I problemi del papato non finirono con Bonifacio VIII. Filippo IV di Francia (il Bello), non soddisfatto di vedere il suo mortale nemico andare al Creatore, era determinato a dissacrarne la memoria. Benedetto XI (che succedette a Bonifacio) cercando di rabbonire il re, lo assolse da ogni accusa o colpa per quanto era successo al suo predecessore (le beffa di Anagni). Quando un anno dopo anche Benedetto XI° mori, uno scandaloso intrigo condusse all'elezione di Bertrand de Grot, Arcivescovo di Bordeaux, come Clemente V (a sinistra).
Finalmente Filippo poteva disporre di un papa francese, malleabile alla sua volontà.
Clemente immediatamente annunciò ai suoi attoniti aiutanti che lo avrebbero accompagnato oltre le Alpi. La giustificazione era che di Anagni ne aveva abbastanza e che desiderava "non addolorare il nostro caro figliolo, il Re di Francia". In Francia si sistemò ad Avignone, sotto l'attento occhio di Filippo. Si trattava di una piccola città provenzale sulla riva orientale del Rodano.
Per evitare che Filippo accusasse (post mortem) Bonifacio di frode e di eresia il papa cedette ad ogni sua volontà. Il Re ricevette lodi per il suo comportamento contro Bonifacio e Celestino V° venne canonizzato come San Pietro da Morrone. Il papato subì da questo esilio un colpo quasi mortale e sul trono pontificale si succedettero una serie di soggetti che, semplicemente, senza essere cattivi o buoni, non erano veri papi. (oddio! se pensiamo a qualche precedente erano ottime persone).
Un esempio classico fu Clemente VI (Pierre Roger de Beaufort, monaco benedettino ed arcivescovo di Rouen), eletto nel 1342. Come i suoi predecessori Giovanni XXII e Benedetto XII, anche lui non aveva mai visto l'Italia, ma , a differenza da Benedetto XII che era un vero rompiballe, Clemente sapeva esattamente come vivere e spendere:"Prima di me - disse - nessuno ha mai saputo fare il papa....Se il Re d'Inghilterra volesse far nominare vescovo il suo culo non dovrebbe far altro che chiederlo.".
In una occasione un asino si fece strada in pieno concistoro portando un cartello appeso al collo che diceva:"Per favore fai anche me vescovo". Il Papa la prese in ridere come fece quando ricevette una lettera, sempre durante un udienza concistoriale, che diceva:"Dal Diavolo a Suo Fratello Clemente".Lui ed i suoi "diavoletti" (i Cardinali) scoppiarono tutti a ridere. Il suo sistema era di concedere sempre più di quello che gli chiedevano ed il suo unico e principale obiettivo era di far tutti contenti. In Avignone tutti stavano bene: musicisti, orefici, artigiani, banchieri, astrologi, ladruncoli, magnaccia e soprattutto le splendide puttane (ed i bellissimi puttani). Alcuni si lamentavano sostenendo che in Avignone gli dei più adorati erano Bacco e Venere.
Uno dei pochi critici severi era il Petrarca, avvelenato dal fatto che Benedetto XII a suo tempo aveva voluto sua sorella e se l'era presa corrompendo suo fratello Gerardo. Descrivendo , anonimamente per non essere bruciato, la corte di Avignone come "la vergogna dell'umanità, un covo di vizi, una fogna dove è raccolta tutta la sporcizia del mondo. Lì Dio viene disprezzato, solo il denaro viene adorato e le leggi di Dio vengono calpestate. Tutto quanto in quel luogo respira menzogna: l'aria, la terra. le abitazioni e, soprattutto, i letti. "
Papa Clemente soffriva di una indisposizione, ufficialmente diagnosticata come un disturbo renale, ma che in realtà si era beccato in camera da letto. Non era molto discreto nei suoi amori, ma questo faceva parte del suo atteggiamento verso la vita. Era uno che dava tutto quello che poteva, anche a letto. I suoi incontri privati venivano chiamati "Sessioni di indulgenza plenaria". Però, va detto a suo merito, legittimò tutti i suoi bambini.
Gran parte del suo palazzo era a disposizione dell'Inquisizione, con larghe prigioni e camere di tortura, nelle quali Clemente scendeva ogni tanto per incoraggiare gli inquisitori. Il palazzo papale viene definito da Froissart, diarista francese, "il palazzo più bello e più solido che ci sia al mondo". Il Papa amava le cose belle in tutto. Tapezzerie spagnole e fiamminghe, vestiti dorati di Damasco, seta toscana, abiti di lana da Carcassonne, piatti d'oro e d'argento.
Sospettava che Petrarca avesse scritto quelle cattiverie sui finimenti d'oro dei suoi cavalli, ma non si arrabbiava più di tanto perché solo i morsi erano d'oro. D'altra parte anche se aveva trasformato la Curia in una sorprendente macchina da soldi, Clemente era sempre a corto di denaro. Comprare l'intera città, nel 1348, gli era costato 80.000 fiorini. Egli aveva ridotto anche l'intervallo dei Giubilei a 50 anni così da poterne usufruire durante il suo papato (Bonifacio VIII ne aveva deciso uno ogni 100 anni), guadagnando cifre enormi sui pellegrini che passavano da Avignone nel loro viaggio a Roma.
Sia la regina Brigitta di Svezia sia Caterina da Siena (poi fatte sante) scrissero molte lettera al papa pregandolo di tornare a Roma, ma senza alcuna risposta. Il 3 dicembre 1352 un fulmine colpì la basilica di San Pietro, colpendola e fondendo le campane. Tutti pensarono che il papa fosse morto e cominciarono a festeggiare:"E' morto, il papa è morto e seppellito all'inferno". I pietosi dissero: beh! ora è finita. I cinici invece: non ce n'è mai abbastanza.
Ci sono state un mucchio di occasioni in cui cattolici hanno detto: il papato ha raggiunto il suo punto più basso, oltre non può scendere. Dante lo disse di Bonifacio VIII, Petrarca del periodo avignonese. Entrambi sbagliavano.
Le pressioni di Caterina da Siena, pallida ed asciutta suora toscana, su Gregorio XI riuscirono a far breccia costringendolo (insieme alle minacce dei romani di eleggere un nuovo papa) a ritornare a Roma , cosa che fece nel 1377. Dei 278 anni trascorsi dal 1100 solo 82 i papi li avevano trascorsi a Roma. E la città eterna ci mise solo pochi mesi a farlo secco.
Alla morte del papa gli elettori si divisero in due fazioni, francese e italiana. I francesi erano determinati ad eleggere uno di loro e dato che il Laterano era bruciato il conclave si tenne in aprile al Vaticano. Fuori, 30.000 romani urlavano come matti:"romano lo volemo". E, se non romano, doveva almeno essere italiano. I cardinali presenti, non sapendo bene cosa fare votarono per un outsider, Bartolomeo Prignano, arcivescovo di Bari (quindi non u romano), ma , per paura della torma di gente, vestirono l'ottantenne cardinal Teobaldeschi in abito papale e lo esibirono alla folla.
Un corriere corse a Pisa per comunicare l'elezione di Teobaldeschi (era cardinale a Pisa), dove festeggiarono con fuochi d'artificio. Solo tre giorni dopo venne comunicato a Prignano che il papa era lui, che si insediò sulla sedia papale con il nome di Urbano VI (a sinistra). Napoletano di basso ceto Urbano veniva ritenuto persona facile da manovrare da parte degli astuti francesi. Ma avevano fatto male i conti.
Lievemente alcolizzato e soggetto ad attacchi d'ira, il papa odiava le smancerie e voleva riformare i "drogati", come li chiamava a tutti i costi. In alcune occasioni cercò materialmente di picchiare i cardinali che lo irritavano, trattenuto da Roberto di Ginevra, mentre sbraitava:"Io faccio tutto, assolutamente tutto quello che mi pare".
Mentre un manipolo di cardinali cercava di trovare un sistema legale di interdirlo, senza riuscirci, scomunicò Re Carlo di Napoli, un vecchio nemico. Poi , imprigionato da Carlo nella fortezza di Nocera, scomunicò, tutti i giorni quattro volte al giorno, tutto l'esercito di Carlo. Liberato dai Genovesi venne visto ubriaco a Genova, in un giardino, mentre cinque cardinali ribelli venivano torturati in un stanza vicina.
Un gruppo di cardinali francesi, fuggiti ad Anagni, stabilirono che Urbano "non era il papa" e nominano pontefice Roberto di Ginevra, cugino del Re di Francia, che si fece chiamare Clemente VII. Urbano contrattaccò nominando 26 nuovi cardinali a lui fedeli. Dato che entrambi i papi erano stati nominati più o meno dallo stesso gruppo di cardinali, la situazione era critica. In Inghilterra Wyclif disse:"ho sempre saputo che il papa aveva i piedi biforcuti (allusione al demonio), ora ha anche la testa biforcuta (due papi).". La confusione era al massimo ed ognuno prese posizione: l'Inghilterra per Urbano, la Francia per Clemente, mentre la cristianità era nel casino e pensava: se nessuno sa chi sia il vero papa, a che cosa ci serve il papato?
Clemente, ad Avignone, si comportava peggio di un puttaniere, dimostrando di essere un vero papa avignonese, dopo aver già dimostrato le sue capacità di bugiardo da cardinale.
Nel 1389 Urbano, il papa che nessuno voleva, finalmente morì. I quattrodici cardinali rimasti a Roma scelsero come successore Bonifacio IX (a sinistra), un assassino e probabilmente il più grande simoniaco della storia. Era in grado di vendere tutto e vendeva tutto. Si diceva che nessuno era in grado di spremere soldi da una santificazione o una canonizzazione meglio di lui. Non capitò mai che mettesse la firma su di un documento senza farsi pagare lautamente.
Forse l'unica cosa che non fece pagare fu la scomunica di Clemente, che Clemente ricambiò immediatamente. La situazione era incasinatissima. Brigitta di Svezia venne canonizzata tre volte per essere assolutamente sicuri di averla fatta santa.
La cosa andò avanti fino al 1409 , quando in un Concilio, convocato a Pisa, vennero deposti entrambi, Gregorio XII (succeduto a Innocenzo VII, che era succeduto a Bonifacio) a Roma e Benedetto XIII (succeduto a Clemente), come eretici e scismatici. Venne nominato il cardinal Filargi di Milano, con il nome di Alessandro V°. Naturalmente ne Gregorio ne Benedetto furono d'accordo e così, invece di due papi, adesso ce n'erano tre.
Qualcuno suggerì di dividere la triplice tiara in tre parti, qualcun altro di cambiare il "credo" come segue: "CREDO IN TRE SANTE CHIESE CATTOLICHE" . L'unica certezza che uscì dal Concilio di Pisa era che il papa nominato non era il vero papa. Comunque ora c'erano TRE infallibili papi, tutti invocanti la suprema autorità sulla Chiesa, tutti scomunicanti solennemente gli altri due e tutti minacciando di convocare un Concilio in tre posti diversi.
A questo punto (1410 ca.) i personaggi del dramma erano:
Angelo Corrario, Gregorio XII, veneziano di circa novant'anni, scelto dai romani perché "troppo vecchio per essere corrotto": Il papa provvide a smentirli immediatamente impegnando la sua tiara per pagare i debiti di gioco e vendendo tutto quello che poteva. Sia quello che c'era sia quello che non c'era, arrivando a vendere Roma al Re di Napoli.
Pietro di Luna, isterico spagnolo nominato dagli avignonesi. Era quello che contava meno, in quanto abbandonato anche dal Re di Francia. Prestò se ne tornò in Spagna, dove scomunicò tutti, l'intera Chiesa ed i fedeli, sostenendo fino all'ultimo di essere il vero papa.
Baldassarre Cossa, Giovanni XXIII, un soave cardinale che era succeduto ad Alessandro V e rappresentava l' obbedienza pisana .Si riteneva che non si fosse mai confessato e comunicato, che non credesse nell'immortalità dell'anima e nella risurrezione della carne e qualcuno riteneva che non credesse in Dio. Era conosciuto per essere un ex-pirata, un avvelenatore (il povero Filargi), uccisore di massa, fornicatore assoluto con una predilezione per le suore, adultero su scala fino ad allora sconosciuta, simoniaco per eccellenza, ricattatore, magnaccia e maestro di trucchi sporchi.
All'epoca della sua elezione era un diacono. Venne ordinato prete un giorno e fatto papa il giorno dopo.
Quando fu eletto un altro Giovanni XXIII, nel 1958, molte cattedrali cattoliche dovettero rimuovere il Giovanni XXIII del XV secolo dalle loro liste di papi.
Nel quindicesimo secolo non una voce si levava in difesa del papato e, con uomini come Francesco della Rovere sul trono, non è difficile immaginare perché.
Francesco divenne Sisto IV (a sinistra) nel 1471. Aveva diversi figli, chiamati, secondo il costume dell'epoca, "i nipoti del papa". Sisto concesse a tre nipoti ed ad altri sei parenti il cappello cardinalizio. Tra i vari beneficiari c'era anche Giuliano della Rovere, futuro Giulio II.
Il favorito di Sisto era Pietro Riario, che lo storico Theodor Griesinger ritiene fosse figlio suo e della sorella. Di sicuro il neo papa dimostrava un'allarmante affetto per il ragazzo. Tanto da nominarlo vescovo di Treviso, cardinale arcivescovo di Siviglia, patriarca di Costantinopoli, arcivescovo di Valencia e, da ultimo, arcivescovo di Firenze (dove risiedevano i suoi mortali nemici: I de Medici)
Fino a quel momento Pietro, che era stato un semplice francescano, ogni anno cuoceva il proprio unico saio per eliminare i parassiti.
Diventato cardinale cambiò radicalmente. Si trasformò in uno spendaccione su larga scala, in un donnaiolo, che manteneva amanti nella ricchezza più sfrenata, tanto da far preoccupare persino i diaristi dell'epoca. Morì giovane completamente scoppiato dai vizi.
Opera di Sisto fu la cappella che porta il suo nome (Cappella Sistina), nella quale attualmente avvengono tutte le elezioni papali. Da ricordare il fatto che la predetta Cappella Sistina ne ha viste di tutti i colori: dai cardinali che bivaccavano, si pestavano e si intrattenevano sino ai cavalli di Napoleone, che la utilizzò come stalla.
Sisto fu anche il primo papa a concedere una licenza "legale" ai bordelli di Roma, che gli portavano trentamila ducati all'anno in imposte, ed a concedere ai preti di tenersi una compagna contro pagamento di un'apposita tassa. Un'altra fonte di guadagno era quella rinveniente dai permessi concessi ai ricchi di consolare certe signore in assenza dei mariti. Ma era nel campo delle indulgenze che Sisto mostrò tutto il suo genio: egli fu infatti il primo che pensò di poterle liberamente applicare ai morti. Questo costituì una illimitata fonte di guadagno alla quale nessuno dei suoi predecessori, neanche i più avidi, aveva mai pensato.
La cosa aveva implicazioni teologiche straordinarie perché il papa, creatura di carne e sangue, affermava di avere potere nella regione della morte. Anime tormentate per il loro peccaminoso comportamento da viventi, potevano ora essere liberate dai tormenti del Purgatorio sulla sola parola del papa, posto che i loro affezionati e religiosi familiari pagassero la giusta mercede. Chi si sarebbe rifiutato di compiere un atto di carità cristiana verso le persone amate? Padri, mariti, amanti, parenti, tutti cercavano di tirare fuori dal purgatorio i loro cari spendendo quanto necessario.
Con la minaccia e la descrizione di luoghi orribili (il purgatorio era rappresentato come luogo di sofferenza) tutti erano indotti a credere che il perdono papale avrebbe condotto i loro cari in paradiso. Il potenziale di corruzione era enorme. In precedenza buona parte del reddito della Curia e del papato proveniva dal commercio di reliquie, che, peraltro, non erano inesauribili anche se facilmente falsificabili. La grandezza di Sisto risiede nel suo essere riuscito a scovare un bene assolutamente illimitato e non consumabile, il cui prezzo poteva essere adattato a tutte le borse e che non costava assolutamente nulla. Ai fedeli non era richiesto pentimento, preghiera o altro, solo il pagamento del controvalore (adattabile alle possibilità di ciascuno).
L'invenzione del Purgatorio, del quale non esiste citazione alcuna nelle scritture sacre, era elemento sostanziale di questo fruttuosissimo commercio papale. La semplice riflessione che se il papa può liberare un anima per denaro, la può ben liberare anche senza denaro, se ne può liberare una , le può anche liberare tutte e , se non lo fa, è un mostro tiranno - come giustamente rilevò Simon Fish (A Supplicacyion for the Beggars- 1529) , pareva non venire eseguita da alcuno.
Tanto per peggiorare le cose,come già detto, nel 1478 Sisto pubblicò anche la Bolla che istituiva l'Inquisizione nella Castiglia. Nel 1482 duemila eretici furono bruciati nella sola Andalusia.
Sisto morì nel 1484 e qualcuno disse, dato il temperamento guerrafondaio dimostrato dal papa, che era stato ucciso dalla pace.
Il suo successore, Innocenzo VIII (a sinistra), provvide ad emettere la Bolla Spagnola contro gli ebrei, che , secondo quanto detto da "Il Dizionario Cattolico" provvide a fornire lavoro all'Inquisizione per secoli. Malgrado le richieste crescenti decise di non fare nulla contro il concubinaggio del clero, tanto che qualcuno, ironizzando, scrisse:"Sua Santità si alza la mattina dal suo letto di puttane per aprire e chiudere i cancelli del Purgatorio e del Paradiso". In punto di morte sembra abbia fatto sperimentare su di sè (dal suo medico ebreo, che lui credeva avesse magici poteri) la trasfusione del sangue di tre giovani (tutti morti inutilmente, anche se lautamente pagati "da vivi", perché appena morti Burchard, suo segretario, si riprese i denari). Ma non eravamo ancora arrivati in fondo all'abisso.
Si ritiene che il catalano Rogrigo Borgia abbia commesso il suo primo omicidio quando aveva dodici anni, uccidendo a pugnalate un coetaneo. Non sembra avesse alcuna riservatezza nemmeno per quanto riguarda le faccende amorose, ma, sfortunatissimo, suo zio era il pontefice Callisto III, che provvide, nel 1456, a nominarlo arcivescovo di Valencia, la più importante diocesi spagnola.
Rodrigo era già famoso per fare sesso indifferentemente con una signora e le sue due bellissime figlie (una delle quali era la sua amata Vanozza Cattanei)
Richiamato a Roma per diventare cardinale, a ventisei anni, e vice cancelliere della Chiesa un anno dopo, non potendo sostenere il dispiacere dalla lontananza dalle sue amanti le sistemò a Venezia.
Alla morte dello zio il nuovo papa, Pio II, gli ruppe un poco le balle ironizzando sul fatto che "gli si addiceva non aver altro in testa che piaceri voluttuosi", ma , nel complesso, Rodrigo superò il regno di ben quattro papi, riuscendo a farsi eleggere nel 1492 con il nome di Alessandro VI (a sinistra), dimenticandosi tra l'altro che Alessandro V era stato inserito tra gli antipapi e quindi ufficialmente "non esisteva".
Nella lotta per l'elezione venne spesa una vera fortuna. Sul della Rovere erano stati impegnati 200.000 ducati dalla Francia e 100.000 da Genova, ma il Borgia , pur spendendo fino all'ultimo quattrino riuscì a prevalere.
Si dice che dopo l'elezione, Giovanni de Medici abbia detto al Cardinal Cibo:"Ora siamo nelle grinfie del lupo più selvaggio che il mondo abbia mai visto. O scappiamo o lui, senza dubbio alcuno, ci divorerà.". Il cardinal della Rovere fuggì immediatamente, per ritornare solo dieci anni dopo, quando il Borgia era già morto.
Del Borgia si sa quasi tutto, delle sue amanti, dei suoi molti figli (quasi tutti regolarmente riconosciuti, bisogna dirlo), della sospettata relazione con sua figlia Lucrezia e del feroce e crudelissimo Cesare, modello del Machiavelli per "il Principe".
Sembra che Alessandro avesse intenzione di condurre Cesare fino al papato, con le varie nomine a vescovo, a cardinale e con le ripetute Bolle emanate al fine di regolarizzarne la posizione pubblica.
Ma Cesare doveva essere troppo anche per il padre, tanto che sembra che anche la morte di Alessandro conseguisse ad un erroneo tentativo di avvelenamento (erroneo perché non diretto al padre) che Cesare sbagliò.
Gli anni del papato del Borgia, a rileggerne la sequenza e gli eventi che si verificarono nel loro corso, hanno un qualcosa di estremo, di "off limits" , del genere di quell'orologio che pubblicizzano in tv. Tutto era portato all'eccesso: gli omicidi, gli avvelenamenti, le orge, i rapporti incestuosi, la sifilide e le malattie veneree, i mariti ammazzati perché inutili o fastidiosi. Insomma un mondo di viziosi violenti dei quali Rodrigo non era certamente il peggiore.
Le questioni politiche di potere condizionavano poi anche la pubblica verità, come quando per poter far risposare Lucrezia (per ragioni politiche) Alessandro cercò di far annullare il precedente matrimonio con Giovanni Sforza per "matrimonio non consumato per impotenza del marito". Tutta Roma ne rise per mesi dato che lo Sforza rifiutò di cooperare, affermando la consumazione abbondante, la sua virilità ed offrendo anche pubbliche dimostrazioni, mentre Lucrezia era conosciuta come "la più gran puttana che Roma abbia mai conosciuto".
La morte di Alessandro per avvelenamento fu orrenda ed il cadavere fu descritto dall'ambasciatore Giustiniani, veneziano, "come il più orribile, mostruoso e brutto corpo morto che si sia mai visto, senza ogni forma o apparenza di umanità". Qualche ora dopo la morte il corpo esplose vapori sulfurei da tutti gli orifizi ed era tanto puzzolente che fu difficile trovare qualcuno che lo mettesse nella bara e lo trasportasse in San Pietro, da dove, peraltro, fu espulso nel 1610 (ora è deposto nella Chiesa Spagnola di Via di Monserrato).
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