L’Opus Dei, fondata nel 1928, è una Prelatura personale della Chiesa Cattolica. La sua missione consiste nel diffondere il messaggio che il lavoro e le circostanze ordinarie sono occasione di incontro con Dio e di servizio nei confronti degli altri, per il miglioramento della società. L’Opus Dei collabora con le chiese locali, offrendo mezzi di formazione cristiana (lezioni, ritiri, assistenza sacerdotale), rivolti a persone che desiderano rinnovare la propria vita spirituale e il proprio apostolato.
Lo spirito
L’Opus Dei aiuta a trovare Cristo nel lavoro, nella vita familiare e in tutte le attività quotidiane.
Tutti i battezzati sono chiamati a seguire Cristo, a vivere il Vangelo e a farlo conoscere. L’Opus Dei ha lo scopo di contribuire a tale missione evangelizzatrice della Chiesa, incoraggiando nei fedeli cristiani di ogni condizione uno stile di vita pienamente coerente con la fede nelle circostanze quotidiane, soprattutto attraverso la santificazione del lavoro.
«L’attività principale dell’Opus Dei consiste nel dare ai suoi membri, e a tutte le persone che lo desiderano, gli aiuti spirituali necessari per vivere da buoni cristiani in mezzo al mondo», spiegava il fondatore.
Quando una persona diventa dell’Opus Dei, continua a essere un cittadino e un cattolico come gli altri. Continua ad appartenere alla sua diocesi e può partecipare a tutte le attività, politiche, religiose o culturali che desidera. L’impegno con la Prelatura è di carattere contrattuale ed esclude i voti (di povertà, castità e obbedienza) propri degli ordini religiosi.
1928. 2 ottobre. A Madrid, Josemaría Escrivá, durante gli esercizi spirituali, fonda l’Opus Dei, per ispirazione divina.
FONTE
Ecco ora la testimonianza di Emanuela Provera, ex numeraria dell'OPUS DEI, in un intervista:
Cosa è esattamente l’Opus Dei?
Una prelatura personale della Chiesa: una specie di diocesi senza limiti territoriali.
Quante persone ne fanno parte?
La prelatura dice 85mila.
Come si entra in contatto con l’Opera?
Gestisce scuole, centri culturali e sportivi, residenze universitarie, il campus biomedico. Molti entrano in contatto senza saperlo.
Perché, non lo dichiarano?
No, nei nomi dei centri non compare mai la parola “Opus Dei”. Si sa che le scuole si ispirano a principi cristiani ma non si sa come poi vivono i ragazzi lì dentro.
Cosa succede?
Li seguono tutor dell’Opera: individuano quelli di selezione e li portano per il piano inclinato.
Cosa è?
Un percorso di formazione per convincerli a entrare nell’Opera perché hanno la vocazione. Può esser vero; ma io testimonio di troppi casi di manipolazione, illegalità, immoralità.
Come si entra poi?
Si scrive una lettera al prelato e si devono superare 3 tappe di incorporazione.
Quanto dura questo percorso?
Cinque anni. Si inizia a insinuare la vocazione pure agli 11enni. Formalmente fino a 14 anni e mezzo non sono dell’Opera ma li si fa già vivere da numerari, cioè chi ne fa parte giuridicamente.
Per esempio?
Gli si fa usare il cilicio e la “disciplina”.
Di che si tratta?
Il cilicio è una catena di ferro con delle punte. Si mette alla coscia perché crei ferite. La “disciplina” è una frusta.
Altre “mortificazioni”?
Le numerarie, per esempio, dormono sempre su un’asse di legno. Per anni e anni.
E le famiglie?
La verità, dice l’Opera, va rivelata solo a chi può accoglierla. Non devi dire nulla a casa: “metti a rischio la tua vocazione”.
Ci sono anche libri, musica e film “vietati”?
Sì. Ma che vocazione è una vocazione che va protetta da tutto? Per 14 anni non sono andata al cinema e all’università avevo un testo laicista sotto chiave: non poteva girare per il centro.
I numerari (che non possono sposarsi) vivono in case apposta per loro?
Sì, gli uomini in delle sedi, le donne in altre. La separazione è rigida: la donna è vista sempre come tentatrice.
La maggior parte lavora per l’Opera?
Molti: serve manovalanza per gestirne l’impero. Alcuni hanno i contributi, tutti gli altri lavorano gratis. E pensare che l’Opera proclama la santificazione del lavoro!
E poi i numerari devono fare testamento a favore dell’Opus Dei.
È obbligatorio.
C’è un aspetto classista nell’Opus Dei?
Eccome. È esplicito.
Poi, dice lei, ci si accorge che qualcosa non va.
Non te ne accorgi: ti ammali. Tanti numerari sono curati con psicofarmaci.
Ma che ci guadagnerebbe l’Opus Dei?
Forte immagine, manovalanza gratis, soldi. Dove sono i gettiti fiscali dei contributi mensili? Tutti i soprannumerari (membri “esterni” sposati che non vivono nei centri, ndr) devono versare ogni mese denaro, lo sapeva?
Lei lo ha fatto, come ne esce?
Serve una dispensa del prelato: fra laici e prelatura c’è un contratto ma non è rescindibile da entrambe le parti! Ci vogliono anni. Io ce ne ho messi tre.
Fra numerari non si parla di questo?
No: è vietato parlare di questioni personali. Per questo noi ex dobbiamo uscire in pubblico: per essere intercettati da chi esce e pensa di essere solo, senza lavoro, identità, affetti. È drammatico.
Cosa ha provato quando è uscita?
Pace, gioia, liberazione. Anche nel fare cose piccole: non andare a letto alla stessa ora, chiamare un amico, andare al mare con un costume normale…
Gusta la vita insomma.
Ancora oggi. E voi non potrete mai immaginare quanto. Stare nell’Opera è peggio del carcere: almeno i detenuti prima hanno avuto una vita normale.
La prima cosa che ha fatto fuori?
Sono andata al mare e al cinema, all’aperto. La notte non ho dormito per la felicità.
Poi si è innamorata e si è sposata.
Grazie a Dio ho conosciuto mio marito. Ho potuto scrivere il libro proprio grazie alla stabilità affettiva che ho trovato. Ed è difficile: quando esci dall’Opera sei di un’ingenuità fortissima, non hai mai visto un uomo o una donna, non sai comportarti, sei infantile e molto vulnerabile.
Come ha vissuto, da numeraria, i grandi eventi storici? Che ssò, il muro di Berlino?
Guardi mi sono accorta a malapena che era morto Borsellino. Nei centri si vede solo il telegiornale registrato, da cui tolgono certe notizie. Come per i giornali: quelli che puoi leggere sono tagliati, non ci sono tutte le pagine. Non sapevamo delle elezioni… Capisce che menomazione intellettuale?
Crede ancora in Dio?
Sono credente praticante. Ma ci sono ex numerari atei, chi si è sposato, chi è gay: ognuno cerca di recuperare la sua identità.
Cosa pensa di Escrivà, il fondatore dell’Opera? La Chiesa l’ha fatto santo nel 2002.
Mi crea una conflittualità interna. La Chiesa, che per me è madre, l’ha proclamato santo ma non vorrei essere nei suoi panni, con tanta devastazione di vite sulla coscienza, di fronte a Dio. Avrei paura.
Emanuela Provera ha scritto un libro sulla sua storia eccolo qui sotto:
La Chiesa Cattolica continua a cercare di comandare con sistemi da medioevo le vite di tutti quelli che non riescono ad usare la propria testa per ragionare.
1 commenti:
Mi sembrano molto, molto simili ai Testimoni di Geova.Anche i contratti di adesione, l'ambiente familiare, l'ostracismo verso chi si allontana e gli incalcolabili guadagni (Nella mia città l'Opus Dei è proprietaria di un complesso ospedaliero immenso e all'avanguardia). Potrebbero mandare i membri ad evangelizzare come fa la Società Torre di Guardia. Perlomeno tra i Cattolici avremmo qualcuno che contrasti gli errori dei Testimoni di Geova!
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