Non esistono verità assolute o dogmi insindacabili. Questi sono solo strumenti concepiti per soggiogare la vostra mente

giovedì 9 giugno 2011

Ratzinger - Gesù di Nazaret (II° parte)

un articolo di Giancarlo Tranfo

Era fuori discussione che applaudissero preti, monache, cardinali, accademici
asserviti, comunione e liberazione, boy scouts e sottosviluppati da oratorio di
ogni genere e fatta: già avevano iniziato a farlo prima che uscisse…! E
Ma le persone laiche e normali? Nulla da dire?
E nel mio piccolo io stesso, scrittorino dilettante e studioso “non accademico”
a tempo perso, potevo lasciarmi sfuggire una simile occasione? Non avendo
il tempo di scrivere una pungente recensione come feci quando uscì il primo
massacro della storia ad opera dello stesso “serial killer” (pubblicata anche in
più lingue su decine di siti web), non ho tuttavia rinunciato ad infarcire (come
una pizza quattro stagioni) la ristampa del mio libro con numerose e stuzzicanti
note a margine.
Ebbene sì… avete capito: per fare questo mi sono dovuto sciroppare l’intero
tomo dall’inizio alla fine… e invito tutti a farlo (senza comprarlo… magari uno
alla volta ve lo presto io) perché è un vero delirio di comicità al punto da lasciare
gli addominali indolenziti!
Il buonumore che solleva, in chi non è del tutto a digiuno di storia del cristianesimo,
è talmente tanto da superare il disappunto e la rabbia per la palese
malafede e l’evidente intento fraudolento volto a sfruttare l’ignoranza storica
del “lettore medio”, facendo leva sul proprio magistero.
Per non disperdere nelle risate preziosi argomenti di riflessione sull’altrui
malafede, almeno in questa sede restiamo seri e osserviamo che l’intento del
nostro amico è stato chiaro fin dal primo libro: proporsi nei panni dello storico
per insultare la storia e far finta di seguire i criteri di analisi critica ispirati alla
metodologia scientifica per avvilirne il senso e le finalità a favore della cieca,
acritica ed anacronistica scelta dogmatica.
È così che nasce e viene spudoratamente proposta l’idea di una “ermeneutica
della fede” che, senza prove e senza logica, dovrebbe integrare la “ermeneutica
storica”, la quale invece…è bene che resti “consapevole dei propri limiti”!
In altre parole, l’intuizione metodologica proposta come unica valida è
quella di coniugare e di fatto assoggettare la ricerca storica alla fede cieca e
priva di qualsiasi riscontro reale, non essendo altrimenti la prima in grado di
superare i propri limiti di…oggettività!
È attraverso questa via che si intende accreditare alla conoscenza la “figura
veramente storica di Gesù” .
In effetti il papa ha ragione: è solo attraverso una ricerca cristologica asservita
a tale assurdo e strumentale metodo che è possibile assegnare la patente
della storia al Gesù dei vangeli!
È senza dubbio un criterio di una tale arroganza metodologica da lasciare
senza parole. D’altra parte dalla penna del “capo della chiesa” nessuno si sarebbe
potuto aspettare un “atto di umiltà” nei confronti della logica, della
scienza e della storia ma solo l’ennesimo cieco invito al “Credo quia absurdum”
della fede che si vuole, addirittura, debba illuminare la storia!
Su tali premesse tutto diviene possibile.
Parlando, ad esempio, dell’esistenza del presunto, infondato e assurdo uso
romano di liberare un prigioniero in occasione delle feste pasquali, può esser
detto che pur in assenza di riscontri storici, vista l’attestazione (unica e sola)
dei vangeli,“non v’è ragione di dubitare” mentre qualsiasi ragionevole ancoraggio
ai criteri suggeriti dalla “insufficiente” metodologia storico-scientifica avrebbe
suggerito semmai di dire, a proposito dell’uso in questione, che stante l’assenza
di riscontri nelle pagine degli storici “non v’è ragione di ritenerlo reale” .
Parimenti, è sufficiente ignorare gli scenari, le tensioni sociali, le contraddizioni,
le aspettative e le rivendicazioni del popolo ebraico del tempo (attestate
dagli storici dei primi secoli), per escludere la natura “zelota” o semplicemente
insurrezionale di azioni quali l’ingresso con seguito in Gerusalemme.
Con lo stesso “realismo” e pari “senso della storia”, grazie alla “felice” scelta
“ermeneutica”, si nega al “messia” qualsiasi regalità in senso esclusivamente
terreno, alla quale viene sovrapposta (con maldestra retrodatazione) la solita
e obsoleta visione ellenistico/universalista della titolarità messianica in senso
celeste, in realtà frutto di un’invenzione dei secoli successivi, assolutamente
improponibile nel contesto “esplosivo” di un paese oppresso e in perenne rivolta
che non si sarebbe nemmeno sognato di accogliere una simile proposta.
Parlando poi della sfuriata nel tempio, come è possibile che un mite e semisconosciuto
pacifista sia stato lasciato fare il diavolo a quattro rovesciando
tavoli dei cambiavalute e le gabbie dei venditori di colombi autorizzati ad esercitare
il proprio mestiere nel sacro luogo?
Che domande! Gesù ha agito, in ossequio alla “Legge e ai Profeti” a garanzia
e ripristino del diritto del tempio violato dall’aristocrazia . Ecco le illuminanti
parole del sommo pontefice:“… Solo così si spiega perché non siano intervenute
né le guardie del tempio né la coorte romana presente nella fortezza Antonia.
Le autorità del tempio si limitarono a porre a Gesù la domanda circa la sua
legittimazione per una tale azione” .
È sicuramente una risposta esaustiva, anche se noi, a causa della nostra
ignoranza, non riusciamo a comprendere come mai nel 1972 un tal Laszlo
Toht, geologo australiano di origine ungherese, diversamente da come accadde
a Gesù, fu fermato con la forza e reso inoffensivo dalle autorità presenti nella
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basilica di San Pietro, mentre con un martello tentava di distruggere “la Pietà”
di Michelangelo Buonarroti.
In fondo anche la chiesa di Roma ha violato e continua a violare diritti
umani elementari (ad esempio accumulando ricchezze che in breve tempo risolverebbero
il problema della fame nel mondo) e Laszlo Toth, colpendo un
bene di proprietà del Vaticano, avrebbe potuto dire, con pari ragione, di aver
agito per fini etici e di “giustizia” e di voler riportare lo stato patrimoniale della
chiesa a quello povero (e rappresentativamente più autentico) delle origini.
Se poi, come per Gesù, fosse nato qualche dubbio sulla “legittimazione per
una tale azione” sarebbe stato sufficiente, anche in questo caso, chiedere chiarimenti
all’autore del fatto.
Oltretutto sotto tale aspetto Gesù offrì incerte garanzie in quanto eluse la
domanda dei sacerdoti con un’arguzia mentre Laszlo Toth precedendo addirittura
la domanda, urlò già una risposta: “I Am Jesus Christ, risen from the
dead! ("Io sono Gesù Cristo, risorto dalla morte!")”!!! Accidenti… ma più di
così?!
Ma almeno, il nostro “illuminato saggista”, anche se non tenuto a farlo (ci
mancherebbe altro…) ha validato la sua visione di Gesù con qualche conferma
testuale?
Si, certamente! Rimanendo alla profetica vetero testamentaria, la conferma
l’ha trovata in Zaccaria: “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di
Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca
un asino, un puledro figlio d'asina.”
Fingiamo di condividere l’intuizione dell’improbabile “storico razionalista”
che, considerando la sacralità della parola di Zaccaria, trova in un simile “ancoraggio”
la certezza di un agire mite “nella povertà e nella pace di Dio” da parte
del messia che entra in Gerusalemme...!
Suggeriamo però all’insigne autore di non trascurare ulteriori simili “agganci”
tra le azioni del “pacifico messia” e la parola del medesimo profeta.
A tal proposito.. come dimenticarne uno, decisamente meno mite e conciliante
del precedente che, chissà perché, parlando di Gesù sul Monte degli Ulivi,
a Ratzinger sembra sfuggire: “… poi il SIGNORE si farà avanti e combatterà
contro quelle nazioni, come egli combatté tante volte nel giorno della battaglia.
In quel giorno i suoi piedi si poseranno sul monte degli Ulivi, che sta di fronte a
Gerusalemme, a oriente, e il monte degli Ulivi si spaccherà a metà, da oriente
a occidente, tanto da formare una grande valle; metà del monte si ritirerà verso
settentrione e l'altra metà verso il meridione.”
Forse questo ulteriore “aggancio” non tornava comodo, così come, senza
rinunciare ad accentare la straordinarietà di episodi tratti dai vangeli quale lo
“squarcio del velo del tempio” alla morte di Cristo, si cita Luca e si sceglie di
ignorare completamente il delirio allucinatorio di Matteo.
Così facendo, infatti, si evidenzia, nella metaforica apertura verso il cielo,
la nuova possibilità di ”accesso a Dio” da parte dell’uomo e si stende un velo
pietoso sull’oscuramento di tutta la terra, i terremoti, l’apertura delle tombe
dei santi, la loro resurrezione e... perché no?... Lo “struscio” degli zombies per
le vie principali di Gerusalemme!
Quando poi non sono i vangeli ma è la storia a mostrare qualcosa che non
si può semplicemente ignorare… arriva l’”ermeneutica della fede” e quella cosa
si può tranquillamente cambiare!
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E allora… chi se ne frega delle cronache di Giuseppe Flavio o di Filone d’Alessandria
sul movimento zelota (zitto Ratzy… bravo… non nominarlo!) e sul
tempo della sua nascita?
Con un bel colpo di penna lo allontaniamo da Gesù (raccogliendo la lezione
di Gamaliele che in un famoso discorso riportato negli Atti degli Apostoli pospose
Giuda il Galileo a Teuda) e lo retrodatiamo di circa 200 anni, attribuendone
la paternità a Mattatia, padre dei fratelli Maccabei, promotore della rivolta contro
gli ellenisti ed antenato (piuttosto remoto) del terribile Giuda il Galileo che
invece, oltre ad essere il vero padre genetico della controfigura di Gesù di Nazareth
(e questo Ratzy lo sa…) fu anche il vero fondatore della setta zelota!
C’era poi qualcosa di irrisolto nelle scritture neotestamentarie ma il nostro
autore dopo duemila anni finalmente l’ha spiegato: come giustificare la “toppa
clamorosa” di Gesù di Nazareth sull’imminenza della fine dei tempi, visto che
dopo duemila anni siamo ancora tutti vivi e vegeti (per la verità soprattutto
loro più che noi…)?
Citando Bernardo di Chiaravalle nonché una frase estratta da una epistola
paolina, il papa si è accorto di colpo che Gesù aveva in realtà inteso differire
l’attesa escatologica della fine ad un tempo successivo alla totale evangelizzazione
di tutti i popoli.
Bè… altro che duemila anni! Hai voglia a costruire campanili e oratori, incassare
miliardi a titolo di otto per mille, palpeggiare sederini acerbi e gettare
incenso in lungo e in largo prima di evangelizzare l’ultimo aborigeno delle foreste
oceaniche!!!
Bravo Ratzinger e grazie per averci fatto sciroppare ancora una volta il solito
noioso “Messia cristiano”, nato così fuori dal suo tempo e, contro ogni logica
del suo tempo, da trovare nella separazione tra religione e politica, anche se
storicamente improponibile, il senso della sua esistenza, e nella croce il suggello
di un nuovo, autentico ed irripetibile ruolo messianico di carattere universale.
Non importa se questo “nuovo modo in cui Dio domina nel mondo”, da più
di duemila anni continua ad ignorare volutamente la storia e perfino il senso
stesso della croce alla quale, superato l’unico e certo significato reale di infame
patibolo destinato a criminali e rivoltosi, viene da sempre pedantemente riconosciuta,
in una contorta teologia salvifica, un’accezione di respiro universale.
In fondo l’hai premesso: la storia non è sufficiente alla verità ma deve essere
integrata dalla fede e sottomessa a questa!
Un’ultima nota: possiamo ben supporre che dall’alto della “cattedra di Pietro”
il nostro Ratzinger non si sporchi di certo le mani con la carta stampata dei
nostri libri (il riferimento è agli autori della nuova scuola di critica storico/cristologica
battezzata con il nome della località dove si è svolto il primo congresso
di studi laici: Arpiola di Mulazzo).
Ma allora come mai negando la natura zelota di Gesù il nostro autore ripete
(facendone il verso) intere righe riportate nei nostri libri e nei nostri siti web
(del sottoscritto, di Cascioli, di Salsi di altri autori)?
Come mai si accorge per la prima volta che “Barabba” non era un delinquente
comune (come asserito per secoli dalla chiesa) ma “una specie di figura
messianica” o, facendo riferimento alla definizione offerta nel testo giovanneo,
un “terrorista” il cui appellativo, peraltro, si traduce in … “figlio del padre”?
Che strano! I portatori di questa convinzione siamo noi “arpiolidi” e il pri -
mo a parlarne addirittura negli ultimi anni dello scorso secolo (dimostrando le
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proprie asserzioni con intere pagine di approfondimento critico testuale) è stato
David Donnini che, benché non “arpiolide”, ha scritto numerosi libri sulla
vera figura storica di Cristo, in linea di massima da noi condivisi.
Lo “scopiazzamento”, per quanto trovi noi per primi sbalorditi, è evidentissimo
anche se non certificato da una pur dovuta minuscola citazione a margine
che per la verità... ci saremmo aspettati ancor meno.
La strategia seguita è quella di cedere parzialmente alle nuove argomentazioni
di carattere laico che si dimostrino convincenti e già condivise da molti,
cercando in qualche modo di governarne gli sviluppi dibattutali e facendone addirittura
propri i contenuti, grazie anche alla maggior risonanza mediatica che
gli scritti del Papa possono avere rispetto alla saggistica storico/cristologica ritenuta
ancora “di frontiera”.
È così che l’adesione alla logica e alla storia, diventa “nuova proposta”, segno
di modernità ed adeguamento.
Tale atteggiamento concettuale, già inaugurato dall’illustre… “storico” nel
primo tomo della citata opera (accennando ad esempio alla possibile origine
essena di Gesù o di Giovanni Battista), risparmia alla chiesa la perdita di credibilità
che inevitabilmente le deriverebbe (con pericoloso seguito di massa) opponendo
la consueta contrarietà dogmatica alle istanze più avanzate del dibattito
storico.
È per questo che qualunque cosa ora scriva il nostro autore, considerando
il misurato seguito di noi “saggisti di frontiera”, diventerà per milioni di fedeli
una nuova “concessione al progresso e alla conoscenza storica”.
Ancora bravo! Dopo l’immensa doppia fatica dei due tomi di Gesù di Nazaret
(che è costata l’”h” sul secondo titolo), ora attendiamo che l’illustre “storico”
onori l’impegno assunto di trasformarsi in “evangelista del secondo millennio”
e, come ha annunciato, aggiunga ai quattro canoni il proprio vangelo dell’infanzia!
Amen!

Giancarlo Tranfo


La prima parte la trovate qui.

Ringrazio della segnalazione l'amico Mario Trevisan.


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