martedì 30 marzo 2010
Sulle tracce delle radici pagane della Pasqua
un intervista a Othmar Keel
Domenica i cristiani celebrano la resurrezione di Gesù Cristo. Ma per molta gente Pasqua rappresenta soltanto l'occasione di vacanze primaverili.
Il teologo svizzero Othmar Keel spiega perché le persone si sforzano di comprendere la storia di Pasqua. E aggiunge che le religioni più importanti hanno molto più in comune con il paganesimo di quanto non vogliano ammettere.
Professore emerito di studi sul Vecchio Testamento all'Università di Friburgo, Othmar Keel ha scritto più di quaranta opere, compresa una storia enciclopedica della Gerusalemme biblica, apparsa l'anno scorso.
Le sue ricerche si focalizzano sulle relazioni storiche e culturali tra le tre grandi fedi monoteiste – Cristianesimo, Islam e Ebraismo – e le relegioni politeiste che le hanno precedute.
D: Che significato ha per lei la Pasqua?
R: Pasqua, come altre importanti festività, comprende diversi livelli. In base a quello originale, Pasqua è una festa di primavera. E tutti sono in qualche modo interessati. Dopo l'inverno, i fiori cominciano a sbocciare e uscire all'aria aperta diventa piacevole. Il livello ebraico è invece legato all'esodo in Egitto mentre il livello cristiano alla vita dopo la morte.
Per quanto mi riguarda, dipende un po' da come mi sento: a volte sono più preso dalle radici originali della festa, in altre occasione prevalgono le altre due dimensioni. Normalmente vado a messa e nel pomeriggio prendo il tempo per fare una passeggiata nei boschi.
Insomma, vivo la Pasqua integralmente: secondo la concezione cristiana, che include anche la tradizione ebraica, e secondo quella che potremo definire pagana. Penso che siano importanti tutti i livelli e per me è una specie di tradizione coerente.
D: La gente associa uova e coniglietti alla Pasqua. Stiamo forse vivendo una riconversione in una società pagana?
R: Siamo già pagani. Mi riferisco ad un'affermazione di Baruch Spinoza, il filosofo ebreo: Deus sive natura (Dio, ovvero la natura stessa). Credo che oggigiorno per molte persone la natura rappresenti l'ultimo orizzonte al quale rapportarsi. E anche per i cristiani credenti, la natura sta assumendo sempre più importanza.
Basti vedere la letteratura devota: è piena di arcobaleni, boschi, fiumi e altre rappresentazioni della creazione. I credenti non ne sono ancora consapevoli, ma la natura è diventata molto importante. Ma per me fa parte della tradizione giudaico-cristiana e persino islamica: queste fedi hanno un fondamento nelle religioni politeiste.
Le uova hanno cominciato ad essere parte integrante della Pasqua ai tempi del Medioevo, quando il digiuno era molto rigoroso. Quando il periodo dell'astinenza era ormai alle spalle, cioè a Pasqua, la Chiesa benediva tutti i bambini e distribuiva generi alimentari, comprese le uova.
In Egitto, da tempi immemorabili, l'uovo simboleggia l'inizio e naturalmente Cristo esce dalla tomba e il piccolo pulcino dall'uovo. Questo è uno dei simboli che collega i diversi livelli della Pasqua: il pagano e il cristiano.
D: La Pasqua è la festività più importante del calendario cristiano ma sono pochi, fuori dalla chiesa, ad avere un'idea di che cosa si tratta...
R: Rispetto a Natale, la Pasqua è una festa molto complessa. A Natale si celebra la nascita del bambino, un'esperienza che accomuna moltissimi essere umani. Ma chi vive attraverso la resurrezione? Questa è la ragione. Per secoli la tradizione biblica non sperava nella vita dopo la morte. È difficile crederci, perché non è normale.
D: Ma la speranza di una vita dopo la morte, rappresentata da Gesù, non è forse un traguardo a cui aspirano in tanti?
R: Certo, ma non ci sono garanzie. Ha un senso per chi ha una relazione molto intensa con Dio e crede che il Padre non lo consegnerà alla morte senza una speranza.
La fede nella resurrezione è essere accettati da Dio. Essere accettati è una speranza che ci accompagna durante tutta la vita. Essere accettati è essenziale per la felicità, almeno così credo. Ed essere accettati da Dio è l'ultima accettazione.
D: Trascuriamo forse la nostre tradizioni cristiane per paura di sconcertare le minoranze o altre religioni?
R: No, credo che sia piuttosto legato al fatto che non crediamo più. Sono molte le persone che non investono più nella loro appartenenza cristiana. E per cosa spendono il loro tempo e il loro denaro? Per viaggiare, conoscere il mondo, costruire una bella casa e per molte altre ragioni terrene. Ciò mostra che cosa è importante.
Nel Medioevo si costruivano chiese e monasteri per assicurarsi la vita eterna. Ma oggigiorno chi spende i propri soldi per costruire una chiesa, una cappella o per pagare il sacerdote affinché dica la messa?
D: Nell'Europa occidentale con radici cristiane, l'Islam sta crescendo. Fino a dove deve spingersi la tolleranza religiosa?
R: La gente dice che non siamo autorizzati ad edificare delle chiese a Riyadh (Arabia Saudita), perché allora dovremmo permettere i minareti in Svizzera? Ma siamo sicuri di voler essere come i sauditi? Non vogliamo essere così intolleranti.
Normalmente chi crea ama le proprie creature. Se odiamo una di esse, non siamo dalla parte del nostro Dio. Non possiamo dire ad altri come devono o dovrebbero vivere la loro fede. I musulmani possono costruire minareti e coprire, o meno, le loro chiome. Fintanto che non danneggiano altre persone, non mi fa niente.
D: Teologo da cinquant'anni, si è confrontato con diverse questioni, la più recente riguarda la dimensione femminile di Dio. E adesso, dove rivolge il suo sguardo?
R: Sono molto impegnato in quello che chiamo l'ecumenismo verticale e, in modo particolare, le strette relazioni tra il paganesimo e le religioni monoteiste. Se si guarda da vicino, ci si rende conto che molte credenze pagane sono sopravvissute nelle religioni monoteiste. È molto importante esserne consapevoli, poiché nella nostra società molte persone credono nella natura. Credo che sia sempre molto costruttivo evidenziare i punti in comune.
Con l'Ebraismo e il Cristianesimo, le persone hanno imparato a vedere che cosa ci accomuna e hanno dato vita all'ecumenismo giudaico-cristiano, che non esisteva prima dell'Olocausto.
Il grande problema delle religioni monoteiste è quello di individuare una relazione tra pagani, panteisti, o come si vogliano chiamare. Da un punto di vista teologico è una riflessione che mi occupa molto.
Intervistatore: Morven McLean
(traduzione e adattamento dall'inglese Françoise Gehring)
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