come discendente dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, nonche' il solo per cui quelle promesse avrebbero dovuto essere mantenute, non e' mai stato tanto numeroso da poter essere numericamente comparato agli altri popoli della terra, tanto meno, riferendoci ai granelli di sabbia, ecc.; perche' e' ben noto che ai tempi in cui esso e' stato piu' numeroso e fiorente, non ha mai occupato altro che le piccole sterili provincie della Palestina e dintorni, che non rappresentano nulla a paragone delle vaste distese della moltitudine di regni fiorenti che sono in ogni parte della terra.

- In secondo luogo, esse non sono mai state mantenute per cio' che riguarda le grandi benedizioni da cui avrebbero dovuto essere favoriti: perche' per quanto essi abbiano riportato qualche piccola vittoria su alcune povere popolazioni che hanno saccheggiato, questo non impedisce che siano stati piu' sovente vinti e ridotti in schiavitu'; il loro regno e' stato distrutto, come pure la loro nazione, dall'esercito romano. E piu' ancora noi vediamo oggi come il resto di questa disgraziata nazione sia considerato il popolo piu' vile e piu' disprezzabile di tutta la terra, non disponendo di alcun territorio, ne dominio, ne superiorita'.

- In terzo luogo, abbiamo la promessa non mantenuta per quello che riguarda l'alleanza eterna che Dio avrebbe dovuto fare con loro, poiche', come si puo' constatare, non esiste alcun segno di questa alleanza. Al contrario essi sono, dopo parecchi secoli, ancora esclusi dal possesso del piccolo paese che pretendono che sia stato loro promesso, da parte di Dio, per goderne per sempre.

Cosi' tutte queste vantate promesse, non avendo avuto effetto, sono un segno sicuro della loro falsita': questo prova ancora, senza alcun dubbio, che questi pretesi libri santi e sacri che le contengono non sono stati scritti per ispirazione di Dio.
Quindi e' cosa vana che i nostri cristicoli pretendano di servirsene come testimonianza infallibile per provare la verita' della loro religione.

Capitolo 5 (parte 1)
L'Antico Testamento

I nostri cristicoli pongono ancora nel novero dei motivi di credibilita' e di prove certe della verita' della loro religione le profezie che sono, come loro pretendono, delle testimonianze sicure della verita' delle rivelazioni o ispirazioni divine, non essendoci che Dio in grado di predire con certezza le cose future, molto tempo prima che esse accadano, come sono quelle che sono state predette dai profeti.
Vediamo dunque chi sono questi presunti profeti e se erano all'altezza di certe cose, come i nostri cristicoli pretendono.

Questi uomini non erano che dei visionari e dei fanatici, che agivano e si esprimevano seguendo gli impulsi e i trasporti delle loro passioni dominanti, e che pertanto si immaginavano che fosse per la volonta' di Dio che essi agivano e parlavano; oppure erano degli impostori che imitavano i profeti e, per ingannare piu' facilmente gli ignoranti e i sempliciotti, si vantavano di agire e di parlare in nome di Dio.

Io vorrei proprio sapere come sia stato giudicato un tipo come Ezechiele il quale diceva (cap.III e IV) che:
Dio gli aveva fatto mangiare a colazione un libro di pergamena;
gli aveva ordinato di farsi legare come un pazzo;
gli aveva prescritto di giacere 390 giorni sul fianco destro e 40 sul sinistro;
gli aveva ordinato di mangiare della merda spalmata sul pane, sostituita in seguito, a titolo di favore, con dello sterco di bue.
Io mi chiedo come un individuo cosi' stravagante verrebbe accolto presso i piu' imbecilli di tutti i nostri contadini?

Quale piu' grande ulteriore prova della falsita' di queste pretese profezie se non le reciproche violenze che questi profeti si favevano l'un l'altro, accusandosi reciprocamente di parlare falsamente in nome di Dio? Rimproveri che essi si facevano, a loro dire, sempre in nome di Dio. ( Vedi Ezec.,XIII,3; Soph.,III,4; Gerem.,II,8).
Tutti indistintamente dicevano: "Guardatevi dai falsi profeti", cosi come i venditori di Mitridate dicevano: "Guardatevi dalle pillole contraffatte."

Questi disgraziati facevano parlare Dio con un linguaggio con cui neanche il peggior lazzarone oserebbe parlare.
Dio dice, (al XXIII capitolo d'Ezechiele) che la giovane Oolla non ama che quelli che hanno un membro di asino e sperma di cavallo!

In che modo questi furfanti insensati avrebbero potuto conoscere il futuro?
Nessuna profezia a favore della loro nazione giudaica si e' mai avverata.

Il numero delle profezie che predissero la felicita' e la grandezza di Gerusalemme e' incalcolabile. Qualcuno ha detto che e' alquanto naturale che un popolo vinto e prigioniero si consoli dei suoi mali reali con delle speranze immaginarie. Non era ancora passato un anno dalla destituzione di re Giacomo, che gli irlandesi del suo partito avevano gia' fabbricato innumerevoli profezie in suo favore.

Ma se queste promesse fatte ai giudei, si fossero effettivamente avverate, gia' da parecchio tempo la nazione giudea esisterebbe e costituirebbe il popolo piu' numeroso, il piu' potente, il piu' felice e il piu' trionfante della terra.

Capitolo 5 (parte 2)
Il Nuovo Testamento
Occorre ora esaminare le sedicenti profezie contenute nei Vangeli.
Anzitutto: un angelo, apparendo in sogno ad un certo Giuseppe, padre almeno putativo di Gesu, figlio di Maria, gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non aver paura di prendere con te Maria tua sposa perche' cio' che e' in lei e' opera dello Spirito Santo. Essa ti dara' un figlio che tu chiamerai Gesu, perche' sara' lui che si fara' carico dei peccati della gente."
Lo stesso angelo disse anche a Maria: "Non avere timore, perche' tu sei in grazia al cospetto di Dio. Io ti dico che tu concepirai nel tuo seno e genererai un figlio che tu chiamerai Gesu. Egli sara' grande e sara' chiamato il figlio dell'Altissimo. Il signore Dio gli donera' il trono di Davide, suo padre; egli regnera' per sempre nella casa di Giacobbe e il suo regno non avra' mai fine." (Matteo, I, 20 e Luca, I, 30)

Gesu comincio' a predicare e a dire: "Fate penitenza, perche' il regno del cielo si avvicina. (Matteo, IV, 17) Non datevi pena e non dite: cosa mangeremo e che cosa berremo? O di che cosa ci vestiremo? Perche il vostro padre celeste sa di tutte le cose che vi abbisognano. Cercate dunque e prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in sovrappiu'." (Matteo, VI, 31,32,33)
Ora, un qualsiasi uomo che non abbia perduto il comune buon senso, controlli un po' se questo Gesu e' mai stato re, e se i suoi discepoli hanno mai avuto tutte quelle cose in abbondanza.
Questo Gesu ha promesso spesso che avrebbe liberato il mondo dal peccato. Si e' mai vista una profezia piu' falsa? E il nostro secolo non ne e' una prova evidente?

E' stato detto che Gesu e' venuto a salvare il suo popolo.
Bel modo di salvarlo!

E' la massa che da' la definizione di una qualche cosa: una dozzina o due, per esempio, di spagnoli o di francesi non sono necessariamente il popolo francese o il popolo spagnolo. Se un esercito di centoventimila uomini viene fatto prigioniero di guerra da un esercito nemico piu' forte, e se il capo dell'esercito sconfitto riscattasse solamente qualche uomo, diciamo dieci, dodici soldati o ufficiali, pagando il loro riscatto, non si dira' per questo che esso abbia liberato o riscattato il suo esercito. Cos'e' dunque questo Dio che viene a farsi crocifiggere e morire per salvare tutto il mondo e lascia poi una quantita' di nazioni nella dannazione?
Che pena e che orrore!

Gesu-Cristo dice che basta domandare per ricevere, cercare per trovare.
Egli assicura che tutto quello che si domandera' a Dio e in suo nome potra' essere ottenuto; e che se si avesse solamente un granellino di vera fede si potrebbe con una sola parola muovere le montagne da una parte all'altra.
Se questa promessa fosse vera niente sarebbe impossibile per i nostri cristicoli che hanno fede nel loro Cristo.
Pero' capita tutto il contrario.

Se Maometto avesse fatto simili promesse ai suoi seguaci, come Cristo le ha fatte ai suoi, senza alcun successo, che cosa si dovrebbe dire?
Si griderebbe: al furbo, all'impostore, ai folli che credono ad un simile impostore!
Ecco invece i nostri cristicoli. E' da troppo tempo ormai che essi non riescono a guarire dalla loro cecita'; al contrario, essi sono cosi' ingegnosi nel mentire da pretendere che queste promesse abbiano avuto il loro compimento con l'inizio del cristianesimo, essendo stato, dicono loro, necessario fare dei miracoli al fine di convincere gli increduli sulla verita' della religione. Ma essendo ora questa religione sufficientemente consolidata, i miracoli non sono piu' necessari.
Dov'e' la certezza di questa proposizione?

D'altro canto colui che ha fatto queste promesse non le ha subordinate solamente ad un certo lasso di tempo, ne a certi luoghi, ne a certe persone in particolare, ma le ha fatte in generale a tutto il mondo. "La fede di quelli che credono - ha detto - sara' sostenuta da questi miracoli: essi cacceranno i demoni nel suo nome; essi parleranno molte lingue; essi toccheranno i serpenti, ecc."

A proposito del muovere le montagne egli affermo', categoricamente, che chiunque dira' ad una montagna: "Togliti di li' e buttati nel mare", posto che egli non esiti in cuor suo, ma che veramente creda, tutto cio' che ordinera' sara' fatto.
Non sono dunque queste promesse del tutto generali, senza restrizione di tempo, di luogo e di persone?

E' stato detto che tutte le sette errate e bugiarde faranno una fine vergognosa.
Ma se Gesu-Cristo intendeva solamente dire che egli aveva fondato e stabilito una societa' di settari che non cadranno mai nel vizio e nell'errore, allora queste parole sono assolutamente false, poiche' non c'e' nell'ambito del cristianesimo nessuna setta, ne societa' o chiesa, che non sia piena di errori e di vizi, particolarmente la setta o societa' della Chiesa romana, malgrado si dichiari la piu' pura e la piu' santa di tutte.

E' da molto tempo che essa e' caduta nell'errore; anzi vi e' nata; o per meglio dire essa vi e' stata generata e formata; e attualmente versa pure in errori che vanno contro l'intenzione, i sentimenti e la dottrina del suo fondatore, perche' essa ha, contro il suo disegno, abolito la legge dei giudei, che egli approvava e che era venuto, di persona, per realizzarla e non per distruggerla; ed e' anche caduta negli errori e nell'idolatria del paganesimo, come si vede dal culto idolatra che essa rende al suo Dio di pane, ai suoi santi, alle loro immagini e alle loro reliquie.

So bene che i nostri cristicoli giudicano una mancanza di spirito il voler prendere alla lettera le promesse e le profezie cosi' come sono state espresse; essi abbandonano il senso letterale e naturale delle parole, per dare loro un altro senso che chiamano mistico e spirituale, o anche lo chiamano allegorico e tropologico dicendo, per esempio, che per il popolo d'Israele e di Giuda, al quale queste promesse sono state fatte, bisogna intendere non gli Israeliti in carne ed ossa, ma gli Israeliti secondo lo spirito, vale a dire i cristiani che sono l'Israele di Dio, il vero popolo prescelto.

Che con la promessa fatta a questo popolo asservito di liberarlo dalla prigionia, occorre intendere non la liberazione fisica di un intero popolo prigioniero, ma la liberazione spirituale di tutti gli uomini dalla servitu' del demonio, ottenuta tramite il loro Salvatore.
Che per l'abbondanza di ricchezze e di tutte le felicita' temporali promesse a questo popolo, occorre intendere l'abbondanza delle grazie spirituali; e infine che per la citta' di Gerusalemme occorre intendere non la Geruslemme terrestre, ma la Gerusalemme spirituale, che sarebbe la chiesa Cristiana.

Ma e' facile constatare che queste interpretazioni spirituali e allegoriche non sono che un artificio, un immaginario, un sotterfugio di interpreti.
Questo non puo' assolutamente servire a far vedere la verita' o la falsita' di una proposizione, ne di una promessa qualunque.
E' ridicolo costruire cosi' delle allegorie, poiche' e' solo in rapporto al senso naturale e veritiero delle parole che si puo' giudicare della verita' o della falsita'.

Per esempio una proposizione, una promessa che appare veritiera nel senso proprio e naturale delle parole con le quali e' concepita, non diventera' falsa per se stessa, con il pretesto di dargli un senso estraneo che essa non avrebbe mai.
Cosi' pure quelle, che si dimostrano manifestamente false nel loro senso proprio e naturale, non diventeranno mai vere, di per se stesse, con il pretesto che si vorrebbe donare loro un senso estraneo che esse non avrebbero mai.

Si puo' quindi dire che le profezie dell'Antico Testamento, aggiunte al Nuovo, sono delle cose essenzialmente assurde e puerili.
Per esempio, Abramo aveva due donne una delle quali era solo una serva, questa dovrebbe simboleggiare la sinagoga; l'altra, che era la sposa, dovrebbe simboleggiare la Chiesa cristiana.
E ancora tenuto conto che tale Abramo aveva avuto due figli, di cui il primo che era della serva, figurerebbe il Vecchio Testamento, e l'altro, che era figlio della sposa, figurerebbe il Nuovo Testamento.
Chi non riderebbe di una dottrina cosi' ridicola?

E non e' altrettanto ridicolo che un pezzo di stoffa rossa, esposto da una puttana come segnale per delle spie, nell'Antico Testamento, sia il simbolo del sangue sparso da Gesu-Cristo, nel Nuovo?

Se, applicando questa maniera d'interpretare allegoricamente tutto cio' che si e' detto, fatto e praticato nell'antica legge dei Giudei, si volesse interpretare altrettanto allegoricamente tutti i discorsi, tutti gli atti, e tutte le avventure del famoso Don Chisciotte della Mancia, si troverebbero certamente altrettanti misteri e figure.
Cio' nonostante e' su questa ridicola fondamenta che l'intera religione cristiana si basa.
Non c'e' praticamente nulla in quella antica legge che i dottori cristicoli non abbiano cercato di spiegare misticamente a proprio vantaggio.

La profezia piu' falsa e ridicola che si sia mai fatta e' quella di Gesu in Luca(cap.XXI). E' stato predetto il manifestarsi di segni nel sole e nella luna, e che il figlio dell'uomo sarebbe venuto da una grande nube a giudicare gli uomini; e questo era stato predetto per la generazione allora presente.
E' forse accaduto?
Il figlio dell'uomo e' venuto da una nube?

Capitolo 6
Gli errori della dottrina e della morale.

La religione cristiana, apostolica e romana, insegna e obbliga a credere che esiste un solo Dio, e allo stesso tempo che esistono tre persone divine, ognuna delle quali e' a sua volta Dio: cosa manifestamente assurda, perche' se ci sono tre persone pari a Dio, allora si tratta di tre Dei.
E' falso affermare che c'e' un solo Dio, sempre ammesso che esista, ed e' altrettanto falso affermare che ce ne sono tre al pari di Dio, poiche' uno e tre non si possono attribuire, allo stesso tempo, ad una sola e medesima cosa.

Si sostiene che la prima di queste pretese persone divine, chiamata Padre, ha generato la seconda persona, che si chiama Figlio, e che queste due prime persone hanno prodotto la terza, che si chiama Spirito Santo; nondimeno si afferma che queste tre pretese persone divine non dipendono l'una dall'altra e non sono tra di loro susseguenti nel tempo.

Cio' e' altrettanto manifestamente assurdo, poiche' una cosa non puo' ricevere la sua esistenza da un'altra senza alcuna dipendenza da questa prima, e che bisogna necessariamente che una cosa esista perche' possa donare l'esistenza ad un'altra.
Quindi se la seconda e la terza persona divina hanno ricevuto la loro esistenza dalla prima, occorre necessariamente che esse dipendano per la loro stessa esistenza da questa prima persona che le avrebbe generate; e bisogna necessariamente che sia cosi': cioe' che questa prima persona, che avrebbe donato l'esistenza alle altre due, sia esistita precedentemente, perche' se non lo fosse stata non avrebbe potuto donare l'esistenza a nessuno.

D'altra parte ripugna ed e' assurdo dire che una cosa che sarebbe stata generata e prodotta non abbia avuto un inizio.
Ora, secondo i nostri cristicoli, la seconda e la terza persona sono state generate o prodotte: dunque esse hanno avuto un inizio; e se esse hanno avuto un inizio, mentre la prima persona non ne ha avuto, non essendo stata generata, ne prodotta da alcun altra, ne consegue di necessita' che la prima era pre-esistente alle altre due.

I nostri cristicoli, coscienti di queste assurdita' che non possono difendere con nessuna buona ragione, non hanno altra risorsa che quella di dire che e' necessario chiudere piamente gli occhi della ragione umana, e umilmente adorare un cosi' grande mistero senza volerlo comprendere. Ma siccome cio' che chiamano fede e' stato in precedenza decisamente rifiutato, quando loro ci dicono che occorre sottomettersi, e' come se dicessero che occorre ciecamente credere a cio' che non si crede affatto.

I nostri deo-cristicoli condannano apertamente la cecita' degli antichi pagani che adoravano una moltitudine di dei.
Essi deridono la genealogia di questi dei, la loro nascita, i loro matrimoni, e la generazione dei loro figli, e non si accorgono di dire, a loro volta, cose molto piu' ridicole e assurde.

Se i pagani credevano che ci fossero delle dee come pure degli dei, e che questi dei e dee si sposassero e generassero dei figli, essi pensavano con cio' nulla che non fosse piu' che naturale, in quanto essi non immaginavano ancora che gli dei fossero senza corpo e senza sentimenti.
Essi credevano invece che ne fossero dotati esattamente come gli uomini.
E allora perche' non avrebbero dovuto essere maschi e femmine?
Non vi era ragione per i pagani di negare o di riconoscere gli uni piuttosto che le altre; e pertanto perche' essi non avrebbero dovuto generare in maniera ordinaria?
Non c'era certamente niente di ridicolo ne di assurdo in questa dottrina, ritenuto per vero che i loro dei esistessero.

Ma, nella dottrina dei nostri cristicoli, c'e' qualcosa di molto piu' ridicolo e di piu' assurdo: perche', oltre a cio' che dicono di un Dio che si fa in tre, e di tre che si fanno in uno, essi dicono anche che questo Dio triplo e unico non ha ne corpo, ne forma, ne immagine; che la prima persona di questo Dio triplo e unico, che essi chiamano padre, ha generato da solo una seconda persona, che essi chiamano figlio, del tutto simile a suo padre, essendo come lui senza corpo, senza forma, e senza immagine.

Se le cose stanno cosi', cos'e' che obbliga la prima a chiamarsi padre piuttosto che madre, e la seconda a chiamarsi figlio piuttosto che figlia?
Perche' se la prima e' veramente piuttosto padre che madre e la seconda e' piuttosto figlio che figlia, occorre necessariamente che ci sia qualcosa nell'uno e nell'altra di queste due persone che faccia in modo che l'uno sia padre e non madre, e l'altro figlio e non figlia.
Ora cosa obbliga a fare in modo che essi siano tutti e due maschi e non femmine?
E d'altro canto come potrebbero essere essi piuttosto maschi che femmine, non avendo un corpo, ne forma ne immagine?
Questo e' un concetto inimmaginabile che si distrugge da solo.

Non ha importanza essi dicono, ancora e sempre, che queste due persone siano senza corpo, forma, ne immagine, e conseguentemente senza differenza di sesso e nondimeno padre e figlio, e che essi abbiano prodotto per loro mutuo amore una terza persona, che essi chiamano lo Spirito Santo, la quale persona non ha, non piu' delle altre, ne corpo, ne forma, ne immagine.
Questo e' solo un abominevole sproloquio!

Visto che i nostri cristicoli limitano la potenza di Dio padre alla generazione di un solo figlio, perche' non vogliono che questa seconda persona, come pure la terza, abbiano come la prima la potenza di generare un figlio a loro somiglianza?
Se questa capacita' di generare un figlio rappresenta una perfezione nella prima persona, allora si tratta di una perfezione e di un potere che non esistono ne nella seconda ne nella terza persona.
Pertanto se queste due persone mancano di una perfezione e di un potere che si trovano solo nella prima, esse non saranno certamente uguali tra di loro; se, d'altro canto, essi dicono che questa potenza di generare un figlio non e' una perfezione essi non dovrebbero dunque attribuirla alla prima persona, non piu' che alle altre due, in quanto non c'e' bisogno di attribuire delle perfezioni ad un Essere che e' sovranamente perfetto.

Pero' i cristicoli non oserebbero mai dire che la potenza di generare una persona divina non sia una perfezione; essi dicono che questa prima persona avrebbe ben potuto generare piu' figli, ma che essa ha voluto generarne uno solo, e che le altre due persone analogamente non avrebbero voluto generarne delle altre, allora:

1° - si potrebbe domandare loro come fanno a sapere che le cose stanno cosi', poiche' non si vede, nelle loro pretese sacre scritture, che qualcuna di queste diverse persone si sia categoricamente dichiarata in proposito.
Come possono dunque i nostri cristicoli saperne qualcosa?
In realta' essi ne parlano seguendo solo le loro idee e la loro immaginazione contorta;

2° - se si dice che se queste pretese divine persone pur avendo la potenza di generare piu' figli, non abbiano voluto peraltro farlo, ne conseguirebbe che questa divina potenza dimorerebbe in loro senza effetto.
Essa sarebbe del tutto senza effetto nella terza persona, che non genererebbe e non produrrebbe nulla, ed essa sarebbe pressocche' senza effetto nelle altre due, visto che ne hanno fatto un uso tanto limitato.
Cosi' questa potenza che avrebbero di generare e produrre una quantita' di figli, dimorerebbe in esse come oziosa ed inutile, cosa che appare alquanto sconveniente dire di persone divine.

II nostri cristicoli criticano e condannano i pagani per il fatto che essi attribuivano la divinita' a degli uomini mortali, e che essi li adoravano come degli dei dopo la loro morte: e in questo hanno ragione.
Ma questi pagani non facevano altro che quello che fanno ancora i nostri cristicoli, i quali attribuiscono la divinita' al loro Cristo, e quindi dovrebbero cosi' condannare se stessi, perche' cadono nello stesso errore dei pagani, e adorano un uomo che e' stato mortale, tanto mortale da morire vergognosamente su una croce.

Non serve a nulla ai nostri cristicoli dire che c'e' una grande differenza tra il loro Gesu-Cristo e gli dei dei pagani, con il pretesto che il loro Cristo sarebbe, come essi dicono, vero Dio e vero uomo ad un tempo, posto che la divinita' si sia veramente incarnata in lui; in tal modo la natura divina si trovava congiunta ed unita ipostaticamente, come sostengono, con la natura umana, e queste due nature avrebbero fatto di Gesu-Cristo un vero dio e un vero uomo; cosa mai avvenuta, come pretendono, con gli dei pagani.
Ma e' facile far vedere la debolezza di questo ragionamento perche':
- da un lato, non sarebbe stato altrettanto facile per i pagani, come lo e' stato per i cristiani, dire che la Divinita' si sarebbe incarnata negli uomini che essi adoravano come dei?
- D'altro lato, se la divinita' aveva voluto incarnarsi e unirsi ipostaticamente alla natura umana in Gesu-Cristo, cosa ne sanno se questa Divinita' non abbia voluto incarnarsi e unirsi ipostaticamente alla natura umana di questi grandi uomini, o di queste ammirabili donne che, per la loro virtu', per le loro belle qualita', o per le loro belle azioni, hanno eccelso sui comuni mortali e si sono cosi' fatti adorare come dei e dee?

Se i nostri cristicoli non vogliono credere che la Divinita' si sia mai incarnata in questi personaggi, perche' vogliono persuaderci che essa si sia incarnata nel loro Gesu?
Dov'e' la prova?
La fede e la credenza erano nei pagani come lo sono nei cristiani; quindi si vede che questi ultimi sono ugualmente in errore, come gli altri.

Ma cio' che appare piu' ridicolo nel cristianesimo rispetto al paganesimo e' il fatto che i pagani hanno normalmente attribuito la divinita' solo a grandi uomini, autorita' nelle arti, nelle scienze, o che hanno eccelso in virtu' utili alla loro patria. Ma i nostri deo-cristicoli, a chi hanno attribuito la Divinita'?
Ad un uomo da nulla, vile e spregevole, che non aveva talento, ne scienza, ne indirizzo, nato da parenti poveri, e che, per aver voluto mostrarsi al mondo e per fare parlare di se', non e' stato giudicato altro che un insensato e un ingannatore, che e' stato disprezzato, schernito, perseguitato, frustato, e alla fine appeso come la maggior parte di quelli che avevano voluto recitare lo stesso ruolo, senza averne il coraggio e l'abilita' per farlo.

Al suo tempo ci sono stati molti altri e simili impostori che sostenevano di essere il vero messia, promesso dalla Legge; tra gli altri un certo Giuda Galileo, un Teodoro, un Barcon, e tanti altri che, con vari pretesti abusarono del popolo, e tentarono di farlo ribellare per servirsene a loro vantaggio: tutti poi invariabilmente uccisi.

Consideriamo i suoi discorsi e qualcuna delle sue gesta, che sono tra le piu' rilevanti e singolari nel loro genere.
"Fate penitenza - diceva egli alla gente - perche' il regno del cielo e' vicino; credete a questa buona novella."
Egli percorse tutta la Galilea, predicando in questo modo la pretesa e prossima venuta del regno del cielo. Siccome nessuno ha ancora avuto sentore della venuta di questo regno, questa e' una prova lampante che esso non e' che frutto di immaginazione.

Ma vediamo nelle sue altre prediche l'elogio e la descrizione di questo bel regno. Ecco come egli parla al popolo:
- "Il regno dei cieli e' simile ad un uomo che ha seminato del buon grano nel suo campo; ma mentre gli uomini dormivano, e' venuto il suo nemico che ha seminato la zizzania tra il buon grano.
- Esso assomiglia ad un tesoro nascosto in un campo; avendo un uomo trovato il tesoro, lo ha nuovamente nascosto, ed egli era cosi' contento d'averlo trovato, che ha venduto tutti i suoi beni ed ha acquistato questo campo.
- Esso sembra ad un mercante che cerca delle belle perle, e che, avendone trovata una di grande pregio, vende tutto cio' che possiede ed acquista questa perla.
- Esso sembra ad un rete che e' stata gettata in mare e che cattura ogni genere di pesci; essendo piena, i pescatori l'hanno ritirata ed hanno messo i pesci buoni insieme entro le loro barche, e gettato via i cattivi.
- Esso senbra ad un granello di senape che un uomo ha seminato nel suo campo, non esiste un granello piu' piccolo di questo, ma cio' nonostante, quando egli e' cresciuto esso e' piu' grande di tutti i legumi, ecc."
Vi sembrano questi dei discorsi degni di un Dio?

Si dara' ancora lo stesso giudizio di lui, se si esamineranno da vicino i suoi atti, quali:

1° - il percorrere tutta una provincia predicando il prossimo avvento di un presunto regno;

2° - essere stato trasportato dal diavolo su di un'alta montagna, dove egli avrebbe creduto di vedere tutti i regni del mondo. Questo non puo' che attribuirsi ad un visionario, perche' e' certo che non esiste montagna sulla terra dalla quale si possa vedere anche un solo regno, a meno che questo sia il regno di Yvetot, che si trova in Francia. E' solo immaginazione che egli abbia visto tutti quei regni, come pure la tentazione sul pinaccolo del tempio;

3° - durante la guarigione del sordomuto, di cui si parla in san Marco, e' stato detto che egli agi' in un modo quanto meno bizzarro; dopo avergli messo le sue dita nelle orecchie, e averlo sputato, gli tiro' la lingua; poi volgendo gli occhi al cielo, fece un gran sospiro e gli disse: epheta.

Per finire: leggete tutto cio' che lo riguarda e giudicate se non c'e' niente al mondo di piu' ridicolo.

Dopo aver rimarcato una parte della poverta' di idee, attribuite a Dio dai cristicoli, aggiungiamo ancora qualche parola sui loro misteri.
Essi adorano un Dio in tre persone, o tre persone in un solo Dio e si attribuiscono il potere di fabbricare degli dei impastando della farina e poi di fare di cio' tutto quello che vogliono: perche', secondo i loro principi, devono dire solamente quattro parole su qualche bicchiere di vino o su queste immagini di pasta, per farne altrettanti dei; ne hanno fatti a milioni!
Quale pazzia!
Con tutta la pretesa potenza del loro Cristo, essi non saprebbero creare il piu' piccolo insetto, e nonostante pretendono di poter fabbricare migliaia di dei.

Occorre essere colpiti da una ben strana cecita' per sostenere delle cose tanto penose, e tutto questo su fondamenta tanto vane come le parole equivoche di un fanatico.

Ma non vedono questi dottori ciechi che cio' significa spalancare la porta ad ogni sorta di idolatria come e' quella di voler far adorare delle immagini di pasta con la scusa che dei preti avrebbero il potere di consacrarle e trasformarle in dei?

Quali preti degli idoli pagani non avrebbero potuto e non potrebbero ora vantarsi di avere anche loro una simile qualita'?

Non vedono che le stesse ragioni che dimostravano la vanita' degli dei o degli idoli di legno, di pietra, ecc., adorati dai pagani, dimostrano analogamente la vanita' degli dei e degli idoli di pasta di farina che i nostri deo-cristicoli adorano?

Per quale motivo prendono in giro la falsita' degli dei pagani? Forse perche' essi sono delle immagini fatte dalla mano degli uomini, delle immagini mute ed insensibili?
E allora che cosa sono i nostri idoli che noi teniamo rinchiusi in nicchie per paura dei topi?

Sarebbero dunque queste le vane ragioni dei cristicoli, e la loro morale?

Essa e' sempre la stessa che in tutte le altre religioni; pero' da questa molti dogmi crudeli ne sono nati, e hanno insegnato la persecuzione ed il tormento.

I loro miracoli? Ma quale popolo non ha i suoi, e quali saggi non disprezzano queste favole?

Le loro profezie? Ma non ne e' stata dimostrata la falsità?

I loro costumi? Ma non sono essi sovente infami?

L'istituto della religione? Ma il fanatismo non l'ha iniziato, l'intrigo non l'ha elevato e la forza non ha sostenuto visibilmente questo edificio?

La dottrina? Ma non e' essa il colmo dell'assurdità?

Io credo, miei cari amici, di avervi fornito un riparo sufficiente contro tanta pazzia. La vostra ragione fara' ancor piu' dei miei discorsi: e' a Dio che noi dovremo compiacerci piuttosto che essere ingannati!
Ma il sangue umano scorre dai tempi di Costantino a causa di queste orribili menzogne.
La chiesa romana, la greca, la protestante, con vane dispute e molte ipocrite ambizioni hanno devastato l'Europa, l'Africa e l'Asia.

Unitevi, amici miei, agli uomini che a causa di questi problemi sono stati sgozzati, a quella moltitudine di monaci e di monache costretti alla sterilita' a causa del loro stato. Guardate quante creature sono andate perdute e vedrete come la religione cristiana abbia fatto perire la meta' del genere umano.

Infine voglio supplicare Dio, cosi' oltraggiato da questa setta, di degnarsi di ricondurci a quella religione naturale, della quale il cristianesimo e' il nemico dichiarato; a quella religione santa che Dio ha posto nel cuore di tutti gli uomini, che ci insegna a non fare agli altri cio' che non vorremmo fosse fatto a noi.
Solo allora il mondo sara' composto da buoni cittadini, da padri giusti, da figli obbedienti e da teneri amici. Dio ci ha dato questa religione naturale con il donarci la ragione. Possa il fanatismo non piu' pervertirla!

Io muoio piu' colmo di questi desideri che di speranze.

Di seguito vengono riportati alcuni brani significativi estratti dalle parti 7 ed 8 del Testamento; queste parti sono state volutamente ignorate da Voltaire durante la compilazione del suo Estratto.
E' specialmente in queste due parti che Meslier teorizza e si propone come "Ateo Materialista".


I deicoli danno alla "causa prima" il nome di dio mentre gli atei la chiamano Natura o Essere Materiale o, piu' semplicemente Materia. Se si trattasse solo del nome sarebbe facile metterli d'accordo. Poiche', infatti, i nomi non determinano ne cambiano la natura delle cose, e' indifferente dare a questa "prima causa" il nome di dio, o quello di natura e di materia, e cosi' non ci sarebbe bisogno di discuterne oltre.

Dio non esiste. Se esistesse sarebbe evidente.
Se ci fosse veramente qualche divinita' o qualche essere infinitamente perfetto, che volesse essere amato e adorato dagli uomini, farebbe parte della sua stessa ragion d'essere, oltre che della giustizia e del dovere di tale presunto essere infinitamente perfetto, di manifestarsi, o almeno di farsi conoscere in qualche modo da quelli da cui vorrebbe essere amato, adorato e servito.

I nostri pii e devoti cristicoli cercheranno di farci credere in maniera semplicistica che il loro dio vuole soprattutto farsi conoscere, amare e servire attraverso le luci invero tenebrose della fede, attraverso un atto d'amore e di carita' concepito dalla fede, e non attraverso i lumi chiari della ragione umana, per mortificare, come dicono, l'intelletto dell'uomo e per turbare il suo orgoglio.
In queste condizioni chiunque potrebbe far credere qualsiasi cosa.
Se l'uomo deve rinunciare alla ragione per credere in dio, non ci sono piu' limiti al raggiro.

Il primo pensiero che mi si presenta nel momento in cui prendo in considerazione un essere cosi' buono, bello, saggio, grande, eccellente, stupendo, perfetto, ecc. e' che se esistesse veramente apparirebbe in maniera talmente chiara ed evidente ai nostri occhi e alle nostre coscienze che nessuno potrebbe in alcun modo dubitare della sua esistenza.
Al contrario ci sono argomenti per credere e per dire che non esiste.

D'altronde, a che scopo un essere cosi' perfetto avrebbe creato un universo tanto miserabile, pieno di male, di vizio e di malvagita', in cui gli uomini soffrono e muoiono?
Come si puo' parlare di "meraviglie" della natura, la quale e' un territorio chiuso nel quale tutti gli esseri viventi sopravvivono soltanto eliminandosi a vicenda?
E che non si dica che cio' e' la conseguenza di un presunto peccato originale: il male e' congenito alla natura, indispensabile, altrimenti ci sarebbe una rapida proliferazione di uomini e di animali, e la terra non potrebbe contenerli.

Le religioni vogliono che si creda assolutamente e semplicemente a tutto cio' che esse dicono, non soltanto senza manifestare dubbio alcuno, ma anche senza ricercarne e senza desiderare di conoscerne le ragioni, in quanto cio' sarebbe, secondo esse, di una sfacciata temerarieta' e un crimine di lesa maesta' divina.

La fede e' un dono, dichiara la chiesa. Allora perche' non tutti gli uomini hanno ricevuto questo dono? Se sono privi di fede, perche' non ce l'hanno? E perche' non credono questi sciagurati?

Da dove si deduce che un dio immutabile ed immobile per sua natura possa comunque muovere dei corpi?
Da dove si deduce che un essere inesteso ed invisibile sarebbe comunque immenso e, per cosi' dire, infinitamente esteso?
Da dove si deduce che un essere senza testa e senza cervello sarebbe comunque infinitamente saggio e illuminato?
Da dove si deduce che un essere privo di qualita' e di affezioni sensibili sarebbe comunque infinitamente buono, affabile e perfetto?
Da dove si deduce che un essere privo di braccia e di gambe e che non riuscirebbe a muoversi da solo sarebbe comunque onnipotente e farebbe ogni cosa?
Chi ne ha avuto esperienza?

Vediamo con chiarezza che la natura e' ovunque, che agisce e che e' sempre lei a creare tutto, e' molto piu' naturale e probabile dire che e' per se stessa cio' che e', piuttosto che dire che un altro essere non visibile e che non si sa dove sia, sarebbe per se stesso cio' che si immagina soltanto che egli possa essere.


Eliminata ogni residua fede in dio, anche nel dio della religione naturale, Meslier giustifica "spinozianamente" la formazione delle cose naturali facendo coincidere l'essere generale con la materia che trae da se stessa la propria esistenza ed il proprio movimento: basta supporre, per esempio, che la materia e' eterna, che essa e' di per se cio' che e', e che trae da se stessa il proprio inizio.
Questa supposizione e' semplice e naturale, ed e' chiaramente verificabile che essa non e' affatto impossibile. (2)

Non vediamo, non sentiamo e non conosciamo di certo nulla che non sia la materia.
Chiudete gli occhi! Cosa vedremo? Nulla.
Turate le orecchie! Cosa sentiremo? Nulla.
Fate a meno delle mani! Cosa toccheremo? Nulla, se non in maniera impropria attraverso le altre parti del corpo.
Fate a meno della testa e del cervello! Cosa conosceremo? Nulla.

In nome di cosa supporremo, al di la' di questa materia senza la quale siamo nulla, un'altra realta' non visibile?
L'essere e' la materia: e' evidente che l'essere materiale e' in ogni cosa, che ogni cosa ha origine dall'essere materiale, e che ogni cosa si riduce alla fine all'essere materiale, cioe' alla materia stessa.
La materia e' eterna. L'idea stessa di creazione a partire dal nulla e' assurda.
Assurda e' anche l'idea di creazione del tempo che deve essa stessa avvenire nel tempo.
Inoltre di quanto tempo dio ha avuto bisogno per creare il tempo?
Assurda e' l'idea di creazione dello spazio: prima di questa creazione dove stava dio? Da nessuna parte, quindi cio' che e' da nessuna parte non e', e cio' che non e' puo' aver creato soltanto il nulla.

E' palese la falsita' stessa delle idee degli uomini intorno alla spiritualita' e immortalita' dell'anima. Di questa presunta spiritualita' dell'anima, cosi' ben dimostrata, secondo loro, i nostri "cartesiani" credono di poter tirar fuori una prova evidente della sua immortalita'.
Nell'uomo un'anima intesa come principio vitale c'e', ma e' materiale. La nozione stessa di spirito e' inconcepibile.

Da dove vengono allora i sentimenti ed il pensiero? Non si puo' dire che la materia pensi o provi dei sentimenti in quanto non e' propriamente la materia ad essere dolore, piacere, ecc. bensi' cio' che nel corpo e' determinato dal sentimento del dolore, del piacere, della gioia o della tristezza attraverso le loro diverse modificazioni.

Allora, cos'e' l'anima?
E' la parte piu' raffinata di materia presente in noi rispetto all'altra parte di materia piu' rozza che compone le membra e le parti visibili del nostro corpo.
E se ci si domandasse che cosa diventa questa materia raffinata e tormentata nel momento della morte, si puo' rispondere senza esitazione che si dissolve e si disperde immediatamente nell'aria, come un vapore leggero o come una leggera esalazione. (Idea a suo tempo gia espressa da Lucrezio).

Cosa pensa l'anima del feto?
Nulla hanno provato i sensi del feto che e' ancora nel ventre della madre. Nulla ha visto, nulla ha gustato, toccato, sentito; dunque, di nulla ha preso atto, cioe' non ha ancora avuto pensieri, ne conoscenza nell'apprendimento, per cui a nulla pensa eppure, come sostengono i cartesiani, ha veramente un'anima spirituale e immortale, allora e' chiaro e palese che l'essere di questa anima non e' sicuramente il pensiero.

Decisamente non c'e' anima distinta dalla materia. Se si presentasse il caso, si riconoscerebbe da sola senza ricorrere alla materia, non essendo concepibile il modo con cui potrebbe riconoscere quest'ultima. E supponendo che cio' avvenisse, l'anima saprebbe comunque distinguersi dalla materia proprio come i prigionieri sanno distinguere se stessi dalle mura della prigione.

E cosi' non vi sia tra voi religione diversa da quella della saggezza e della moralita', da quella dell'onesta' e della decenza, della franchezza e della generosita' d'animo; non ci sia religione diversa da quella che consiste nell'abolire completamente la tirannide e il culto degli dei e dei loro idoli.

IL GIANSENISMO
Per giansenismo s'intende una serie di dibattiti teologici, anche aspri quanto oziosi, sorti nel XVI secolo, in materia di "Grazia Divina".
Sull'argomento di contrapponevano due correnti di pensiero:
- quella dei "molinisti" (ispirata dal gesuita Molina - 1535/1606) che riteneva appartenere alla natura umana un maggior potere di liberta' individuale per quanto concerne la possibilita' di conseguire meriti di natura divina;
- quella dei "giansenisti" (ispirta da C. Jansen - 1585/1638) che, basandosi sugli scritti di S. Agostino, privilegiava invece l'iniziativa divina nei confronti della liberta' dell'uomo.
Proveniente dall'Universita' di Lovanio, Cornelius Jansen si stabilisce in Francia (1604) diventando vescovo di Ypres.
Negli anni dal 1604 al 1614 lavora alla redazione del suo trattato sulla grazia divina, intitolato Augustinus, che verra' pubblicato solo nel 1640, due anni dopo la sua morte.
La pubblicazione, densa di precetti di austerita', in netto contrasto con le teorie dei gesuiti, scatena interminabili polemiche destinate a durare quasi un secolo.
In Francia Jansen trova validi sostenitori in Pascal, presso la facoltosa famiglia Arnauld, nell'abate di Saint-Cyran nonche' presso tutti i membri della congregazione che fa capo all'abbazia di Port-Royal.
Nel 1653 il papa Innocenzo X, istigato dai gesuiti, dichiara eretiche le tesi sostenute dai giansenisti e questo, dopo reiterati ammonimenti, provoca l'occupazione militare dell'abbazia di Port-Royal, ordinata da Luigi XIV nel 1669.
Seguono 10 anni di calma apparente, poi nel 1679 il giansenismo si risveglia (con Pasquier Quesnel), piu' battagliero che mai e con connotazioni apertamente politiche e parlamentari. In realta' il giansenismo si era trasformato, da semplice bega teologica, in un movimento di austerita' e di anti assolutismo, apertamente critico nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche e del potere assoluto della monarchia francese.
Ne consegue l'ordine perentorio di Luigi XIV di radere al suolo l'abbazia di Port-Royal. L'ultimo colpo al movimento verra' poi dato (1713) dalla bolla Unigenitus di Clemente XI.

LA DIFFUSIONE
Anno 1733 -
A questa data le copie manoscritte sono centinaia.
Voltaire, venuto in possesso di una copia, decide di ricavarne una sintesi (Extrait) che da' alle stampe a proprie spese. Il successo dell'iniziativa e' notevole e contribuisce grandemente, anche se in maniera sintetica e non sempre fedele, a far conoscere il pensiero ed il lavoro di Meslier.
Anno 1737 -
L'opera di Meslier risulta conosciuta e diffusa a Londra.
Anno 1743 -
Una iniziativa della polizia, nei confronti di un certo La Barrère, cerca di ostacolare la diffusione dell'opera.
Anno 1748 -
A Berlino il nome di Meslier e' molto noto; l'imperatore Federico II ha acquistato una copia manoscritta per la sua biblioteca.
Anno 1760 -
Viene compilata, da un autore anonimo, una prima biogradia di Jean Meslier.
Anno 1786 -
L'opera di Meslier risulta essere diffusa in Polonia.
Anno 1793 -
La Rivoluzione Francese ha promosso una massiccia opera di decristianizzazione dello stato. In questo contesto il deputato Anarcharsis Cloots propone una mozione alla Convenzione Nazionale affinche venga eretto, a Parigi, un monumento a J. Meslier.
Anno 1861 -
L'editore Van Giessenburg di Amsterdam pubblica una prima edizione in 3 volumi del Testamento.
Anno 1876 -
In Russia, Aleksandr Chakhou inizia una serie di studi sull'opera di J.M. mettendo in evidenza le affinita' con il materialismo ateo di Carlo Marx.
Anno 1918 -
In Russia, V.P. Volguin pubblica una interpretazione marxista del testamento di J.M.
Anno 1925 -
In Russia, A. Deborin pubblica una versione ridotta dell'opera di J.M.
Anno 1937 -
In Russia, A. Deborin pubblica il testo completo di Meslier. Diffuso in migliaia di copie, diventa un testo di riferimento per le scuole superiori e per le universita' dell'Unione Sovietica.
Anno 1965 -
A Parigi viene stampato il testo di M. Dommanget dal titolo: Il curato Meslier ateo, comunista e rivoluzionario, sotto Luigi XIV.
Anno 1970 -
Pubblicato il testo: Oeuvres de Jean Meslier - 3 volumi a cura di Deprun-Desné-Soboul.


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