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martedì 3 gennaio 2012

QUALCHE STORIA MACABRA DI SESSO

Senza eccezioni a tutti è ben nota la storia del Borgia, sia pure a grandi linee, che viene considerato come l'unica mela bacata del gruppo. Ma così non sembra essere.

I "Conti" (di Tuscolo), famiglia dei colli albani, discendenti di Alberico di Tuscolo, che diedero al papato ben sette papi (tra papi ed antipapi), contribuirono piacevolmente a trasformare la città eterna nella "Roma Deplorabilis" , contro la quale si scagliò Lutero.

Se si esamina la lista dei papi dopo l'880 si scopre quanto segue: nei seguenti centocinquant'anni si succedettero 35 papi, regnanti circa quattro anni ciascuno. Anche nelle epoche precedenti esiste, più o meno, lo stesso ritmo e viene spiegato con il fatto che i papi erano normalmente scelti perché vecchi e/o infermi. Ma nel nono e decimo secolo molti dei papi eletti erano sulla trentina, molti erano ventenni. Qualcuno di essi durò due settimane, qualcuno un mese o tre mesi. Sei di essi vennero detronizzati ed un buon numero assassinati. Risulta quasi impossibile stabilire con precisione il reale numero dei papi o degli antipapi, anche perché non erano ben chiari i meccanismi "legali" di nomina o di scelta.

Quando un papa spariva nessuno poteva essere certo di cosa gli era successo. Poteva essere dappertutto e poteva essergli capitata qualsiasi cosa: assassinato, in un bordello, percosso e menomato come Stefano VIII, cui nel 930 tagliarono orecchie e naso, e che non mostrò più in pubblico la sua faccia. Poteva essere scappato con l'intero tesoro di S.Pietro, come Benedetto V nel 964, fuggito a Costantinopoli dopo aver disonorato una ragazzina e riapparso, dopo aver sperperato tutto, alcuni anni dopo provocando ulteriori tumulti.
Papa Benedetto V


Lo storico Gerberto definì allora Benedetto "il più iniquo di tutti i mostri di empietà", ma il suo giudizio era quantomeno prematuro perché,subito dopo, il Pontefice venne sgozzato, probabilmente da un marito geloso. Il suo cadavere, accoltellato decine di volte, venne trascinato a lungo per le strade prima di essere sbattuto in una fogna.



Un papa, Stefano VI, era completamente matto. Esumò un suo predecessore corso, Papa Formoso (891-6) ben oltre nove mesi dopo la morte ed in quello che venne chiamato Il "Sinodo Cadaverico" vestì il putrefatto e puzzolente cadavere di Formoso in abiti papali, lo sistemò sul trono e lo interrogò personalmente. L'accusa era di essere diventato papa senza averne il diritto; per la precisione, dato che era vescovo di un altra località non avrebbe potuto essere eletto in Roma. Secondo Stefano la cosa aveva invalidato tutti i suoi atti da pontefice e quindi anche le ordinazioni canoniche.
 Giudicato colpevole il cadavere venne condannato come "antipapa", venne spogliato, subì l'amputazione di due dita (quelle con le quali impartiva la sua falsa benedizione) e buttato nel Tevere. La carcassa venne in seguito recuperata da alcuni ammiratori e/o seguaci che gli diedero una quieta sepoltura. Molto dopo il cadavere fu riportato nella sua tomba in San Pietro. Il pazzo Stefano morì strangolato, ma non si bene da chi.

I Papi uccisero e vennero uccisi, storpiarono e furono storpiati. Condussero vite che non avevano nulla in comune, almeno per quello che ci viene insegnato adesso, con il vecchio ed il nuovo testamento. Sembrano essere stati più che altro una specie particolare di hooligans.

Proprio in quest'epoca vive ed opera Marozia dei Teofilatti, figlia di Teodora, l'amante di Papa Giovanni X (914-29), con il quale ebbe anche un'altra figlia. Queste due donne (Marozia e Teodora) in meno di dieci anni crearono e disttrussero a piacere almeno otto papi.

Gibbons suggerisce che da loro sia nata la leggenda della Papessa Giovanna, nella quale si credette per secoli, fino alla Riforma, e che racconta come essa sia morta in completo abito pontificale, dando alla luce un figlio, sulla strada che va dal Colosseo alla chiesa di San Clemente.

Voci popolari sostenevano che la sedia papale con un buco sul sedile servisse per permettere un esame ginecologico al fine di impedire che un'altra papessa salisse sul trono papale. I controlli erano accompagnati da preghiere latine. Di fatto questi rituali risultano integralmente descritti i diversi documenti medioevali.

D'altronde non era necessario essere cardinale o prete per diventare papa. Adriano V, un buon papa, non era mai stato ordinato vescovo o prete.

Ma torniamo a Marozia, origine probabile della leggenda della Papessa Giovanna. La sua entrata nella storia la fa unendosi con Sergio III (904-11), che aveva fatto fuori sia Leone V (papa per un mesetto) sia il suo usurpatore, il Cardinal Cristoforo.

Sergio III aveva cominciato la sua carriera pontificale riesumando anche lui papa Formoso, allora morto da appena dieci anni, e condannandolo per eresia , come il già citato Stefano VI.
La differenza era che Sergio era stato direttamente "ordinato" da papa Formoso ed , a sensi di logica, avrebbe dovuto considerare anche se stesso altamente irregolare. Anche lui asportò delle dita a Formoso ed anche lui lo gettò nel Tevere, dopo averlo per buona misura decapitato. Ma Formoso doveva avere delle particolari qualità anche da morto, perché il suo cadavere senza testa venne trovato nella rete da un pescatore ed una volta ancora (la prima di due) riportato in S.Pietro.

Quando Marozia divenne la donna di Sergio aveva 15 anni e lui ne aveva 45. Da lui ebbe un figlio alla cui carriera si dedicò con passione. Bellissima figlia di un senatore di Roma, venne sedotta dal Papa nel palazzo Laterano. Sua madre Teodora, aveva già messo mano ad alcune nomine papali, portando il suo amante, orginariamente vescovo di Bologna, all'Arcivescovado di Ravenna e poi al Papato con il nome di Giovanni X. Marozia aveva allora 22 anni e suo figlio , il figlio di Sergio, era troppo giovane per avere aspirazioni. Papa Giovanni convinse, prudentemente, Marozia a sposare il conte Alberico, che in seguito rimase ucciso nel tentativo di impadronirsi del potere. Il Papa costrinse allora Marozia a prendersi cura del cadavere mutilato del marito, ma Marozia (che sulla vendetta doveva sapere quasi tutto), al momento della morte della madre Teodora (928), fece strangolare o soffocare il pontefice, levandoselo dai piedi.

Dopo due papi pupazzi, che durarono giusto il tempo voluto da Marozia, essa elevò al pontificato suo figlio con il nome di Giovanni XI.

Disporre di un figlio papa costituì una vera fortuna per Marozia, perchè da lui ricevette la dispensa necessaria per sposare il suo fratellastro, Ugo di Provenza, dopo averne fatto uccidere la moglie legale. ll matrimonio fu celebrato personalmente e con grande sfarzo dal Papa (e figlio) nella primavera del 932.
Poi tutto andò a puttane. Il secondogenito di Marozia, Alberico II° il giovane, con un colpo di mano si impadronì del potere in Roma, depose ed imprigionò il fratellastro, papa Giovanni XI, fino alla sua morte, e , cosa ancora più spiacevole, imprigionò per sicurezza anche la sua pericolosa madre nel terribile Mausoleo di Adriano (che sarebbe poi diventato il famoso Castel Sant'Angelo) .
Sessantenne e prigioniera, nel 955, Marozia venne a sapere che il suo pronipote Ottaviano, figlio di suo figlio Alberico (morto nel 954/5), era diventato papa con il nome di Giovanni XII nell'inverno del 955, inaugurando anche la moda di cambiare nome al momento dell'elezione a papa.

Giovanni XII , diventato papa a circa sedici anni, fu un papa così terrificante che si raccontava in giro lui avesse inventato peccati sino ad allora sconosciuti, compreso l'andare a letto con la propria madre e le proprie sorelle.
Papa Giovanni XII


Nel palazzo Laterano manteneva un harem perenne. Si giocava le offerte dei pellegrini ed aveva una scuderia di duemila cavalli che nutriva a mandorle e fichi conditi nel vino.

Il turismo (allora fonte di grandi guadagni e formato essenzialmente da pellegrini) subì un crollo verticale e persino le donne venivano prudentemente avvisate di non avvicinarsi al papa, che era sempre in tiro ed in cerca di carne fresca. Insomma fece scoppiare un tale casino che , temendo per la sua vita fu costretto a rifugiarsi a Tivoli.
Avvisato della faccenda Otto di Sassonia (incoronato imperatore nel 961), preoccupato per gli affari dell'impero, impose al giovanotto di ritornare subito a Roma a fare il suo dovere.
Il vescovo di Cremona, in un sinodo appositamente convocato, ci lasciò un preciso elenco delle accuse portate al papa: il papa diceva messa senza comunione; ordinava i diaconi nelle stalle; faceva pagare le nomine religiose (simonia); faceva sesso con un lungo elenco di signore, compresa l'amante di suo padre e sua nipote; aveva accecato il suo consigliere spirituale e castrato un cardinale , provocandone la morte.
Otto scrisse al papa una lettera che rappresenta, per l'epoca, una vera curiosità: Tutti quanti, religiosi e laici, accusano Voi, Santità, di omicidio, spergiuro, sacrilegio, incesto con le vostre parenti, comprese due vostre sorelle, e di aver invocato, come un pagano, Giove, Venere ed altri demoni.
 Giovanni rispose dettando una lettera (non aveva grande familiarità con le lettere) nella quale avvisava i vescovi che, se loro lo spodestavano, li avrebbe scomunicati tutti, impedendo Loro di impartire sacramenti, etc.etc., poi saltò a cavallo e se ne andò a caccia.
Ritornato Otto in Sassonia (si era stufato di attendere i comodi del pontefice, peraltro sino ad allora stabilmente richiuso a Tivoli), Papa Giovanni rientrò, con un armata fornitagli dai parenti, in Roma e si riprese il pontificato. A Roma procedette subito a far storpiare o uccidere tutti coloro che avevano contribuito al suo breve esilio.
Morì ad appena 24 anni, ucciso da un marito geloso che lo aveva colto sul fatto con sua moglie ("in flagrante delicto"). I Romani, sempre spiritosi, dissero che almeno era stato fortunato a morire in un letto, anche se si trattava del letto di qualcun altro.

Bellarmino (il cardinale) disse di lui "Fuerit fieri omnium deterrimus" (il peggiore di tutti (i papi)).



        Di Marco Capurro
        tratto da: VENTI SECOLI DI PAPATO

martedì 20 dicembre 2011

IL PAPA CHE RISCRISSE LA BIBBIA


di Marco Capurro


Sisto V (Felice Peretti, il cardinal Montaldo) fece in cinque anni un lavoro che ne avrebbe richiesto cinquanta. Costrinse squadre di uomini a lavorare giorno e notte per sistemare la cupola di San Pietro. Fece spostare l'obelisco, palmo a palmo, da centinaia di uomini e muli fino all'attuale posizione nella piazza. Costruì la Libreria Vaticana. Fece erigere un acquedotto che portasse l'acqua fino al centro di Roma. Si meritò ampiamente il soprannome "Il Turbine Consacrato". 


Insieme ad una titanica energia c'era però uno straordinario egotismo.
Egli affermò il suo potere temporale su principi e re. Quando Roberto Bellarmino, uno dei più strenui difensori del papato dall'epoca di Tommaso d'Aquino, suggerì nel suo libro "Controversie" che il papa aveva solo una giurisdizione indiretta sui reggenti del mondo temporale, Sisto lo censurò spietatamente.
Egli, dichiarò, poteva per qualsiasi motivo e comunque gli piacesse nominare o licenziare chiunque, compresi gli imperatori.
Censurò anche il teologo Vittorio per aver osato dire che era giusto disobbedire ad ingiusti ordini di un papa. Lui, Sisto V, mise all'indice entrambi i libri di questi due "rinnegati".

I cardinali della Congregazione dell'indice erano terrificati dal dover dire a sua Santità che entrambi gli autori citati (Bellarmino e Vittorio) basavano i loro scritti su innumerevoli documenti dottrinali di santi e studiosi cattolici. Il Conte Olivares, ambasciatore spagnolo a Roma, scrisse al re Filippo II° che i cardinali tenevano la bocca chiusa "per paura che Sisto potesse fargli sentire il duro sapore del suo temperamento e, forse, costringerli a mettere all'indice persino i santi stessi".

Sisto si comportò molto male soprattutto con il gesuita Bellarmino, che aveva cooperato con lui nell'edizione dell'opera completa di Sant'Ambrogio, nel corso della quale il papa aveva ogni volta stravolto il giudizio del suo collaboratore.

Lo stesso atteggiamento il papa lo tenne verso la Bibbia ed i risultati furono drammatici.
La versione latina della Bibbia, la Vulgata, era opera di San Gerolamo nel quarto secolo ed aveva avuto un posto significativo nel corso del Medioevo.
 Il Concilio di trento (1546) aveva stabilito che la "Vulgata" era la versione autentica della Bibbia ed essa sola doveva essere usata nei sermoni, discussioni o letture.
Purtroppo il lavoro di riporto dei copisti aveva prodotto molti errori e la stampa moltiplicò il numero degli sbagli. Con la Riforma i Protestanti produssero la loro personale versione della Bibbia e diventava imperativo che anche i cattolici potessero fruire di un testo affidabile della Vulgata in tutte le discussioni.
Dopo tre anni di pontificato, nel 1588, gli venne presentato (a Sisto) il testo finale predisposto dalla commissione di studiosi a cui aveva dato l'incarico. Secondo il pontefice c'era troppo lavoro di ricerca, troppe variabili interpretative. Il papa scacciò il capo della Commissione, il cardinal Carafa, fuori dalla stanza urlando che avrebbe provveduto lui personalmente.
In una Bolla di 300 parole dichiarò che lui, il papa, era l'unico soggetto in grado di produrre una "autentica Bibbia" per la Chiesa.

E lo fece.
Lavorando giorno e notte (soffriva d'insonnia), operando su di un testo popolare e provvedendo ad aggiunte personali dove gli sembrava fosse opportuno, completò l'opera in circa diciotto mesi. Cambiò radicalmente il sistema di riferimenti. Cambiò i capitoli, che erano stati strutturati abilmente da Roberto Stefano nel 1555 ed erano universalmente adottati. Dimenticò addirittura interi versi e cambiò i titoli dei Salmi.


Tutte le vecchie bibbie e tutti i testi scolastici divennero di colpo obsoleti.
Nel 1590 gli furono presentate le prime copie "in folio". "Splendido" disse il papa, finché non si accorse delle centinaia di errori di stampa. Per non perdere tempo provvide personalmente alla correzione delle bozze (ci mise sei mesi) passandole poi alla stampa, mentre la sua Bolla "Aeternus ille" era già pronta da tempo e recitava autoritativamente: "Nella pienezza del potere Apostolico, Noi dichiariamo e decretiamo che questa edizione....approvata per l'autorità conferitaCi da Dio, deve essere ricevuta e tenuta come vera, legittima, autentica, ed inquestionabile in tutte le discussioni, letture, preghiere e spiegazioni pubbliche e private". A nessuno era permesso, editore o libraio, di deviare di una virgola da questa finale ed autentica versione della Bibbia latina. Chiunque contravvenisse alla Bolla papale doveva ritenersi automaticamente scomunicato e solo il papa poteva assolverlo. Erano previste anche punizioni materiali e temporali.
Verso la metà di aprile furono distribuite copie a cardinali ed ambasciatori. Quattro mesi dopo il papa era morto.

Papa Gregorio XIV
Il papa successivo morì dopo dodici giorni di pontificato (Urbano VII). Toccò quindi a Gregorio XIV cercare di porre rimedio alla questione della Bibbia. Ma come fare? Una Bibbia era stata imposta al mondo cattolico con l'intero peso del potere papale, ma era piena di errori. Il mondo accademico era in subbuglio ed i Protestanti si divertivano un sacco per l'intera faccenda. Il cardinal Bellarmino , rientrato a Roma dall'estero e personalmente sollevato per la morte di Sisto V, che l'aveva messo all'indice, suggerì a Gregorio XIV, invece di proibire la Bibbia, di farla correggere, ove fosse possibile, cercando di recuperare tutte le copie messe in circolazione e sostenendo che tutti gli errori derivavano "da sbagli degli stampatori e di altre persone (il riferimento a Sisto è inequivocabile). Un'intera truppa di studiosi si sistemò in un'apposito edificio sulle colline Sabine, a 30 km da Roma, e lavorò bestialmente per cercare di identificare e rettificare tutti gli errori commessi da Sisto.


Alla fine del 1592, sotto il papato di Clemente VIII, il "nuovo testo" venne stampato e distribuito immediatamente con una lunga prefazione che spiegava come Sisto, accortosi degli errori, avesse deciso di dare corso ad una nuova riedizione, la quale, in seguito alla sua morte, era stata portata a termine dai suoi successori. Giocando sull'equivoco Bellarmino suggerì anche che la nuova versione (passibile anch'essa di molti errori, che infatti ci sono) non dovesse obbligatoriamente essere l'unica permessa e/o accettata.
I commenti degli studiosi su questa serie di menzogne e falsificazioni miranti a nascondere gli errori e la supponenza del papato, furono e sono pesanti.
Thomas James, studioso e libraio londinese, che potè esaminare e verificare il contenuto di entrambe le versioni, scrisse nel 1611:"Ci troviamo ad avere due papi uno contro l'altro. Sisto contro Clemente , Clemente contro Sisto, litigando, scrivendo e discutendo sulla bibbia di Gerolamo...per quanto concerne i cattolici la Bibbia è come un naso di cera che i papi modellano a seconda di quello che conviene loro...se un papa dicesse che quello che è bianco è nero e quello che è nero bianco nessun cattolico oserebbe contraddirlo."

L'affare del papa che riscrisse la Bibbia dimostra una volta ancora che la dottrina che il papa non può sbagliare è di per se erronea, conduce a creare proprie personali versioni della Storia e costringe anche uomini moralmente corretti, come Bellarmino, a mentire in favore della Chiesa.
Ma Bellarmino invece di essere ricordato per aver messo in atto una discreta "cover up" a favore di Sisto V, è noto soprattutto per aver distrutto vita e carriera di uno straordinario laico, Galileo.



        Di Marco Capurro
        tratto da: VENTI SECOLI DI PAPATO

lunedì 19 dicembre 2011

ALTRE VARIE ERESIE


 Di Marco Capurro

La più continua e persistente mancanza di ortodossia in Roma si verificava nell'ambito sacramentale. In parte questo può essere spiegato con il collasso verificatosi nell'apprendimento con le invasioni barbare. I Greci, infatti, tendevano a considerare Roma come "piena di zotici".

Dall'ottavo secolo in poi alcuni papi annullarono le ordinazioni ecclesiastiche e ri-ordinarono i preti. Tutto ebbe inizio con un antipapa, Costantino II, nell'anno 769, ma , come abbiamo già visto anche tutte le ordinazioni di papa Formoso, il cadavere processato quale eretico, vennero dichiarate invalide.

La domanda che sorge spontanea è : esistono validi sacramenti in una nazione nella quale il clero è stato ordinato da un papa eretico? Sia Stefano VII, sia Sergio III, l'amante di Marozia, stabilirono che le ordinazioni di un papa eretico erano "invalide". La conseguenza , se logicamente seguita, porta a far considerare nulli tutti i sacramenti impartiti da sacerdoti la cui ordinazione era invalida (matrimoni, battesimi, etc.), questione sulla quale però in genere si è sempre glissato.

Alcuni papi stabilirono che quando la simonia entrava in un ordinazione vescovile, la nomina era invalida. Così decise Leone IX (1049-54), che riordinò molti preti. Gregorio VII rinforzò questa convinzione, affermando che quando in una nomina entrava il denaro, la nomina era SEMPRE nulla. Urbano II andò ancora oltre stabilendo che anche se un vescovo non pagava per la sua ordinazione (simonia), se riceveva l'ordinazione (veniva fatto vescovo) da un vescovo che invece aveva pagato, anche la sua ordinazione era nulla. Questa strana, logica, ma eretica interpretazione venne estrinsecata nei decreti di Graziano , non trovando però nessuna rispondenza nella Chiesa d'Oriente, che se ne tenne saggiamente distante.

Nel 1557 Paolo IV , nella sua Bolla Cum ex Apostolatus officio , confermò questa stramba tesi che, se presa sul serio, avrebbe fatto scoppiare la Chiesa ed il suo sistema sacramentale come una bolla di sapone. Per fortuna nessuno pensò seriamente di portare la faccenda alle sue estreme conseguenze.
Decisioni non ortodosse sono quelle assunte da papa Pelagio , che dichiarò che per un valido battesimo è indispensabile l'invocazione della Trinità, (papa Nicola (858-67) per fortuna riaffermò poco dopo che bastava invocare Gesù) , e che la cresima impartita da un semplice sacerdote era nulla (spazzando via d'un colpo tutte le cresime della Chiesa Greca) e mettendo in dubbio anche, a cascata, le comunioni e nomine di preti e vescovi greci.
Stefano II (752) stabilì , contro le tradizioni, che il matrimonio tra un uomo libero ed una schiava, anche se entrambi cristiani, poteva tranquillamente essere sciolto per permettere all'uuomo di risposarsi (una specie di divorzio maschilista ante litteram).
Urbano III dichiarò che un matrimonio tra cristiani, anche se consumato, può essere sciolto. Celestino III (1191-8) , dandoci ancora più dentro, decise che un matrimonio "consumato" e tra cristiani può essere sciolto senza tema se uno dei due coniugi diventa eretico. Questa cazzata venne ripresa anche da Innocenzo III, che a conferma, citò l'assoluta necessità di attenersi al Libro del Deuteronomio alla lettera, dimenticando che il Deuteronomio permette tranquillamente al marito di divorziare.

Anche la comunione ebbe la sua dose di eresie, con papa Nicola II (1059-61) che affermò che nell'eucarestia è "materialmente" possibile toccare con le mani e mordere con i denti il "reale" corpo di Cristo. Quasi come dire che Cristo continuava ad essere torturato dai fedeli anche dopo morto.
Papa Nicola II

Quando Clemente V morì, nel 1314, il conclave ci mise due anni a trovare un successore. Finalmente , disperati, scelsero Giacomo Duèse di Cahors che a Lione, il 7 agosto, divenne pontefice prendendo il nome di Giovanni XXII.
Papa Giovanni XXII

Sembrava la persona più adatta, settantaduenne, piccolo, delicato, di apparenza malaticcia questo figlio di un ciabattino non avrebbe dovuto durare a lungo.
Le cose andarono diversamente.
Giovanni XXII dimostrò di essere duro e resistente, ambizioso, avarissimo, più mondano di un magnaccia e con una risata che scoppiettava con indubitabile malizia. Questo fragile e piccolo mostro avrebbe tenuto duro diciotto tempestosi anni.

Quando assunse la carica il tesoro era completamente vuoto. Clemente V aveva dato via tutto ai suoi parenti. Giovanni rimediò in fretta commerciando in tutto quello che era commerciabile. Vendette tutto ciò che un francese pieno di fantasia può immaginare: il perdono aveva un prezzo qualsiasi fosse stato il crimine. Un tanto per l'assassinio, un tanto per l'incesto o per la sodomia. Peggio i fedeli si comportavano, più ricco diventava il papato. Quando una lista "pirata" dei prezzi venne fatta circolare, si credette che fossero stati i nemici della chiesa a produrla. Era vero, ma i nemici della Chiesa erano il papa e la Curia. Concedevano ai peccatori il diritto di peccare e di evitare le conseguenze dei loro peccati.

La passione del papa per le guerre (italiane) gli faceva spendere grandi somme in armamenti ed eserciti, tanto che un suo contemporaneo disse di lui:" il sangue che il papa ha sparso avrebbe reso rosse anche le acque del Lago di Costanza, e con i corpi di coloro che ha squartato avrebbe potuto costruire un ponte da una sponda all'altra.

Nella sua Bolla Cum inter nonnullos" del 12 novembre 1323, sconfessando quasi tutti i suoi predessori, stabilì che: "sostenere che Cristo e gli Apostoli non avevano proprietà rappresenta una perversione delle Scritture". La povertà gli stava proprio sulle balle, tanto da convincerlo ad assumere anche procedure punitive verso i francescani per farli dichiarare eretici. Ma quest'ultima operazione diede il destro al'imperatore Luigi (Ludovico il Bavaro) di Bavaria di accusarlo di eresia (Ludovico era già incazzato per le pretese del papa di assumere il potere imperiale nel corso degli "interregni"). Lo chiamò "anticristo", lo depose e ne nominò un altro. La scelta dell'imperatore cadde su Piero di Corbario, decrepito francescano che assunse il nome di Nicola V.
Sfortunatamente Nicola risultò essere sposato, con figli e nemmeno prete. Ludovico comunque, pagata la moglie del papa affinché non rompesse, lo tenne sul trono papale fino al 1329, quando si stancò e lo affidò alle mani di Givanni XXII (ritornato papa), purchè promettesse di non trattarlo male. Cosa che , stranamente, nel complesso Giovanni fece, pur tenendolo prigioniero nel palazzo papale di Avignone per tutto il resto della vita.

Alla fin fine Giovanni XXII aveva trionfato: Cristo e gli Apostoli non avevano condotto una vita di povertà, anzi!.

Nel 1331 Giovanni nella chiesa di Notre-Dame des Dome (Avignone) sostenne , dopo aver fatto morire di fame un domenicano che affermava che le anime dei giusti vedono Dio immediatamente, che le anime dei giusti non possono vedere Dio prima della "risurrezione dei corpi" (il giorno del Giudizio Universale).
Sono infatti ancora "sub altare Dei" (sotto l'altare di Dio) e soltanto dopo il Giudizio Universale essi saranno "super" (sopra l'altare di Dio) e potranno vederlo. Nessuno ebbe il coraggio di dirgli che stava commettendo eresia.
Il 5 gennaio 1332 allargò la faccenda all'inferno. Nessuno, egli disse, era ancora all'inferno. Solo alla fine del mondo i dannati sarebbero andati ai loro tormenti.

Per la seconda volta Giovanni venne dichiarato eretico, basandosi sul semplice assunto che se la beata Vergine ed i santi non erano in paradiso a contemplare Dio, come avrebbero potuto intercedere per i viventi. E perché i cristiani avrebbero dovuto pagare il papa per il perdono e le indulgenze quando, alla loro morte, non sarebbero nemmeno andati subito in paradiso?

Giovanni, malgrado tutte le forze in campo contro di lui, continuò a tergiversare fino alla propria morte, il 4 dicembre 1234. Qualche tempo dopo venne pubblicata una Bolla a suo nome, nella quale egli revocava tutte le sue precedenti affermazioni. Nessuno può dire se fosse veramente opera sua, ma quello che è certo è il fatto che il suo successore, Benedetto XII, affermò immediatamente che i santi godono della visione beata subito dopo la morte.

Nel 1572, quando Gregorio XIII divenne papa, il cardinal Montaldo si ritirò a vita privata. Per tutto il periodo successivo fece spargere voci che lo davano in punto di morte. Nelle rare occasioni di riunione con i cardinali egli tossiva continuamente e dava segni di estrema debolezza. Si aggiunse otto anni di età per sembrare più vecchio e decrepito e affettava in pubblico continue dimostrazioni di umile fragilità.

Alla morte di Gregorio, nel 1585, Felice Peretti da Montaldo (il cardinale di cui sopra) si presentò al Conclave, truccato da vecchio, barcollante su un paio di grucce e piegato in due dal peso dell'età. Sembrava un candidato perfetto per il papato ed infatti fu eletto. Dal racconto di Leti, suo biografo, risulta che dopo l'elezione gettò via le grucce e si raddrizzò gridando : "Ora IO sono Cesare".

Ma ne parleremo nel prossimo articolo.







Di Marco Capurro
        tratto da: VENTI SECOLI DI PAPATO

domenica 18 dicembre 2011

L'ERESIA PAPALE

Di Marco Capurro

Intro:

Da tutta questa pappardella e dalle pagine esposte mi sembra emerga evidente l'assoluta fallibilità dei papi (sia che parlino ex cathedra, sia no) e l'assoluta impossibilità di stabilire quando ed in quali condizioni il pontefice abbia titoli per vantare una qualche ragionevole capacità di rappresentare il vero.

"Un gran numero di papi erano (sono) eretici."
Per un cattolico questa frase avrebbe il sapore di una frase ingiuriosa detta da un Protestante. Un papa eretico sembra una "contraddizione in termini", come la quadratura del cerchio.
La citazione non è di un Protestante ma di papa Adriano VI, nel 1523, "Se per Chiesa Romana voi intendete la sua Testa o Pontefice, è fuori di dubbio il fatto che egli possa errare, persino in materia di fede. Egli erra quando insegna l'eresia a proprio giudizio o per decreto. In verità molti pontefici romani erano eretici. L'ultimo di essi fu papa Giovanni XXII° (1316-1334)".
Oggi sembra impossibile discutere sull'infallibilità del pontefice. Così grande è l'aura di questi personaggi che i fedeli, almeno pubblicamente, sembrano essersi bevuti il cervello.


Le differenti versioni della Bibbia

Thomas James, studioso e libraio londinese, che potè esaminare e verificare il contenuto di entrambe le versioni, scrisse nel 1611:"Ci troviamo ad avere due papi uno contro l'altro.
...per quanto concerne i cattolici la Bibbia è come un naso di cera che i papi modellano a seconda di quello che conviene loro...se un papa dicesse che quello che è bianco è nero e quello che è nero bianco nessun cattolico oserebbe contraddirlo."

Bonifacio decise di emettere una Bolla, che in seguito molti avrebbero preferito non avesse mai scritto:"Unam Sanctam" che, tra le altre cose, affermava "Esiste soltanto una santa, cattolica e apostolica chiesa, fuori della quale non esiste salvezza o remissione dei peccati...Colui che nega che la spada temporale è nel potere di Pietro interpreta erroneamente le parole del Signore:"rimetti la tua spada nel fodero".Entrambe le spade, la spirituale e la temporale, sono nella potestà della Chiesa.
Come ultima pennellata aggiunse:"Noi dichiariamo, annunciamo e stabiliamo che è senza dubbio necessario per la salvezza di ogni creatura assoggettarsi al Romano Pontefice".

Uno dei pochi critici severi (di papa Clemente VI) era il Petrarca, avvelenato dal fatto che Benedetto XII a suo tempo aveva voluto sua sorella e se l'era presa corrompendo suo fratello Gerardo.
Descrivendo , anonimamente per non essere bruciato, la corte di Avignone come "la vergogna dell'umanità, un covo di vizi, una fogna dove è raccolta tutta la sporcizia del mondo. Lì Dio viene disprezzato, solo il denaro viene adorato e le leggi di Dio vengono calpestate. Tutto quanto in quel luogo respira menzogna: l'aria, la terra. le abitazioni e, soprattutto, i letti. "

Ci sono state un mucchio di occasioni in cui cattolici hanno detto: il papato ha raggiunto il suo punto più basso, oltre non può scendere. Dante lo disse di Bonifacio VIII, Petrarca del periodo avignonese. Entrambi sbagliavano.

Angelo Corrario, Gregorio XII, veneziano di circa novant'anni, scelto dai romani perché "troppo vecchio per essere corrotto": Il papa provvide a smentirli immediatamente impegnando la sua tiara per pagare i debiti di gioco e vendendo tutto quello che poteva. Sia quello che c'era sia quello che non c'era, arrivando a vendere Roma al Re di Napoli.

Nel 1432, malgrado gli sforzi disperati della Curia per evitarlo, un Concilio di vescovi si tenne a Basilea che decise quanto segue:
Da ora in avanti tutte le nomine ecclesiastiche devono essere eseguite secondo i canoni della Chiesa; tutte le simonie devono cessare. Da ora in avanti tutti i preti, di qualsiasi rango, devono liberarsi delle loro concubine e chiunque non lo faccia entro due mesi, fosse pure il vescovo di Roma (il papa), verrà privato del suo ufficio....l'amministrazione ecclesiastica dovrà cessare di dipendere dal capriccio palale...gli abusi di bandi e scomuniche da parte dei papi dovranno cessare...la curia romana, e cioè i papi, dovranno cessare di chiedere compensi per gli incarichi religiosi...il papa non dovrà pensare alle ricchezze mondane a solo a quelle del mondo che verrà.
Si trattava di roba forte...troppo forte. Il papa regnante, Eugenio IV, convocò un proprio Concilio a Firenze, che stabilì che :"Basilea era un covo di mendicanti,....apostati, ribelli blasfemi, uomini colpevoli di sacrilegio e che, senza eccezione, meritavano di essere cacciati indietro all'inferno al quale  appartenevano."

Nel quindicesimo secolo non una voce si levava in difesa del papato e, con uomini come Francesco della Rovere sul trono, non è difficile immaginare perché.
Francesco divenne Sisto IV nel 1471. Aveva diversi figli, chiamati, secondo il costume dell'epoca, "i nipoti del papa".
Sisto fu anche il primo papa a concedere una licenza "legale" ai bordelli di Roma, che gli portavano trentamila ducati all'anno in imposte, ed a concedere ai preti di tenersi una compagna contro pagamento di un'apposita tassa. Un'altra fonte di guadagno era quella rinveniente dai permessi concessi ai ricchi di consolare certe signore in assenza dei mariti. Ma era nel campo delle indulgenze che Sisto mostrò tutto il suo genio: egli fu infatti il primo che pensò di poterle liberamente applicare ai morti. Questo costituì una illimitata fonte di guadagno alla quale nessuno dei suoi predecessori, neanche i più avidi, aveva mai pensato.
L'invenzione del Purgatorio, del quale non esiste citazione alcuna nelle scritture sacre, era elemento sostanziale di questo fruttuosissimo commercio papale. La semplice riflessione che se il papa può liberare un anima per denaro, la può ben liberare anche senza denaro, se ne può liberare una , le può anche liberare tutte e , se non lo fa, è un mostro tiranno - come giustamente rilevò Simon Fish (A Supplicacyion for the Beggars- 1529) , pareva non venire eseguita da alcuno.

Agli inizi del 1500 c'erano a Roma circa 7.000 prostitute registrate su di una popolazione di 50.000 persone. La sifilide , come disse il sifilitico Benvenuto Cellini, "era frequentissima tra i preti".

Nel milleduecento San Bonaventura, cardinale e generale dei francescani, paragonò Roma alla meretrice dell'Apocalisse, anticipando Lutero di trecento anni. Questa Puttana, egli disse, rende i Re e le nazioni ubriache con la sua puttanaggine. Dichiarò anche di non aver trovato in Roma altro che lussuria e simonia, persino nei gradi più alti della Chiesa. Roma corrompe i prelati, che corrompono i preti, che corrompono il popolo.
Dante spedì all'inferno papa dopo papa e torme di prelati.

La fissazione dell'Inquisizione e i roghi degli eretici erano per Paolo IV l'unica cosa che sembrava veramente stargli a cuore. Persino nei periodi di malattia non rinunciava agli incontri settimanali con gli inquisitori. Un monomaniaco omicida. Quando morì, nel 1559, i romani bruciarono la prigione dell'Inquisizione in Via Ripetta, una folla abbattè la sua statua sul Campidoglio e gli ebrei, che lui perseguitò selvaggiamente, gli misero sul capo un cappello giallo.
Chi lo seguì non sarebbe stato amato di più ed avrebbe peggiorato i suoi errori.
Infatti Paolo IV sapeva quello che faceva quando nominò il domenicano Michele Ghisleri suo Grande Inquisitore e questi, nel 1566, lo sostituì sul trono con il nome di Pio V.

All'epoca di Pio IX lo Stato Vaticano era il retrivo baluardo della repressione. Non c'era libertà di pensiero o di espressione. I libri erano sotto censura. Gli ebrei erano chiusi nei ghetti e la giustizia veniva amministrata a piacimento del clero, con spie, inquisitori, polizia segreta ed esecuzioni anche per reati minori. Era governato da una piccola oligarchia ecclesiastica, corrotta e viziosa e sempre in nome di Sua Santità.
Secondo Lord Macaulay, che visitò i stati pontifici nel 1838 : "...la corruzione infetta tutti i pubblici uffici...Gli Stati del papa sono, credo, quelli governati peggio in tutto il mondo civilizzato; e l'imbecillità della polizia, la venalità dei pubblici impiegati, la desolazione e l'abbandono della campagna, saltano agli occhi persino dei viaggiatori più distratti." .

Nel mercoledì santo del 1715 Clemente XI volle recarsi a Roma, dove, nel giorno seguente in San Pietro, venne letta di fronte alla folla la Bolla, "In Coena Domini", nella quale venivano scomunicati eretici, scismatici, pagani, pirati del Mediterraneo, e tutti coloro che non obbedivano al papa o non gli pagavano le tasse dovute.
Questa Bolla risaliva al 1372. Pio V l'aveva dichiarata legge eterna della Cristianità nel 1568 ed era stata confermata da tutti i papi fino a Clemente XIV° (1769-74), che, senza spiegazione alcuna, l'aveva lasciata cadere.

La decretazione più importante del Primo Concilio Vaticano (1869) fu che il papa non è soltanto un mero supervisore e/o amministratore della Chiesa. Egli possiede "piena e suprema giurisdizione della Chiesa in quelle materie che concernono la disciplina e la direzione della Chiesa sparsa nel mondo". Il potere del papa è assoluto e si estende dappertutto.
In nessuna delle scritture si trovano giustificazioni alla idiota decisione, che ha solo carattere di puro esercizio di potere politico.

Nel 1896 Leone XIII decise che gli ordini anglicani erano invalidi, abolendo tutti i sacramenti di questa confessione religiosa  (cioè: i preti non erano preti, nessuno era assolto dai peccati, quindi tutti  gli inglesi erano condannati alle sofferenze dell'inferno...)










Finale:

D'altra parte l'orrore di un Dio che condanna incolpevoli bambini ed ignari adulti ad un Inferno mostruoso solo perché non battezzati non può essere eguagliato da alcuna azione umana, per quanto terrificante. Sarei propenso a valutare Hitler ed Attila come dei patetici dilettanti di fronte alle crudeltà attribuite dai nostri gentili teologi al Dio padre di nostro Signore Gesù Cristo.

Nello stesso modo la masturbazione è peccato assai più grave dell'adulterio, in quanto più innaturale e non diretta alla procreazione. Un violentatore che indossa un preservativo nello stuprare la sua vittima è più colpevole di uno che non lo usa (si pensi all'aids ed alle donne bosniache)

Bonifacio VIII° (1294-1303) asserì che tutte le creature sono soggette al romano pontefice e che il suo papale potere si estende su TUTTI i matrimoni, anche a quelli tra infedeli, giudei, musulmani o non credenti. Tutti loro sono soggetti al pontefice, che può sciogliere i loro vincoli matrimoniali per la salvezza delle loro anime.

E' così fasullo l'insegnamento che la Chiesa non cambia mai che un cristiano del terzo secolo sarebbe rimasto stupefatto dalle dottrine medioevali in merito, ed un clerico del medioevo dagli odierni insegnamenti.

Il papa e la Chiesa continuano a trattare ogni persona impersonalmente e senza tenere conto delle differenze tra soggetti, sessi, culture ed ambiente.


        Di Marco Capurro
        tratto da: VENTI SECOLI DI PAPATO