Non esistono verità assolute o dogmi insindacabili. Questi sono solo strumenti concepiti per soggiogare la vostra mente

sabato 13 ottobre 2012

LIBRI: La Malafede

L'intento di questo saggio è quello di dimostrare esegeticamente, con incredibile precisione e coraggio, l'inattendibilità e l'assurdità di quanto contenuto nei testi sacri del Cristianesimo, ripercorrendo con attenzione filologica molteplici passi della Bibbia e dei Vangeli. Smascherare le insidie e le atrocità di una religione misogina, anacronistica, che ci vuole portatori di peccato sin dalla nascita, nonché castrati nella possibilità di vivere una sessualità libera e sana. Lungi dall'esser latrice di Valori rivendicati come autenticamente fondanti la civiltà occidentale, la chiesa dovrebbe rispondere al contrario dei molteplici scandali che ne attanagliano la condotta morale, occultati con sapienza dai ministri del culto.
Renato Testa è nato a Pignataro Maggiore il primo gennaio del 1946. Si è laureato a "La Sapienza" di Roma in Lettere e in Filosofia. Ha insegnato materie umanistiche in vari licei scientifici. Ora in pensione, vive a Verona. Ha già pubblicato: Dall'attualismo all'empirismo assoluto, CADMO editore, 1976, e Il pensiero di Franco Lombardi, Armando Editore, 1995.


Presentazione dell’autore
“Il nostro tempo sa… Ciò che prima era solo patologico, oggi è divenuto
indecente - esser cristiani oggi è indecente”. Così scriveva Friedrich Nietzsche
alla fine dell’Ottocento. Ma perché già allora - e oggi ancor di più - era
indecente essere cristiani? Perché il nostro tempo sa, dice Nietzsche. Che cosa?
Che il cristianesimo è solo un’accozzaglia di miti e leggende ormai insostenibili.
E ciò è stato dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio. Questo libro
non fa altro che ribadire, con dati e argomenti solidissimi, questa elementare
verità.
Noi siamo diventati cristiani, e cattolici, a nostra insaputa: perché siamo
stati battezzati da piccoli, quando eravamo incapaci d’intendere e di volere.
Così ci siamo ritrovati arruolati senza averlo voluto e senza sapere che cosa
fosse il cristianesimo. Sarebbe ora, da adulti, di riesaminare questa nostra
estorta adesione al lume della ragione, tanto più che la religione svolge un
ruolo molto importante nel determinare le scelte di vita, nostre e della società.
Non ci si può sentir legati, per un senso di malintesa lealtà, ad una scelta
che non si è compiuta, ad una fede imposta da altri.
Questo libro professa un ateismo radicale, un ateismo senza se e senza
ma, e prende le mosse da una critica rigorosa, ormai ampiamente condivisa da
quanti si affidano alla ragione, delle tradizionali prove dell’esistenza di Dio
(ontologica, cosmologica o causale, finalistica) e del più recente argomento del
“progetto intelligente”, cui oppone due formidabili dimostrazioni della sua non
esistenza: quella basata sulla presenza del male nel mondo e quella della non
evidenza di questo Dio – che è detto onnipresente – davanti agli occhi di tutti.
Ma il piatto forte è la critica del cristianesimo che prende come punti di
riferimento due testi chiave, le colonne portanti della sua dottrina: la Bibbia
(quella di Gerusalemme, approvata dalla Conferenza episcopale italiana), che
contiene, si dice, la Parola di Dio, e il Catechismo della Chiesa cattolica, che
esibisce l’insegnamento irriformabile della Chiesa. Tutti e due infallibili, tutti e
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due immodificabili. L’esame dimostra che ci troviamo di fronte a un cumulo di
assurdità, a un coacervo di decrepite e inaccettabili superstizioni.
Prendiamo, per esempio, la “narrazione” che sta alla base di tutta la
religione cristiana. Dio crea il mondo e in esso l’uomo per farlo partecipe, nella
sua infinita bontà, della propria beatitudine. Perciò lo colloca in quel giardino di
delizie che è il paradiso terrestre. Ma, ahinoi, Adamo non fa in tempo ad essere
creato che subito pecca, disobbedisce a Dio e mangia il frutto proibito.
La punizione per quella mela mangiata dal nostro antico progenitore è
terrificante: la maestà divina si sente a tal punto offesa da decretare che tutti
gl’incolpevoli discendenti di Adamo siano condannati per l’eternità alle pene
indicibili dell’inferno. Milioni di uomini all’inferno per una colpa che non hanno
commesso! Sarà probabilmente un mio limite, ma non mi riesce di veder
rifulgere in questa punizione né l’infinita bontà né la perfetta giustizia di un Dio
che, si dice, è amore.
Tutto ciò accade perché Dio aveva concepito l’ottimo proposito di
partecipare all’uomo la sua beatitudine, ma quel mascalzone di Adamo – e,
prima di lui, quella poco di buono di Eva - ha mandato tutto a monte
disobbedendo al suo creatore.
Ma c’è qualcosa, in questa storia, che non torna. Certo, Dio aveva
programmato tutto per il bene dell’uomo; eppure egli non poteva non sapere -
infatti è onnisciente - che le cose sarebbero andate ben diversamente. Egli
sapeva perfettamente che il genere umano, da lui creato con tanto amore,
sarebbe stato destinato non alla beatitudine bensì alla dannazione eterna (da
lui stesso per altro stabilita come giusta (?) punizione per la mela mangiata da
Adamo).
E allora, perché l’ha fatto?
Giriamo pagina. Successivamente apprendiamo che, molto tempo dopo -
intanto una miriade di uomini erano andati all’inferno dove resteranno ad
arrostire per l’eternità - Dio decide, bontà sua, di redimere il genere umano.
E che fa?
Avrebbe potuto dire (è onnipotente, è misericordia infinita): “Vi perdono”.
E amen. Invece no. La sua divina maestà - terribilmente offesa perché Adamo
aveva mangiato una mela! - pretende un sacrificio cruento: un innocente, una
vittima incolpevole deve pagare con una morte atroce per quell’antica colpa. Vi
sembra giusto? Chi obbligava Dio ad esigere questo tipo di risarcimento così
ripugnante? Soltanto la sua infinita giustizia!
E chi sarà “l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”? Suo figlio, Dio
al pari di Lui. Solo un Dio può ripagare l’offesa fatta a un Dio, e così ci viene
narrata la favola caramellosa di un Padre che, per amore del genere umano, fa
violenza al suo cuore di genitore e manda a morte il suo figlio unigenito, e di
un Figlio che, per amore del genere umano, accetta docile di immolarsi sulla
croce!
“Padre mio - dirà Gesù, prostrato nel Getsemani, prima della sua passione
e morte -, se è possibile, passi da me questo calice!” (Mt 26, 39). Invece non
sarà possibile e Gesù berrà fino in fondo l’amaro calice. Eppure Dio è
onnipotente. Se vuole può tutto: a lui nulla è impossibile. E’ chiaro, dunque: il
Dio macellaio vuole il sangue del Figlio! Perché?
Per recitare questa bislacca sceneggiata c’è bisogno almeno di due
personaggi - che poi, per fare il numero perfetto, diventeranno tre -, e allora
l’unico Dio si scopre trino, pur rimanendo assolutamente uno. Mah.
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Che cosa accade allora? Perché si possa compiere la redenzione gli uomini
arrestano questo Dio (che è il Figlio del Padre, ma è anche, in qualche modo, il
Padre stesso, se Dio è e deve essere uno), lo insultano, lo scherniscono, gli
sputano addosso, lo flagellano e, infine, lo uccidono con l’infamante supplizio
della croce.
A questo punto Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo) può dirsi soddisfatto:
l’oltraggio inflitto al suo onore dalla disobbedienza di Adamo è stato finalmente
sanato dal…“disonor del Golgota”! Ci può essere storia più assurda e
sconclusionata? E’ incredibile che oggi possano ancora credersi simili sciocchezze.
Non basta. Con la passione e morte di Cristo Satana è stato sconfitto e
l’umanità tutta, dicono, è stata redenta: liberata definitivamente dal male, dal
peccato, dalla morte. Ve ne siete accorti? Io no. Vedo ancora uomini soffrire,
peccare, morire.
Queste sono solo alcune delle tante assurdità del cristianesimo. Qualche
altro esempio alla rinfusa. Chi è peggio Hitler, che tentò di compiere il
genocidio degli ebrei, o Jahvè, che con il diluvio universale sterminò quasi tutto
il genere umano? Chi è più criminale Erode, che ordinò la strage degli innocenti
a Betlemme, o Jahvè, che uccise di sua mano tutti gl’incolpevoli primogeniti
d’Egitto, animali compresi?
Confrontate i racconti della nascita di Gesù di Matteo e di Luca: sono due
storie completamente diverse, incompatibili tra loro. O è vera l’una o è vera
l’altra (o sono false entrambe).
Eppure si dice che i vangeli sono la Verità. Quali sono state le ultime parole
di Gesù prima di morire? “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”
(Luca)? Oppure “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Marco e
Matteo)? Oppure “Tutto è compiuto” (Giovanni)? Non si sa.
Certo è però che qualcuno ha raccontato il falso. Affidabili, questi
evangelisti! Gesù è vero uomo e vero Dio, dicono. Alle corte: davanti alle
grazie generose della Maddalena cosa fa? Si eccita come un vero uomo o
rimane impassibile come si conviene al vero Dio?
Gesù ha detto: “Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può
essere mio discepolo” (Lc 14, 33). Lo sanno (e lo fanno) quelli che si
definiscono cristiani?
Non è forse sommamente indecente dire che è amore, che è bontà infinita
un Dio che per i suoi figli - cui vuole, assicurano, tanto bene - ha inventato,
oltre che tante malattie, la dannazione eterna dell’inferno?
E qui mi fermo. Per dare un’idea della varietà e vastità dei temi affrontati
nel libro ne riporto l’indice:
un ateismo radicale; la critica delle prove dell’esistenza di Dio; le prove della
non esistenza di Dio; la rivelazione e la Bibbia; errori e orrori, falsità e
sciocchezze dell’Antico Testamento; falsità e contraddizioni del Nuovo
Testamento; Gesù: Messia o Dio? Nessuno dei due; fede, ragione, verità;
cristianesimo e modernità; la predestinazione: una dottrina ripugnante; la
magia sacramentale; la morale cristiana: nobili e sublimi idiozie; politica,
economia, società; santi e miracoli; un confronto con Vittorio Messori;
conclusione.
Renato Testa

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